Quest’anno il 60% delle batterie agli ioni di litio dismesse a livello globale verrà avviato al riciclo: in gran parte nelle decine di grandi (e tecnologicamente avanzati) impianti dedicati esistenti in Cina; ma anche nei nuovi impianti sorti in Nord America, Asia ed Europa nel corso dell’ultimo anno.
Come spiega uno studio da poco pubblicato su Heliyon, ad essere recuperati pressoché integralmente sono tutti i componenti più preziosi presenti nelle attuali batterie: cobalto, litio, nickel, manganese, rame, alluminio e grafite.
D’altra parte, nel 2019 sarebbe strano il contrario per materiali come il carbonato di litio - uno dei due composti del litio, con cui si producono i catodi delle moderne batterie - il cui prezzo è passato da poco più di 5.000 dollari a tonnellata del gennaio 2016 ai 15.000 dello scorso settembre; mentre il numero di auto elettriche immatricolate in Cina supera ormai stabilmente le 100 mila unità (dato di Maggio 2019), anche con gli incentivi ridotti al minimo.
Attualmente, gli impianti processano per la maggior parte le batterie più piccole utilizzate per alimentare i dispositivi elettronici portatili. Quelle, molto più grandi, utilizzate negli autoveicoli elettrici a batteria durano per oltre 250 mila chilometri. Poi, una volta raggiunta una capacità di accumulo (storage) dell’energia pari all’85% o all’80% (a seconda dei modelli) rispetto a quella iniziale, le batterie non vengono avviate al riciclo.
Ma al riuso in applicazioni cosiddette “stazionarie”, nel senso che vengono utilizzate per accumulare e rilasciare energia elettrica agli edifici e alla rete elettrica.
Come nel caso della “Johan Cruijff Arena” di Amsterdam dove 590 batterie (340 nuove e 250 usate, in precedenza installate sull’auto elettrica più venduta al mondo) adesso costituiscono l’impianto da 3 MW (megawatt) di potenza di 2,8 MWh (megawattora) di capacità di accumulo dell’energia a servizio dello stadio.
Inserite in 61 eleganti armadi (racks), le batterie in questione accumulano l’energia generata durante il giorno dai 4.200 pannelli fotovoltaici posti sulla copertura dello stadio, e quando occorre anche quella prelevata a costi bassissimi durante la notte dalla rete elettrica.
Quando, durante le partite o durante i concerti, la domanda di potenza elettrica cresce rapidamente per portarsi fin quasi a 3 MW, le batterie sono in grado di rifornire le utenze dello stadio per 1 ora alla massima potenza, e per 3 ore nel caso in cui non siano attive le cucine per i servizi di catering.
Ad Amsterdam, le batterie hanno fatto crollare i consumi di gasolio utilizzato per generare elettricità con i gruppi di continuità (il cui uso, lo ricordiamo, è obbligatorio per l’intera durata degli incontri calcistici a prescindere dall’orario di svolgimento delle gare in tutti gli stadi europei). Durante i lunghi periodi in cui lo stadio resta inutilizzato, le batterie vengono usate per offrire alla rete preziosi servizi di bilanciamento della potenza e regolazione della frequenza, lautamente retribuiti dal gestore della rete elettrica olandese.
Dopo aver funzionato per altri 10 anni (garantiti dal fornitore delle batterie), le batterie divenute esauste vengono avviate al riciclo. I composti di litio, cobalto, manganese a alluminio che si ottengono dai processi di recupero hanno un grado di purezza altissimo: e sono pronti per costruirvi il componente più importante delle batterie al litio, il catodo.
E siccome in Cina, si producono il 65% dell’output globale di catodi e batterie, non sorprende che alcune delle maggiori aziende cinesi del riciclo siano di proprietà delle aziende produttrici di batterie.
L’economia circolare della tecnologia chiave per l’accumulo dell’energia elettrica è realtà.