I risultati e gli scenari del progetto Aqueduct del World Resources Institute (WRI) sono molto chiari: nel prossimo futuro i cambiamenti climatici, la costante crescita urbana e un modello di sviluppo non adeguato aumenteranno lo stress idrico in molte zone del pianeta. La mappa qui sotto mostra lo stato attuale dello stress idrico a cui è sottoposto il pianeta, ed è il risultato di una simulazione di in cui convergono vari indicatori di rischio idrico: siccità, rischio di alluvioni, instabilità geopolitica, inadeguatezza delle infrastrutture rispetto alla crescita urbana. Ne emerge un quadro preoccupante che è necessario tenere in considerazione per lo sviluppo delle future politiche di gestione delle risorse idriche. Altro fatto interessante è che lo stress idrico non risparmia i paesi più evoluti, e anche in “casa nostra” non possiamo stare molto tranquilli, come ci ha ben dimostrato la siccità dell’estate 2017.
Rischio idrico
Tra i maggiori soggetti interessati dal rischio idrico, sono sicuramente le città, sia direttamente che indirettamente. Direttamente perché le reti di distribuzione idrica sono messe a dura prova dall’aumento della popolazione urbana, indirettamente perché l’acqua è un elemento fondamentale per l’approvvigionamento di cibo, energia, e materiali da costruzione. In quest’ottica, le megacity (città con più di 10 milioni di abitanti) rappresentano un caso studio di eccezionale valore per capire l’impatto della crescita urbana sull’elemento acqua.
In una recente ricerca sui flussi di materia ed energia nelle megacity, gli autori hanno calcolato i tassi di crescita dei consumi idrici nel decennio 2001-2011 rispetto alla crescita del PIL e della popolazione nello stesso periodo.
La figura in basso mostra che tranne in alcuni casi (Teheran, Londra, Pechino e Guangzhou) il consumo di acqua è cresciuto a un tasso maggiore rispetto a quello della popolazione, con punte del 175% e del 100% a Dacca e a Karachi, dove la popolazione è cresciuta nello stesso periodo rispettivamente di circa il 50 e il 25 per cento. In generale, per le altre città considerate dallo studio, la crescita dei consumi idrici è sempre significativa rispetto a quella della popolazione, e questa tendenza non sembra essere destinata a rallentare, specialmente nei paesi dove il fenomeno della megacity è considerato il principale paradigma per lo sviluppo urbano nei prossimi decenni, con particolare attenzione alla regione Africana, dove la massiccia migrazione dalle campagne sta innescando tassi di urbanizzazione a doppia cifra.
La crescita urbana sproporzionata innesca il fenomeno della formazione delle baraccopoli (o slum): agglomerati urbani abusivi dove milioni di persone vivono ai margini della città e dove l’accesso ai servizi di base è molto ridotto o completamente assente. Questo fenomeno si ripercuote sull’accesso all’acqua, segnando delle importanti disparità che sono messe in luce dalla Figura 3, dove per 30 delle attuali megacity è riportato l’accesso all’acqua potabile nelle abitazioni.
Insieme a Città del Messico, le megacity di Africa e Asia Meridionale hanno percentuali di accesso sotto l’80%. Lagos è il fanalino di coda con circa il 10%, mentre nella penisola indiana la media è di circa il 40-50%. La disparità nell’accesso alla risorsa è anche dimostrata nella figura 4, dove i consumi pro capite sono comparati con la percentuale di accesso.
Dalla figura si nota che le città con i consumi più bassi sono quelle in cui l’accesso alla risorsa è più limitato. In questo caso è molto probabile che i consumi di acqua registrati dalle amministrazioni municipali siano notevolmente più bassi rispetto al reale, e che la presenza di acquedotti clandestini o di furti sulla rete idrica contribuisca ad aumentare le perdite di rete che nel caso di Rio de Janeiro e San Paolo arrivano al 70%.
Cosa fare per far fronte alla sete delle città? I dati appena mostrati mettono in evidenza due fenomeni:
- Le città continueranno a crescere e il loro bisogno di risorse sarà sempre maggiore rispetto all’aumento della popolazione
- Nei paesi in via di sviluppo milioni di abitanti delle città saranno esposte al rischio idrico per mancanza di infrastrutture adeguate.
Nel futuro saranno necessarie una profonda riflessione e un ripensamento delle infrastrutture urbane, con particolare attenzione allo sfruttamento delle nuove tecnologie digitali. Infatti, se appare ovvio che sono necessari investimenti ingentissimi, appare meno chiaro che per far fronte alla sfida della sostenibilità idrica questi investimenti devono essere orientati allo sviluppo di infrastrutture digitali e integrate. È necessario un cambio di paradigma e un travaso di best practice dai paesi più sviluppati e quelli meno sviluppati, non l’estensione di infrastrutture la cui concezione non è più in grado di tenere il passo con la modernità.