Prima che entrassero in uso i combustibili fossili, la maggior parte della forza-lavoro di una nazione era concentrata sull’agricoltura. Oggi negli Stati Uniti, che sono il maggior produttore mondiale di derrate alimentari, gli addetti all’agricoltura sono meno dell’1% dei lavoratori. Nell’agricoltura moderna il lavoro dell’uomo e degli animali è stato quasi interamente rimpiazzato dall’energia fornita dai combustibili fossili. Essi vengono usati per fabbricare e azionare macchine agricole, per irrigare i terreni, per produrre e distribuire fertilizzanti e pesticidi, per conservare i raccolti, per lavorarli e per trasportarli.
Nel corso del ventesimo secolo l’estensione delle terre coltivate è cresciuta soltanto del 30%, ma la quantità di raccolto è aumentata di 6 volte; questo è stato possibile grazie a un aumento di 150 volte dell’energia impiegata in agricoltura, essenzialmente combustibili fossili ed elettricità.
I raccolti mondiali oggi alimentano circa 4 persone per ettaro coltivato, mentre nel 1900 ne alimentavano 1,5.
Anche l’agricoltura dunque è diventata petrolio-dipendente. Il costo energetico è di 0,1 tep/t per il grano e 0,25 tep/t per il riso. Per altri prodotti agricoli il rapporto fra l’energia contenuta e l’energia consumata per produrli è ancor più sfavorevole: per esempio alcuni ortaggi prodotti in serra possono avere un contenuto energetico alimentare no a 50 volte inferiore all’energia utilizzata per produrli.
È stato anche calcolato che per allevare una mucca di 5 quintali è necessaria una spesa energetica pari a 6 barili (circa 1000 litri) di petrolio; per produrre 1 kg di carne di vitello occorrono 7 litri di petrolio.