Prima di ammazzare 49 persone inermi, Brenton Tarrant, 28 enne killer di Christchurch, ha scritto un post su 8chan. Ha avvertito chi gira da quelle parti che sarebbe entrato in azione. Che a differenza loro, ‘poveri finocchi’, lui avrebbe preso davvero in mano il fucile. Non solo la tastiera, come gli altri, quelli a cui il post era indirizzato. Lui avrebbe sparato davvero. Ma a loro, gli estremisti da tastiera, ha dato tutte le indicazioni per poter seguire le sue gesta. Si è armato di Kalashnikov e GoPro, ha avviato una diretta Facebook con la telecamerina fissata in fronte, e ha fatto fuoco in diretta streaming. Una diretta che è finita su tutti i social, 17 minuti di massacro di innocenti, raccolti in moschea per pregare, raggiungendo migliaia, centinaia di migliaia, milioni, forse oramai miliardi di persone.
Niente ha potuto fermare la nostra voglia di cercare, guardare, per alcuni condividere quel video. Alle sette del mattino ora italiana, tre ore dopo la strage, in conferenza stampa la polizia neozelandese sembrava quasi implorare i media che ne diffondevano la voce: “non mostrate, non condividete quel video. È quello che voleva l’attentatore, ha fatto tutto per questo”. Parole cadute nel vuoto. Per di più spinte dalla natura umana, dal suo lato più debole, corruttibile e irrazionale, quella parte che i social network hanno fatto deflagrare da tempo e che cominciamo a capire nelle sue conseguenze più temibili solo negli ultimi anni. Tarrant ha compiuto la sua missione fino in fondo, ha vinto, e un po’ tutti abbiamo contribuito alla sua vittoria.
Ma se internet coi social è stato il mezzo di diffusione del suo crimine, internet è stato anche il mezzo che ha permesso la nascita, nella sua complessità, del crimine. Tarrant ha scritto sul suo fucile nomi di personaggi storici che hanno sconfitto truppe islamiche in battaglia (il doge Venier, Carlo Martello) e autori di stragi contemporanee, come quella tentata da Luca Traini. Conoscenze che ha maturato, appreso, in rete. Come è in rete, su YouTube probabilmente, che ha trovato la marcetta serba pro Karadzich ‘Remove Kebab’ che ha usato come colonna sonora (reale, vera, lanciata poco prima di caricare il fucile) della strage. Tutto in diretta. Più che il videogame Fortnite, gli elicotteri di Apocalipse now.
Covata sui social, annunciata sui social, fatta per i social, data in pasto al loro pubblico che non ha potuto fare a meno di diffonderne il messaggio. Senza pensarci, di istinto. E i diciassette minuti di strage sono diventati un tempo infinito, oramai impossibile da fermare.