Timothy Egan, vincitore del Pulitzer nel 2001, sul New York Times ha affermato che potremmo dormire sonni più tranquilli pensando che la disinformazione sia semplicemente tutta colpa della Russia, i cui agenti avrebbero disseminato svariati milioni di fake news su Facebook. In realtà, sostiene lo stesso Egan, il problema non sono tanto le campagne orchestrate globalmente da chi tira i fili del potere politico, quanto i cittadini incapaci di reggere la sfida della complessità in questo nuovo sistema della comunicazione. Attenzione poi a gettare la croce su “la gente”, termine che fa subito pensare alle polarizzazioni scienza vs. senso comune, una narrazione che idealmente accomuna tanto gli “imbecilli da social” di Umberto Eco che i “somari” di Roberto Burioni.
Cittadini responsabili della cosa pubblica, chi più e chi meno, lo siamo un po’ tutti e il problema ci riguarda indiscriminatamente, perché il pregiudizio di conferma non si misura a seconda di quante lauree o quanti like abbiamo, o di quanto quoziente intellettivo o quante visualizzazioni su YouTube possiamo vantare. Gli ambienti digitali generano (anche) rumore e favoriscono la disintermediazione sin dai tempi di Usenet e dei forum, oggi serve cooperazione tra portatori d’interesse che siano capaci di guardare oltre le proprie comfort zone, per cogliere la grande sfida che l’era della comunicazione digitale impone. Se da un lato è necessario abbandonare la flebile, quanto salvifica, utopia dell’intelligenza collettiva del web, dall’altro non si può buttare via il bambino con l’acqua sporca.
Il 13 novembre si è tenuto a Roma un importante convegno promosso dall’Istituto Gino Germani e dalla Società Geografica Italiana, dal titolo Disinformazione, Influenza e Controinformazione nell’era digitale. Durante l’evento si sono avvicendati diversi speaker, in vista del corso di alta formazione Disinformazione e Sicurezza Nazionale.
I numerosi partecipanti hanno avuto l’occasione di ascoltare un’ampia selezione di professionisti, del campo scientifico, militare, politico e istituzionale, elemento significativo per categorizzare al meglio una minaccia complessa che necessita di risorse multidisciplinari per essere affrontata con tutte le forze.
Come testimonia il recente rapporto di Freedom House sulla manipolazione dei social media a fini anti-democratici, è assolutamente centrale all’interno dell’agenda dei governi la necessità di comprendere i nuovi scenari dell’infosfera, ambiente mediologico all’interno del quale è possibile comunicare, anche per manipolare e ingannare, in maniera sempre più pervasiva.
Uno degli obiettivi del seminario è stato quello di evidenziare fortemente che fake news, disinformazione e propaganda costituiscono una minaccia destabilizzante per gli stati, pertanto occorre necessariamente focalizzare questi fenomeni nell’ambito dell’interesse nazionale. Proteggere il proprio spazio informazionale risulta essenziale per difendere popolazione, governo e territorio, dalle trappole cognitive della guerra cibernetica.
Il rischio sistemico del resto incide su diversi scenari, da quello puramente economico a quello politico-sociale, rispetto a una costruzione della realtà che è ormai delegata non più ai tradizionali ambiti di intermediazione, propri della sfera pubblica moderna, quanto a quelli fluidi e disintermediati dei social network.
Attualmente ogni singolo cittadino produce mediamente dati per svariati terabyte, una cifra che dice poco ai non addetti ai lavori, ma che è facilmente quantificabile con una semplice osservazione: laddove un film in alta definizione su dvd bluray occupa 20-40 gigabyte di spazio, un cittadino digitale potenzialmente produce quella stessa mole di dati nell’arco di un anno o poco più.
In quella che uno dei maggiori player mondiali, Cisco System, ha definito l’Era dello Zettabyte, occorre fare sistema, portare a convergenza stakeholder pubblici e privati, elaborare capacità di analisi e d’intervento basate su nuove metodologie, quantitative e qualitative, con un rinnovato sguardo d’insieme, aperto e multidisciplinare, alla società delle reti.
Le sfide della disinformazione coinvolgono aspetti cruciali della vita sociale, dai rischi sanitari, rappresentati ad esempio dal fronte No-Vax, alla diffusione di informazioni false riguardanti il cibo, l’ambiente, oppure le teorie del complotto che producono narrazioni alternative in campo politico, producendo sfiducia e perdita di partecipazione civile e democratica.
L’ampio dibattito si è concluso con un confronto con la platea, che ha risposto molto positivamente ai contenuti e si presume di ottimo auspicio per il prosieguo dei lavori successivi.