Una vecchia fabbrica di alluminio caduta in disuso, dove hanno lavorato 1800 operai, trasformata in un parco tecnologico che oggi conta 500 dipendenti e ospita 30 laboratori, 5 enti di ricerca, 32 startup, un incubatore di progetti innovativi e 28 tech companies. Intorno ci sono le montagne di Bolzano (proprio la città dove si vive meglio in Italia, secondo l'indagine di ItaliaOggi con l’Università La Sapienza di Roma, pubblicata di recente), la struttura si chiama NOI Techpark, il parco scientifico e tecnologico dell'Alto Adige, inaugurato un anno fa, esattamente il 2 ottobre 2017.
Ricerca sì, ma senza dimenticare la memoria. Ad accogliere il pubblico è rimasta la Wasserturm, la vecchia torre idrica che riforniva la fabbrica, ma che oggi serve per la climatizzazione del parco tecnologico, e c'è anche il Black Monolith (sì, ricorda ricorda il monolite di "2001 Odissea nello Spazio") in schiuma di alluminio (materiale innovativo, leggerissimo, scelto per la sua resistenza e la possibilità di plasmarlo in forme ricercate, senza appesantire la struttura).
Costato 100 milioni di euro
A poco più di 365 giorni dal taglio del nastro, è il momento di un primo bilancio sulla struttura (modulare e in progress) che ha l'obiettivo di portare centri di ricerca pubblici, imprese innovative e laboratori di ricerca applicata in un parco tecnologico, integrato nel tessuto urbano e nella vita sociale di Bolzano (c'è uno spazio che si chiama NOISE, aperto tutta la settimana, e un altro per eventi culturali e di divulgazione scientifica per i cittadini).
In attesa poi che sia ultimato il terzo fabbricato, in cui si insedieranno altre 20 imprese, dell'asilo nido che sarà aperto il prossimo anno e della nuova facoltà di Ingegneria. Dell'intero progetto è stato realizzato un 20%. Un investimento di 100 milioni di euro provenienti dalla Provincia Autonoma di Bolzano. Il resto verrà sostenuto dai privati.
La ricerca, il terraxcube e la sostenibilità
Al momento sono 5 gli enti di ricerca basati al NOI Tech Park. Eurac Research: che nella struttura si occupa di energie rinnovabili. L'Università di Bolzano. Il Centro di Sperimentazione Agraria e Forestale Laimburg. Il Fraunhofer Institute Italia: che si occupa di automotive. Agenzia CasaClima.
Tra i laboratori c'è il terraxcube, gestito da Eurac Research, centro unico a livello mondiale che permette di simulare condizioni climatiche estreme. Tutta la struttura è ecosostenibile e l'intero quartiere è uno zero emission building, con pannelli solari e ricircolo dell'acqua per il riscaldamento e mezzi a idrogeno ed elettrici per raggiungere il parco.
Le startup e le tech companies
Per essere ammesse al NOI Techpark le startup devono presentare il loro business plan e dimostrare il contenuto tecnologico e innovativo del progetto per il mercato. Il team deve avere le competenze giuste. L'idea deve essere realizzabile e deve avere potenziale di crescita. Mentre le tech companies devono rientrare nei settori ICT & Automation, food, green energies e alpine technologies. Ma il criterio più importante è che devono seguire attività di ricerca.
Criterio questo fondamentale al punto che le stesse startup devono dimostrare periodicamente su che progetti lavorano (su questo vengono anche monitorate). Di fatto le aziende spostano in questo spazio i loro settori di Ricerca e Sviluppo. A loro interessa stare vicino agli enti di ricerca e alla nuova Facoltà di Ingegneria, in via di realizzazione, perché hanno un continuo bisogno di personale altamente qualificato. Dalla ricerca all'industria: si chiama trasferimento tecnologico.
Un po' di storia
La struttura del NOI TechPark risale al 1937, quando venne realizzata una fabbrica per la produzione di alluminio, la Alumix, la più grande in Italia: dove uscivano 2 terzi della produzione nazionale (50 mila tonnellate l'anno). Portare una fabbrica simile qui fu una scelta politica, legata alla necessità di 'italianizzare' la provincia. Ma c'era anche un elemento di logistica. A pochi chilometri dal Parco c'è la centrale elettrica di Cardano, in grado di sopperire alle grandi esigenze energetiche richieste dalla struttura.
La fabbrica dagli anni Sessanta ha iniziato un lento declino, fino alla fine degli anni Novanta quando l'intero stabilimento è stato chiuso. Per anni è stato uno spazio abbandonato, finché il governo locale nel 2005 ha deciso che l'area dovesse essere destinata alla ricerca e all'innovazione in Alto Adige, con l'obiettivo di creare spazi per le aziende e gli enti di ricerca. Nel 2013 poi il bando internazionale di architettura vinto dallo studio Chapman Taylor che, insieme all'architetto Claudio Lucchin ha recuperato il complesso industriale (gli edifici storici sono sotto tutela dei beni architettonici).