Nei giorni scorsi abbiamo potuto assistere ad una polemica molto accesa legata ad un fatto definito da molti come “un attacco alla democrazia”. Twitter, infatti, ha annunciato la decisione che non permetterà più a due testate russe, Sputnik e Russia Today, di pubblicare contenuti sulla sua piattaforma. Perché? Perché i “russi cattivi” sono accusati d’aver pubblicato contenuti di stampo divisionista, anche su Facebook, al fine d’influenzare l’esito delle elezioni americane.
Non stiamo parlando di vere e proprie fake news, piuttosto di mezze verità o verità polarizzate che avrebbero influenzato la capacità decisionale degli elettori USA, per farli propendere per una parte piuttosto che per l’altra. Già da qualche mese io, ed altre persone più informate e competenti di me sul tema, avevamo cercato di trasmettere questa notizia. Sembrava apparentemente la trama di un film complottista, ma ora abbiamo avuto le prove che non si trattava solo di paranoia.
Infatti sono state trovate le prove di versamenti fatti a Twitter da parte delle due testate menzionate a fini d’advertising, per un ammontare complessivo di 1.900.000 dollari. Scoperto questo, il governo americano ha intimato a Twitter di bloccare i finanziamenti dell’avversario d’oltremare. Da qui, la decisione della piattaforma di bloccare i contenuti delle due testate.
Una storia senza "buoni" e "cattivi"
Dunque possiamo davvero parlare d’attacco alla democrazia, e alla libertà di parola, oppure dovremmo contestualizzare un attimo cosa è successo e metterlo in prospettiva? Proviamoci. Il messaggio che è passato è stato: i russi cattivi hanno pagato per sconvolgere le elezioni, Twitter non lo sapeva (ha ricevuto dei soldi, ma non sapeva a cosa erano finalizzati o non se n’è reso conto) e quindi ha bloccato tutto non appena gli è stato richiesto dall’autorità lesa. Il ragionamento sembra essere molto logico, peccato che non sia proprio andata così.
Infatti, i rappresentanti di Twitter si sono incontrati più volte con i referenti di Russia Today e Sputnik per affinare l’offerta commerciale sull’advertising. C’è proprio un esempio di Mediaplan per Russia Today intitolato Election Proposal Advertising (ovvero proposta pubblicitaria per la campagna elettorale), nella quale il colosso digitale suggeriva alla testata come indirizzare al meglio i finanziamenti (offrendo anche delle scontistiche consistenti) e potenziare, di conseguenza, gli investimenti per la propria compagnia ed incrementarne i guadagni.
Quindi, è Putin “il cattivo” che ha deciso di pagare per influenzare le elezioni americane o, piuttosto, Twitter che ha deciso di deresponsabilizzarsi dalle proprie azioni e pensare solo al guadagno che ne poteva derivare? Forse la versione definitiva è decisamente l’ultima. Twitter è stato l’unico attore che, veramente, ha guadagnato da quanto è successo e non poco, ma svariati milioni di dollari. Certo, ora che sono state trovate le prove di queste transazioni, e quindi è stato beccata con le mani nella marmellata, la compagnia ha deciso di “investire” nel contrasto alle fake news, per reiterare il fatto che non ne sapevano nulla. Siamo davanti ad un’ennesima narrazione post-truth, in cui ciò che è accaduto veramente è venuto a galla perché ne sono state trovate le prove ed ora Twitter deve lavarsi la coscienza in qualche modo.
Quello che è veramente importante da tenere a mente in quanto è accaduto è che questi accordi sono parte di una più ampia strategia propagandistica che molti partiti politici di tutto il mondo stanno sempre di più mettendo in atto. Ma quindi ci sono dei buoni in questa storia? No, da nessuna delle due parti, però vi ha insegnato che la prossima volta che vorrete dire “Twitter è buono perché ha fatto questa cosa”, magari vi fermerete un attimo e cercherete di scoprire se è davvero così.