Quando tra qualche giorno molti italiani andranno al mare dovranno scrutare l'orizzonte per vedere se c'è un tornado nei paraggi. Secondo una ricerca realizzata da Enea e Cnr e pubblicata su Scientific Report di Nature, una delle più antiche e autorevoli riviste scientifiche al mondo, è sempre più probabile il verificarsi di trombe marine e tornado intensi nei mari italiani a causa dell’innalzamento della temperatura superficiale dell’acqua dovuta al riscaldamento globale.
Il Mediterraneo infatti sta diventando sempre più simile ai mari tropicali e basta un solo grado di temperatura in più per aumentare il rischio che si formi una tromba d’acqua. Lo studio è stato condotto su un tornado che si è abbattuto su Taranto nel novembre del 2012, quando la temperatura in superficie del mar Ionio era superiore di 1 C° rispetto alla media del periodo.
“I tornado violenti sono generati da celle temporalesche, chiamate supercelle, che si formano solo in determinate condizioni meteorologiche. Attraverso un esperimento modellistico abbiamo dimostrato che 1 C° di variazione di temperatura è stato determinante per formare la supercella, quindi il tornado”, spiega il ricercatore Enea Vincenzo Motola, uno degli autori dello studio. “Infatti, aumentando la temperatura del mare cresce anche la sua energia, che viene ‘ceduta’ alla supercella. Tuttavia, la proporzionalità tra il calore del mare e l’intensità del tornado non è lineare. Questo vuol dire che, superata una certa temperatura, la violenza di questi fenomeni aumenta in maniera più che proporzionale”.
In questo studio i dati numerici raccolti dal Cnr sono stati elaborati dall’Enea con il software ESRI-Arc-GIS, che ha prodotto una mappa capace di visualizzare geograficamente il fenomeno ed evidenziare il ruolo dell’orografia nello sviluppo del tornado. Nel caso del tornado al largo di Taranto, la Sila, la catena montuosa che attraversa la Calabria, ha contribuito a creare le condizioni di vento per la formazione del fenomeno violento.
Oltre ad aver fornito importanti risultati scientifici, questo studio ha anche dimostrato che unendo le competenze modellistiche previsionali del Cnr, alle competenze GIS (Geographical Information System) del l’Enea per la realizzazione delle mappe, si aprono nuove prospettive nella validazione di modelli per le previsioni meteo e lo studio di sistemi complessi che determinano la formazione di fenomeni meteorologici estremi. Le simulazioni hanno dimostrato che l'uragano Sandy del 2012 si sarebbe “drammaticamente” intensificato proprio per una temperatura della superficie del mare più calda. Partendo dall'analisi della tempesta Xynthia, si è arrivati alla conclusione che un aumento del calore incrementa il rischio di trombe d'aria nell'Europa meridionale.
Questi fenomeni sono diffusi, come detto, soprattutto nelle zone tropicali. Negli Stati Uniti, negli ultimi anni, soprattutto gli uragani hanno devastato le coste che si affacciano sul Golfo del Messico provocando danni nell’ordine dei 9 miliardi di dollari fino al 2016. E le previsioni per quest’anno non lasciano presagire nulla di buono.