Un reattore nucleare produce vapore d’acqua ad alta temperatura. Tuttavia lo fa con un processo molto complicato, perché occorre innescare una complessa reazione a catena in modo strettamente controllato. Possono quindi accadere incidenti provocati da disattenzione o incompetenza degli operatori, da difetti nelle apparecchiature o da eventi naturali di particolare violenza.
Il 26 aprile 1986 il reattore numero 4 della centrale di Chernobyl, una città dell’Ucraina, allora parte dell’Unione Sovietica, andò fuori controllo ed esplose.
Nell’arco di una decina di giorni vennero liberate nell’atmosfera 6,7 tonnellate di materiale radioattivo che contaminarono non soltanto vaste aree vicine alla centrale ma anche, in modo più leggero, alcune zone dell’Europa orientale, della Scandinavia e marginalmente anche dell’Europa occidentale.
Si stima che l’incidente abbia riguardato più o meno direttamente 8,4 milioni di persone e che abbia reso inservibili 784 000 ettari di terreno agricolo e 694 000 ettari di foreste. Un’area di 30 km quadrati intorno all’impianto è ancora altamente contaminata.
A distanza di oltre trent’anni, nonostante vari rapporti stilati da organizzazioni internazionali, è difficile fare un bilancio del disastro, poiché l’effetto delle radiazioni si protrae nel tempo. Circa 600 000 persone fra addetti alla centrale, residenti, squadre di emergenza e soccorritori sono state colpite da elevate dosi di radiazioni.
Le vittime immediate pare siano state 56, anche se alcune fonti parlano di 200. A queste, secondo recenti stime, va aggiunto un numero imprecisato – ma molto alto – di persone che sono morte o moriranno prematuramente a causa della esposizione a dosi più o meno elevate di radiazioni.
La fuga e l'equilibrio mentale
Gravissimi, e inizialmente sottostimati, sono stati i danni psicologici alla popolazione: 350 000 persone sono state evacuate, 116 000 delle quali nelle settimane successive all’incidente. Soltanto una parte di loro ha potuto far ritorno nella propria casa. Molti hanno avuto problemi di equilibrio mentale: mancanza di fiducia, depressione, incapacità di prendere iniziative.
Per mettere in condizioni di maggiore sicurezza il relitto del reattore, almeno per i prossimi cento anni, recentemente è stata posizionata sul relitto una gigantesca struttura ad arco (nsf, new safe confinement) alta 110 metri e larga 270. Si sti-ma che i costi complessivi del disastro, diretti e indiretti, siano dell’ordine delle centinaia di miliardi di euro.
Numerosi altri gravi incidenti erano stati sfiorati in precedenza. Il più grave della storia del nucleare negli Usa per esempio è avvenuto nel 1979, quando il reattore di Three Mile Island in Pennsylvania è arrivato a un passo dalla fusione completa del nocciolo di combustibile.