Che la geopolitica sia uno, se non il principale, motore del prezzo del petrolio è cosa nota. Ma negli ultimi giorni tale principio sembra più vero che mai. Nonostante Donald Trump stia cercando da diversi mesi di far scendere il prezzo del petrolio, pare che l’impresa non gli stia riuscendo.
Non sono bastati i suoi tweet infuocati contro l’Opec rea, a suo dire, di mantenere i prezzi alti. Il presidente americano è ormai in campagna elettorale in vista delle elezioni di mid-term di novembre e vorrebbe regalare ai propri elettori prezzi della benzina più bassi in vista dell’esodo estivo.
Prezzo del petrolio +57% rispetto a un anno fa, +20% da gennaio
Paradossalmente però il suo attivismo internazionale e, in particolare, l’aver surriscaldato i rapporti con l’Iran, tra i maggiori produttori di petrolio al mondo, ha provocato l’effetto contrario. Basti pensare che il Brent da gennaio è aumentato di quasi il 20%. La moral suasion di Trump lo scorso 23 giugno ha di fatto spinto l’Opec ad aumentare la produzione di un milione di barili al giorno dopo i tagli stabiliti a inizio 2017. D’altra parte l’impennata delle quotazioni degli ultimi mesi non si avverte solo sul portafoglio degli americani. Anche in Italia il prezzo della benzina ha subito un forte rialzo così come le bollette di luce (+6,5%) e gas (+8,2%) che andremo a pagare nei prossimi mesi.
Nel comunicato che preannuciava gli aumenti, l’Autorità dell’Energia ha parlato esplicitamente delle “tensioni internazionali” che hanno provocato “la conseguente forte accelerazione delle quotazioni del petrolio, cresciute del 57% in un anno e del 9% solo nell’ultimo mese di maggio”.
Secondo molti analisti, quindi, finché Trump non allenterà le tensioni con Teheran la sua battaglia sarà persa. "Il presidente sta spingendo l'Arabia Saudita affinché compensi i tagli alle forniture che peseranno sul mercato quando scatteranno le sanzioni contro l'Iran a partire dal 4 novembre", hanno detto gli analisti RaboBank. Ma, spiegano gli analisti di JBC Energy, "se gli Stati Uniti continueranno con la linea dura nei confronti del greggio iraniano i prezzi sono destinati ad aumentare" perché l'Arabia Saudita non ha le capacità per compensare tale perdita nel mercato globale.
Trump vuole isolare l’Iran che dal canto suo minaccia chiusura stretto di Hormuz
Ma il presidente americano oltre ad agire sui prezzi sta provando anche a isolare l’Iran a costo di spaccare l’Opec. Sempre attraverso Twitter pochi giorni fa Trump ha esortato, in modo veemente, Riad ad aumentare la produzione di "2 milioni di barili al giorno" in palese violazione con quanto deciso a Vienna a fine giugno (aumento della produzione di un milione). La risposta iraniana non si è fatta attendere e il ministro del Petrolio, Bijan Namdar Zanganeh, ha ricordato a tutti che "qualsiasi aumento oltre la cifra” stabilita “sarebbe una rottura dell'accordo".
A stretto giro, ha rincarato la dose il presidente Hassan Rouhani avvertendo il mondo che l'approvvigionamento petrolifero potrebbe essere messo a rischio se gli Stati Uniti riusciranno a convincere i propri alleati a smettere di comprare il petrolio di Teheran. Washington infatti ha chiesto a tutti i paesi alleati e non di fermare le importazioni di petrolio iraniano a partire da novembre (quando scatteranno le nuove sanzioni). Dal canto suo, Rouhani, ha lasciato trapelare la chiusura dello stretto di Hormuz dove passa un terzo della fornitura mondiale di petrolio.