La situazione in Libia non sembra trovare pace dopo la guerra civile del 2011 che ha abbattuto, con il sostegno dell’Onu, Muammar Gheddafi. Le ultime notizie ci raccontano del ministro degli Esteri, Enzo Moavero Milanesi volato a Bengasi per incontrare il maresciallo Khalifa Haftar rivale del Governo, riconosciuto dalla Comunità internazionale, di Fayez al-Sarraj mentre un attacco al quartier generale della la compagnia petrolifera libica (Noc, National Oil Company) a Tripoli fa vacillare la fragile tregua tra le milizie nella capitale. Anche perché, come scrive il Foglio, la compagnia petrolifera statale “è assieme alla Banca centrale l’unica istituzione che in anni di conflitti è riuscita a funzionare”.
Al di là della situazione politica in questa sede vogliamo analizzare il peso che ha la Libia dal punto di vista energetico nell’area del Mediterraneo e per l’Italia. Oggi nel paese africano non c’è elettricità e acqua corrente. La popolazione deve usare i generatori per avere la luce mentre l’acqua per essere riscaldata viene messa al sole. Il paradosso è che tutto questo accade in uno dei paesi più ricchi di energia al mondo (gas e petrolio ma anche rinnovabili, solare in particolare) che con una popolazione di poco più di 6 milioni di cittadini potrebbe diventare come la Norvegia. Paese ricchissimo di risorse naturali, con una popolazione assai ridotta, welfare ai massimi livelli, benessere diffuso. L’esatto contrario di quello che succede in Libia.
L’enorme potenziale della Libia con 48,4 miliardi di riserve di petrolio
La Libia ha un potenziale produttivo da 2,3 milioni di barili, le riserve di petrolio accertate sono pari a 48,4 miliardi di barili, le maggiori dell'Africa (al secondo posto c’è la Nigeria con 37,4 miliardi), le none al mondo dopo Venezuela, Arabia Saudita, Canada, Iran, Iraq, Kuwait, Emirati Arabi Uniti e Russia. Con Gheddafi il paese produceva 1,65 milioni di barili al giorno. Dalla sua caduta anche la produzione ha seguito lo stesso sentiero scendendo fino a 200.000 barili. Nel 2013 le entrate petrolifere ammontavano a 40 miliardi di dollari, tre anni dopo, nel 2016, erano crollate a 4,6 miliardi.
Per il Paese africano il settore degli idrocarburi rappresenta il 95% delle entrate governative e il 96% del valore dell'export. Negli anni ‘70 la Libia produceva 3 milioni di barili al giorno e con gli opportuni investimenti, scommettono gli analisti, si potrebbe tornare a quel livello o addirittura superarli. La Noc ad esempio punta a portare la produzione a 2,3 milioni entro il 2022 ma servirebbero investimenti di 18 miliardi di dollari e se permane l’incertezza politica sarà difficile far arrivare i finanziamenti necessari.
L’Italia nei primi sette mesi del 2018 ha importato 3,8 milioni di tonnellate di greggio libico
La Libia è un fornitore importante di petrolio e gas dell’Italia. Anche se, come ha fatto notare l’Unione petrolifera, nel mese di luglio le minori importazioni di greggio dalla Libia (-37%) sono state compensate dai maggiori arrivi dall'Azerbaijan (+32%) che ha abbondantemente superato gli 1,2 milioni di tonnellate.
L'Azerbaijan è il Paese che si conferma come primo fornitore dell'Italia con una quota del 18% (la Libia è al 10,6%). Da rilevare il sensibile progresso dell'Algeria (+40%). Complessivamente, nei primi sette mesi del 2018 l’Italia ha importato oltre 36 milioni di tonnellate di greggio (-3,6%), da 25 Paesi diversi e per 80 qualità. Al primo posto c’è come detto l’Azerbaijan con 6,4 milioni di barili. Seguito dall’Iraq a 4,8 milioni, Iran 4,4 milioni e Libia 3,8.
Nel 2017 il gas importato dalla Libia è stato pari a 4,6 miliardi di metri cubi
Le importazioni via gasdotto, pari a 61 miliardi di metri cubi, hanno rappresentano l’88% del totale delle importazioni italiane, come evidenzia la Relazione sulla situazione energetica nazionale al 2017 del Mise, con un incremento di 2,3 miliardi di metri cubi. In particolare rispetto al 2016 sono incrementate le forniture provenienti dalla Russia (30,2 miliardi di metri cubi, +6,8%) e dal Nord Europa (Olanda e Norvegia con 7,2 miliardi di metri cubi, +8,2%); sono rimaste invariate le immissioni dall’Algeria (18,9 miliardi di metri cubi), mentre si sono ridotti i flussi di approvvigionamento dalla Libia, pari a 4,6 miliardi di metri cubi (-3,5%).
C’è poi da considerare il Gnl (gas naturale liquefatto) il cui apporto nel 2017 è stato pari a circa 8,4 miliardi di metri cubi, rappresentando il 12% del totale delle importazioni, con un incremento del 30% rispetto all’anno precedente, pari in termini assoluti a circa 2 miliardi di metri cubi. Il gas libico – a regime circa 10 miliardi di metri cubi all’anno - arriva in Italia dal Greenstream, gasdotto dell’Eni (50%) e della Noc (50%).