Alle 14:46 dell’11 marzo 2011 un terremoto di magnitudo 9.0 con epicentro in mare, e lo tsunami che l’ha seguito, hanno sconvolto la costanordorientale del Giappone, danneggiando 11 reattori nucleari situati in 4 centrali. Le conseguenze più gravi si sono verificate nella centrale Fukushima-1 (Fukushima Daiichi), gestita dalla Tokyo Electric Power Company (tepco).
In seguito al terremoto i tre reattori che erano operativi si sono fermati automaticamente. Tuttavia un reattore nucleare continua a generare calore anche dopo il blocco della reazione a catena, a causa dei processi radioattivi spontanei: perciò è assolutamente necessario proseguire il raffreddamento.
Il terremoto però, danneggiando i tralicci della rete elettrica, aveva provocato un black out. Sono allora entrati in azione motori diesel di emergenza per far funzionare le pompe dell’acqua, ma dopo meno di un’ora uno tsunami con onde alte 14 metri, più del doppio del muro di protezione della centrale, ha allagato i locali delle pompe e reso inutilizzabili i motori diesel.
A causa della mancanza di raffreddamento, l’acqua dei reattori e delle piscine è parzialmente evaporata, lasciando esposte le barre di combustibile. La temperatura è ulteriormente aumentata e la scissione termica dell’acqua a contatto con i materiali surriscaldati (in particolare lo zirconio che ricopre le barre di combustibile) ha generato idrogeno che poi è esploso, distruggendo la parte superiore degli edifici dei reattori.
A causa dell’aumento della temperatura tutto il combustibile del reattore 1 − e probabilmente anche quello dei reattori 2 e 3 − si è liquefatto insieme a parte delle strutture.
L’emissione di materiale radioattivo in atmosfera è continuata per mesi, mentre quella in acqua è ancora in corso, dopo oltre 6 anni. I principali elementi radioattivi diffusi sono stati 131I (emivita: 8 giorni) e 137Cs (emivita: 30 anni) che, in piccole quantità, sono stati misurati un po’ in tutto il mondo.
Le autorità giapponesi hanno ammesso anche la fuoriuscita di 90Sr (emivita: 28 anni) e di picco- le quantità di 239Pu (emivita: 24000 anni), presumibilmente dal reattore 3 che era alimentato con il combustibile chiamato mox (mixed oxide), che contiene il 5% di plutonio. Il raggio di pericolo per la popolazione è stato esteso dagli iniziali 3 km a 30 km. In totale le persone evacuate sono state almeno 110 000.
Come una bomba a orologeria
La contaminazione radioattiva ha interessato l’aria, l’acqua, la vegetazione e gli animali terrestri e marini. Nelle zone evacuate le coltivazioni e la pesca sono state proibite. L’unità di misura si della dose di radiazioni assorbita dall’organismo è chiamata sievert (Sv). La soglia massima consigliata dalle autorità internazionali per i lavoratori delle centrali è di 20 millisievert (mSv) all’anno. A Fukushima decine di lavoratori sono stati contaminati oltre questo limite.
Come già detto, in seguito all’esposizione alle radiazioni possono insorgere tumori. Tuttavia, dato il lungo tempo di latenza di queste malattie, è molto difficile distinguere gli effetti dell’incidente da quelli provocati da altre cause.
Le persone evacuate, avendo ricevuto dosi imprecisate di radiazioni, saranno tormentate dalla preoccupazione di aver assorbito una dose sufficiente a compromettere la loro salute, come una bomba a orologeria annidata in corpo.