Tutti si aspettavano qualcosa contro le fake news, e alla fine è arrivata. Facebook ha annunciato che darà sempre meno spazio ai post di giornali, tv, media (e aziende in generale) nelle bacheche degli utenti. Utenti meno bombardati da questi contenuti, utenti più felici. Certo, la decisione di Facebook non riguarda le bufale in rete, ovvio, ma al momento risulta essere l’unica azione portata a termine dal social media per arginare la misinformazione in rete.
Altro che tasti, le pecette sui post, le centinaia di esperti assunti dalla società di Palo alto. Senza contare tutte le soluzioni finora messe in campo, come si è scoperto alla fine dello scorso anno, non hanno funzionato. Ricordate la pecetta “questa notizia è oggetto di discussione”? Sparita. "Failed".
Non funzionava perché, come ha spiegato il Guardian, il meccanismo non faceva altro che aumentare la popolarità dei post, e il sospetto che fosse messo in discussione da un complotto globale ordito manco a dirlo da Zuckerberg&Co. Gli esperti lo chiamano il bias di conferma, il pregiudizio di conferma. Se sono convinto che esistono gli Ufo, le scie chimiche e che i vaccini mi uccideranno niente può farmi cambiare idea.
Falliti questi tentativi di arginare fake news e ingerenze straniere nei processi democratici dei Paesi, Zuck oggi propone la sua “soluzione”. Tutti penalizzati dal nuovo algoritmo, che in realtà tanto nuovo non è considerato che è già da tempo che Facebook dà sempre meno potenza al reach delle pagine.
Avere 1000 fan non vuol dire già oggi raggiungere 1000 persone. Cento, duecento forse. Ora, come mi ha spiegato Marco Camisani Calzolari, che chi legge questo blog già conoscerà ma che comunque è uno dei maggiori esperti del settore, questa tendenza a limare il reach si approssimerà allo zero. Per essere visulizzato devi pagare. Punto.