A molti sembrerà strano ma il Tap (Trans Adriatic Pipiline) finanzierà le ricerche per combattere la xylella, il pericoloso batterio causa della morte degli ulivi del Salento. Nel corso dell’ultimo tavolo che si è tenuto a Palazzo Chigi, infatti, si sono confrontate le parti in causa: i comuni, le associazioni (Confindustria, Coldiretti, Confagricoltura), la società Tap, i sindacati, il Governo. E tra le varie decisioni è stata presa anche quella della lotta al batterio che costituisce una minaccia per i secolari alberi pugliesi.
Quella del Tap è una storia travagliata, tipicamente italiana, dove si incrociano complottismo e sindrome Nimby (dall’acronimo inglese Not In My Back Yard, "Non nel mio cortile"). Oggetto della contesa, la realizzazione del gasdotto che ha provocato e provoca tuttora proteste, manifestazioni e infiniti ricorsi e controricorsi amministrativi. La storia della costruzione del gasdotto infatti assomiglia molto a quella della Tav Torino-Lione. Come per l’alta velocità in Piemonte anche in Puglia si sono costituiti agguerritissimi movimenti No-Tap.
Da subito – il progetto è partito nel 2016 e dovrebbe essere finito nel 2020 con il passaggio del primo gas in Puglia - le comunità locali hanno manifestato la loro contrarietà perché, a loro dire, il progetto minaccerebbe l’agricoltura, il turismo e la pesca. Molti sindaci, compreso il governatore della Puglia, Michele Emiliano, hanno criticato il punto di approdo del gasdotto, San Foca, località turistica chiedendo di spostarlo più a Nord magari a Brindisi. Ma il ministro dello Sviluppo economico, Carlo Calenda, in più di un’occasione ha detto che spostare il gasdotto equivarrebbe a non farlo.
A nulla sono valse le rassicurazioni del Governo (per il quale l’opera “è strategica”) e del consorzio (Tap è costituito da Bp con una quota del 20%, SOCAR 20%, Snam 20%, Fluxys 19%, Enagás 16%, e Axpo 5%) circa l’impatto dell’infrastruttura. L’amministratore delegato di Snam, Marco Alverà, pochi giorni fa sottolineava la neutralità dell’impatto del progetto sul territorio: “Si tratta di un gasdotto sotto terra, inodore e insapore, sicuro e pulito e contribuisce alla decarbonizzazione della Puglia che oggi purtroppo ha uno dei tassi più elevati di CO2 per abitante”.
Ma che c’entra la xylella con il Tap? Proprio questo batterio, nemico degli alberi, ha un ruolo importante in tutta questa storia. Diverse tesi sono circolate a tal proposito. Secondo alcuni, infatti, la diffusione del batterio tra gli ulivi salentini sarebbe avvenuta, in modo doloso, proprio per abbattere gli alberi e far passare il gasdotto. La tesi però è smentita dai fatti: gli ulivi sono stati eradicati per poi essere ripiantati una volta interrato il tubo al cui interno passerà il gas.
In precedenza, invece, la diffusione del batterio era stata attribuita alla multinazionale Monsanto per sostituire gli ulivi salentini con i propri, geneticamente modificati. L’impegno preso da Tap dovrebbe sgomberare il campo da paure e dietrologie. Tra le misure è stato deciso di portare avanti progetti “per la salvaguardia dell’ambiente e del paesaggio salentino” tra questi “un progetto di ricerca dedicato agli ulivi e al contenimento della xylella.
Durerà 5 anni, da implementare con il Cnr e con la collaborazione di consorzi produttivi locali; il suo obiettivo mira alla salvaguardia degli oliveti e dell’economia salentina tramite l’individuazione di cultivar (il termine con cui in orticoltura vengono indicate le varietà agrarie di piante coltivate) resistenti all’attacco del batterio”. Quello sulla xylella comunque è solo uno dei progetti “nati dall’ascolto del territorio e dalle esigenze emerse nel corso del Tavolo”, c’è scritto nel comunicato di Tap e Snam. Le altre iniziative riguardano un centro di eccellenza in Puglia per la decarbonizzazione, progetti di formazione per studenti delle scuole e delle università, di sostegno al turismo, e alle attività di pesca. Il tutto per un investimento che dovrebbe ammontare a 55 milioni di euro con un impatto stimato complessivo sull’indotto locale di circa 100 milioni di euro. Ma le polemiche, nonostante gli interventi, almeno per ora, proseguono.