Bitcoin compie 10 anni, ma fino a l'anno scorso era quasi sconosciuto alla maggior parte di noi. Un anno fa di questi tempi eravamo nel pieno di un ciclone mediatico dove tutti sembravano impazziti per la criptomoneta dei record, capace di ripagare con migliaia di euro chi avesse avuto l'abilità di investirci qualche spicciolo.
C’è un fenomeno nella comunicazione dell'innovazione che mi affascina più di tutti. Alcuni con un inglese smaliziato lo chiamano hype, altri usano il termine bolla, molto più calzante. Bitcoin è stata una favolosa bolla mediatica. La più grande, la più potente, la più coinvolgente per il pubblico che io ricordi da quando scrivo di innovazione.
In inglese si usa il termine buzzworld per descrivere le parole che entrano, ronzando, nel dibattito pubblico. Diventano familiari, a tratti imprescindibili, anche quando nessuno sa davvero cosa significhino, cosa ci sia dietro. Ricordate l'uso, l'abuso, del termine startup? digital transformation? crowdfunding? sharing economy? O più di recente blockchain. Oggi è il termine più a la page per parlare di innovazione digitale in Italia. Sembra che tutto passerà dalla blockchain; la tutela del made in Italy, il catasto, il voto democratico, i diritti d'autore, anche se al momento la quasi totalità degli esperti ritiene che fuori dall’uso in finanza serva a ben poco.
La bolla mediatica del Bitcoin
Bitcoin è stata la buzzword del 2017. È stato il tema più cercato, più cliccato, che più ha incuriosito il lettore.
Un anno fa di questi tempi provai a fare un piccolo esperimento: ne comprai alcuni, per vedere cosa succedeva, a me e ai miei risparmi. Ho raccontato quello che è successo qui, poi ho venduto tutto. Nei mesi successivi a questo articolo ho ricevuto decine, forse centinaia di email di gente che mi chiedeva consigli su come comprarli e se ci avrebbero guadagnato: piccoli risparmiatori, studenti, disoccupati, o curiosi. ?
Bitcoin era diventato popolare. Prometteva facili guadagni, con molti zeri. Un gratta e vinci dalla vincita quasi certa. E su questa promessa ha creato la sua breve fortuna.
Chiariamo: Bitcoin non è morto. Continua ad essere usato per acquisti online e oggi compie dieci anni di salute più che discreta. Ma è assai diverso rispetto ad un anno fa, all’apice della sua bolla, quando raggiunse nell’arco di una manciata di mesi la valutazione mostruosa di 20mila dollari per ognuno. Aveva raggiunto la capitalizzazione di 800 miliardi, la quinta moneta per valore al mondo, poco dopo dollaro, euro, yen e yuan. Oggi ne vale 5 mila circa, e la sua capitalizzazione è calata a un quarto. È fermo lì da una decina di mesi, senza scossoni significativi. E di Bitcoin non parla più nessuno.
Quello che mi ha affascinato di Bitcoin, fino a spingermi a comprarne, è stato il meccanismo che sentivo svilupparsi dentro me e che più o meno suonava come un mix di ‘se non lo vedi da vicino non lo capisci’ (blanda versione del dovere del cronista), ma anche quella che viene definita, ancora una volta con un termine inglese, FOMO, fear of missing out, paura di perdere il momento buono.
Il momento buono di Bitcoin
E il momento buono era quello, senza ombra di dubbio. Perché Bitcoin pompato dalle notizie, dalla corsa all'oro del terzo millennio, dal buzz, dalla bolla, macinava record su record. Arrivarono i primi paragoni all’oncia d’oro, le pensose analisi di chi lo paragonava ad un bene rifugio, o ad un investimento per il futuro, per i propri figli. Ne avrò lette centinaia di queste analisi, fatte spesso da chi ci stava facendo bei soldi.
Aumentava la copertura mediatica, aumentava l’interesse, aumentava l'euforia, aumentavano gli acquisti, aumentava il prezzo. Alla fine del 2017 c’era chi diceva che entro un anno avrebbe raggiunto la cifra di 50 mila dollari, c’è chi si spingeva oltre, altri ancora dicevano, Bitcoin sì, ma guardate che adesso sarà il tempo di Ethereum, di Litecoin, di Ripple! Ognuno diceva la sua. Nessuno ci ha preso.
Bitcoin si è sgonfiato in pochi mesi, tra la fine del 2017 e i primi mesi del 2018, complici vendite massicce e interventi delle autorità nazionali che hanno cominciato a interessarsi alla psicosi collettiva da criptovalute. E tutto è finito. La parola Bitcoin è sparita dai giornali, dalle prime del Financial Times, dal dibattito pubblico, dai social.
La bolla: massa e Bitcoin
Non so quanti soldi dei risparmiatori siano stati bruciati, ma è ragionevole pensare che in molti si siano fatti male nel cercare di prendere in corsa il treno buono, il treno del futuro, dove viaggiano quelli che sanno.
Non so quanti siano stati ingannati dalla tenera ingenuità che si possa imparare a fare soldi facili cliccando su un articolo di un blogger sconosciuto. Ma tutto contribuiva alla creazione della bolla, della stessa sostanza di tutte le bolle umane - homo bulla est, l’uomo è una bolla, ricorda spesso uno che con le criptovalute ci lavorava, Antonio Simeone, citando Marco Terenzio Varrone, primo secolo avanti Cristo.
Una bolla. Un meccanismo inconscio mosso da emulazione e euforia, dove l’uomo diventa massa, una forza tra le forze a creare un campo dove tutto è schiacciato in un denominatore di comportamento comune, come nei libri di Elias Canetti. E poi la promessa del futuro, del progresso che arriva e spazza via tutto, e nessuno di noi vuole essere spazzato via. Lo scrittore austriaco Robert Musil fotografava così questo atteggiamento: se la stupidità non assomigliasse tanto all’idea di progresso e di futuro, nessuno vorrebbe essere stupido.
E così di tanto in tanto decidiamo di instupidirci, e ognuno soffia un po' del suo fiato nella bolla, stando dentro la bolla, immaginando di crescere in una corazza di sapone che niente può scalfire. Fino a incontrare l'ago della realà.