Apri Youtube e puoi ascoltare le lezioni di scienziati e visionari che alle conferenze TED parlano di cervello, intelligenza artificiale, viaggi nello spazio; poi clicchi un link e ti ritrovi proiettato dentro le immagini di Marte, ascolti le interviste di Astrosamantha e cerchi l’Università che ti permetterà di diventare una scienziata proprio come lei.
Il web è il più grande mezzo di accesso alla conoscenza progettato dall’umanità e ti chiedi perché la gente lo usa per bisticciare su Twitter o pavoneggiarsi su Instagram. Quante volte ci è capitato?
Ma come siamo giunti ad avere libri, film, intere enciclopedie, piene di numeri, grafici, tabelle, a portata di un click? E come hanno fatto i computer a diventare un’estensione della nostra mente? Grazie al web, ovvio. Ben, oggi si festeggiano trent’anni dall’invenzione del web.
Come è cominciato tutto
Il 12 marzo del 1989 uno scienziato inglese, Tim Berners Lee, presenta al suo capo, Mike Sendall, il progetto di un sistema di condivisione di documenti elettronici per facilitare la cooperazione scientifica tra i colleghi del Centro di ricerche nucleari di Ginevra, il Cern e si chiamava "Gestione delle informazioni: una proposta". C’era dentro la stessa idea caldeggiata dallo psicologo James Robnett Licklider che sviluppò a fini civili il primo progetto per Internet, il sogno di una biblioteca universale di documenti elettronici.
Tim Berners Lee la realizzò insieme al collega belga Robert Cailliau completando lo sviluppo di un linguaggio informatico, l’HTML, Hyper Text Markup Language, adatto a visualizzare sullo schermo di un computer quei documenti e collegarli tra di loro tramite l’HTTP, l’Hyper Text Transfer Protocol. L’Iperbibliotecario era nato.
Internet non è il Web
Da allora tutto è cambiato. Considerata l’importanza che Internet e il web hanno nelle nostre vite nel trentennale dell’”invenzione del web” è utile ripercorrerne la storia e ricordare che il web non è Internet.
Internet è un’astrazione logica, un insieme di protocolli di comunicazione che regolano lo scambio di dati tra computer diversi appartenenti a reti eterogenee attraverso mezzi di comunicazione differenti: le onde radio, la linea telefonica, cavi e reti dedicate. Prima di Internet esistevano altre reti di comunicazione per far parlare i computer fra di loro, ma Internet si è rivelata nel tempo la più efficiente.
A volere essere precisi Internet è una piattaforma di comunicazione basata sui protocolli TCP/IP sviluppati tra il 1973 e il 1982 da Vinton Cerf e Robert “Bob” Kahn e raffinati da altri. Usati da alcune istituzioni accademiche collegate da reti specializzate per scambiarsi informazioni scientifiche questa famiglia di protocolli risolveva il problema di far comunicare tra di loro computer che usavano linguaggi differenti.
Il Web, o World Wide Web o WWW, è stato implementato da sir Tim Berners Lee e Robert Cailliau tra il 1989 e il 1991 e i primi due siti web sono stati creati al Cern di Ginevra, dove Lee lavorava, e a Palo Alto per lo SLAC, lo Stanford Linear Accellerator Center. La caratteristica principale del web è che consente il collegamento tra risorse diverse – contenuti, siti e servizi – attraverso gli hyperlink, i collegamenti ipertestuali, e si basa su di un’architettura client-server dove il client, ad esempio il nostro browser, richiede a un server di trasferirgli le informazioni cercate che vengono visualizzate in un certo modo grazie a quello specifico linguaggio di marcatura, l’HTML.
Su Internet viaggiano molti altri servizi ma, per la sua facilità d’uso, il web si è imposto come il servizio più diffuso. Ed era esattamente quello che volevano i suoi inventori.
Surface web, Deep web, Dark Web
Oggi quando parliamo di “web” parliamo di pagine web, fatte con l’HTML, e di “siti web” e quindi parliamo del sito web dell’AGI, di quello della nostra università, del motore di ricerca preferito o di un social network come Facebook. Ma questo è soltanto il Surface Web, il web di superficie. Ed è la punta dell’iceberg di tutti questi servizi che emergendo da Internet, chiamiamo Web. E se immaginiamo il web come la punta di un iceberg che emerge dall’oceano di Internet, sotto il pelo dell’acqua potremo trovarne una parte più grande: il Deep Web o “web profondo”. Per convenzione il Deep Web viene definito come la parte del web non indicizzata dai motori di ricerca. In questo spazio troviamo siti specializzati in materie scientifiche, pagine personali, webmail, siti che aprono e chiudono nello spazio di una notte e che impediscono ai motori di ricerca di indicizzarli e farceli trovare con le parole chiave più comuni.
All’interno del Deep Web possiamo individuarne una parte ancora più complessa da esplorare che è chiamata Dark Web, il “web oscuro”. Il nome viene dalle darknet, le reti all’epoca separate da Darpanet, antesignana di Internet. Il Dark Web è quella parte di Internet che non viene indicizzata dai comuni motori di ricerca e in aggiunta necessita di software speciali per accedervi. TOR è uno di questi. Nel dark web ci sono siti e servizi nascosti protetti dalla crittografia per chi ha bisogno di tutelare il proprio anonimato: operatori umanitari, giornalisti scomodi, ma anche hacker e criminali.
In tutti e tre i livelli possiamo trovarci contenuti legali o illegali, sicuri o pericoli, leciti o moralmente discutibili. Tim Berners Lee e Robert Cailliau forse non avrebbero immaginato che sarebbe finita così, ma alcuni studi sostengono che la parte nascosta del web sia 500 milioni di volte più grande del web di cui facciamo esperienza ogni giorno. E l’unico modo per immaginarcela è navigarla, prenderà la forma delle nostre esplorazioni, come un pianeta sconosciuto illuminato dal nostro girovagare.