I protagonisti del recente tentativo lo avevano già etichettato come ‘governo del cambiamento’ quasi a significare una vera e propria rivoluzione nella compagine che avrebbe dovuto guidare il paese nei prossimi anni e nei contenuti programmatici che da più parti erano attesi come ‘innovativi’. Su questa base di auspicio e di speranza, da più parti si è richiamata negli ultimi giorni l’attenzione per una delega che nel nostro governo è invocata da anni, ovvero la delega al digitale. Si son spesi in tal senso molti appelli per ottenere ciò che in altri paesi è già realtà. La Francia dispone già di un ministro dell’Educazione, della Ricerca e dell’Innovazione, la Germania un ministro per gli Affari Digitali, il Regno Unito un ministro per Digitale, cultura, media e sport, la Spagna un sottosegretario al Ministero dell’Economia per lo Sviluppo e l’Innovazione.
Purtroppo, il recente spoiler dell’onorevole Di Maio dopo il fallimento del tentativo di governo, ha fatto capire che anche questa volta non c’era trippa per gatti. Nella compagine in fieri, il Ministro al digitale non compariva. Uno dei settori che potrebbe trarre i maggiori vantaggi da un Ministro dedicato al tema è sicuramente quello pubblico che con il digitale continua a fare letteralmente a pugni. Ovvero ne adotta da tempo le tecnologie ma non riesce a trarre i benefici in ordine di processi, semplificazione e minor incidenza sulla spesa.
Come ogni anno, la settimana scorsa il settore pubblico si è ritrovato a Roma per ForumPA, evento che rappresenta il momento più alto non solo per fare rete fra gli addetti ai lavori ma, soprattutto, per delineare quei cambi di passo e quelle accelerate che dovrebbero garantire anche ai cittadini e alle imprese italiane, tutti i benefici derivabili da una Pubblica Amministrazione finalmente più moderna e leggera. La tre giorni romana è stata incentrata per lo più su due grandi temi: lo spietato report DESI (Digital Economy and Society Index) che anche quest’anno ci vede come fanalino di coda dell’Europa tecnologica e l’invito da parte di tutti gli addetti ai lavori nel considerare non più procastinabile la delega a un Ministro per innovazione digitale del paese.
Le critiche più aspre da parte dei vari intervenuti a seminari e convegni tenutasi al Convention Center La Nuvola, sono state rivolte all’enorme massa di regolamenti (CAD e Codice degli appalti in primis) che tendono a frenare lo sviluppo digitale o, al peggio, a considerarlo come puro adempimento invece che un’opportunità di crescita per il settore pubblico e di conseguenza per il paese. In epoca recente poi, l’opera delle due entità di derivazione governativa che avevano il compito di indirizzare il settore (Agid e Team per la trasformazione digitale), si è spesso risolta in articolati programmatici e in una serie di linee guida che valgono come ispirazione per gli attuatori ma non hanno nessuna efficacia nella cosiddetta ‘messa a terra’ o excecution.
Il lavoro del Team per la trasformazione digitale, capitanato da Diego Piacentini, ha un po’ colorato di fresco lo stagnante lavoro regolatorio di Agid, ma non ha inciso in quello switch-off al digitale che tutti speravano. Il progetto di anagrafe unica nazionale è praticamente fermo. Il sistema di identità (SPID) è entrato in azione ma ha scarso appeal attrattivo e non riesce ad agganciare i servizi già in uso nelle PA a tutti i livelli (non solo i piccoli comuni). Il fascicolo digitale del cittadino è ancora tutto da inventare. Certo a ForumPA è stata presentata la prima app pubblica per i cittadini del millennio digitale ma essa rappresenta, per ora, solamente un approccio all’interfaccia e al dispositivo. Pur annunciandosi come una bella sperimentazione alla quale hanno aderito pochi enti, dovrà riuscire nell’ingrato compito di portare a bordo le migliaia di istanze, documenti e processi che ancor oggi, purtroppo, sono pretese dalla maggior parte delle pubbliche amministrazioni in forma analogica. Allora ForumPA, attraverso decine e decine di video interviste agli innovatori pubblici più tenaci, ha voluto raccogliere le istanze per il governo che sta arrivando, cercando di mettere in fila tutte le azioni possibili e a portata di mano, utili per non perdere anche questa volta il treno della modernità. Quel treno che troppo spesso, dopo essersi lanciato a piena velocità sui grandi piani paese (Piano Triennale per l’informatica nella PA, Piano Banda Ultra Larga, Piano Industria 4.0, Piano scuola digitale, ecc.), si è poi spento sul binario morto dell’incapacità di mettere a terra ciò che viene annunciato.
E’ un ministro per il futuro che serve a questo paese ha sintetizzato in chiusura della kermesse Carlo Mochi Sismondi paron della manifestazione. E subito gli ha fatto eco Elio Catania, presidente di Confindustria Digitale, quasi a voler saldare un alleanza pubblico/privato sul tema: “La trasformazione digitale della Pa è una vera e propria priorità nazionale che, per essere portata a compimento in tempi idonei a supportare la crescita economica, deve trovare subito responsabilità alte, di governo, con capacità esecutive e di spesa. L’inefficienza dell’amministrazione pubblica, che costa oggi al Paese quasi 30 miliardi di euro, circa 2 punti di PIL, non è un problema nè di risorse, che ci sono, ma vengono utilizzate solo in minima parte. Né di piani che esistono, ma sono attuati con troppe lentezze e resistenze. E’ un problema di visione strategica e leadership di governo: il digitale è anche una rivoluzione politica”.
Serve dunque un ministro con idee competenze, portafoglio e soprattutto struttura decisionale, nonchè operativa. Presto, prestissimo, o sarà davvero troppo tardi.