Per capire il livello di difficoltà di comprensione della normativa sui dati e sulla privacy delle società tecnologiche, il New York Times ha condotto una curiosa inchiesta, forse opinabile nel metodo, ma in gran parte condivisibile per chi abbia un attimo di conoscenza della questione.
In un bel pezzo di data journalism, il quotidiano spiega come ha cercato di analizzare lunghezza e leggibilità di 150 siti web e app molto popolari. Ne risulta che l’informativa sulla privacy di Facebook, per esempio, richiede circa 18 minuti per essere letta nella sua interezza, un po’ di più rispetto alle altre. Nell’elenco dei termini per le policy analizzate ci sono quelle di Uber, Airbnb, Craiglist, Yahoo, ma anche siti di media come la BBC e CNN.
A questo punto, stabilita la lunghezza, l’inchiesta si è spinta oltre e ha analizzato la complessità dei testi. Il giornalista ha scritto di aver utilizzato un software che si chiama Lexile, sviluppato da una società americana, MetaMetrix.
Il software, stando a quanto scritto dal NYT e quanto si legge nella descrizione della società, è in grado di misurare la complessità di un testo in base a fattori come lunghezza della frase, uso di subordinate, ricchezza e complessità del vocabolario, uso di termini specifici o di uso comune. Attribuisce ai testi un punteggio di difficoltà. Ad esempio, per essere compresi da persone con una formazione da college (le nostre università, per intenderci) il testo deve avere un punteggio massimo di 1300, per essere compresi da professionisti come medici o avvocati il punteggio del test non deve essere superiore ai 1440, mentre più o meno tutti, anche con un livello di scolarizzazione bassa, dovrebbero poter comprendere un testo con punteggio di 1050.
Ora, tutti i testi che spiegano i termini della policy sulla privacy usati nell’esperimento superano la soglia minima di comprensibilità. Non solo, dopo aver messo a confronto la lettura delle policy per la privacy delle società con alcuni grandi classici della letteratura e del pensiero, pare che solo la Critica della ragion pura del filosofo tedesco Immanuel Kant sia poco più complicata del testo elaborato da Menlo Park per avvertire i propri utenti di quali informazioni su di loro usano, trattano o processano.
Mentre leggere e capire gli avvisi sulla privacy di Airbnb, o siti come la Cnn, è anche più complicato che capire anche il capolavoro del filosofo di Königsberg. Non solo. Spesso questi testi sono più complicati anche di Breve storia del tempo di Stephen Hawking, o Grandi speranze di Charles Dickens, per fare alcuni degli esempi riportati.
Insomma, testi creati da avvocati, per essere letti da avvocati, come commentano nell’articolo alcuni esperti. E in barba alla Gdpr che oltre un anno fa aveva chiesto una modifica dei testi per renderli più comprensibili. Anche se lo sforzo nel comprenderli potrebbe avvicinare un po’ tutti ad una laurea in astrofisica, o in filosofia.