Quando si parla di peer-to-peer e di decentralizzazione viene spesso voglia di unire i puntini e mettere insieme cose che non sempre possono essere inserite nella stessa categoria. Nel mondo della blockchain, che possiamo considerare the new “new technology” spesso si cerca di vedere cosa questa tecnologia ci offre e quali problemi potrebbe risolvere. A volte in modo erratico, il tecnologo la brandisce come una soluzione in cerca di problemi.
L’approccio è spesso “bella la blockchain, ma il Bitcoin non ci interessa”. Questa affermazione contiene in sé una contraddizione all’origine: l’auspicata ma improbabile possibilità di una blockchain senza l’incentivo economico derivante dalla sua moneta nativa.
Energia e criptovaluta, un mix ideale?
Uno degli scenari che sempre ha stuzzicato l’immaginazione è quello dell’energia. Per sua natura l’energia condivide con la moneta elettronica alcune caratteristiche: è fungibile, è convertibile in varie forme, è distribuita attraverso reti e infrastrutture, è scarsa, nel senso che l’energia non si può clonare con un copy/paste. Sembra il tipo di “materia” immateriale ideale per mettere alla prova la blockchain come sistema di disintermediazione.
Un altro parallelismo interessante è che come nella finanza tradizionale esiste il trading e la speculazione, anche nel mondo dell’energia esiste un mercato con tanto di energy traders e strumenti finanziari per la gestione e mitigazione del rischio. Insomma sembra proprio che l’energia e la blockchain debbano incontrarsi. Tra i progetti più importanti c’è sicuramente EnerChain al quale partecipa la nostra Enel.
Tornando al peer-to-peer con il quale abbiamo iniziato, il peer-to-peer energetico è quello in cui ogni utente può produrre e fornire energia ad altri utenti. Una vera rivoluzione oggi possibile grazie alle tecnologie di microproduzione energetica, dal fotovoltaico al microeolico. Ora non entrando nel merito di come tale distribuzione possa avvenire senza dei punti di centralizzazione (non credo si potrà tirare un cavo elettrico ad hoc da ogni casa a tutte le altre) è interessante invece capire come la blockchain potrebbe essere usata per garantire la trasparenza e l’onestà degli scambi e naturalmente in assenza di un fiduciario che tenga la contabilità per tutti.
Sfide tecnologiche
Una delle sfide legate alla gestione e contabilizzazione di asset non completamente immateriali con la blockchain è la veridicità delle misurazioni degli stessi asset, ovvero in inglese data trustworthiness. In parole povere se è facile capire che un pagamento di un bitcoin da una parte all’altra del mondo è gestito egregiamente dalla blockchain, ci dovremmo chiedere cosa quel pagamento stava appunto pagando.
Una transazione nel mondo reale è sempre bidirezionale, sposto un coin nella blockchain in un verso, e sposto qualcosa nel mondo reale nell’altro. Questo è proprio il caso dell’energia. Sposto un coin da A a B, sposto 1KWh da B ad A. Ma se il primo trasferimento è garantito nella sua onestà e integrità, come posso garantire il secondo? Chi mi assicura che il mio KWh è identico a quello del mio vicino? Abbiamo lo stesso smart meter? Come garantire che la lettura venga da uno smart meter e non da un signore malevolo seduto davanti ad una tastiera di PC? E’ un problema di strumentazione e di generazione di dati veritieri. Siamo nell’era delle fake news, ci vuole un attimo a finire in quella dei fake data. Un problema piuttosto spinoso che richiede soluzioni non banali. E’ vero che la blockchain potrebbe essere un’ottima unità di conto per l’energia, ma ci vuole un anello di congiunzione tra il mondo fisico e quello crittografico, e forse non tutta la centralizzazione e la fiducia può essere rimossa.
La strada è lunga, ma vale la pena
Abbiamo parlato di incentivo all’inizio del nostro discorso. Quale sarebbe l’incentivo dunque in una soluzione blockchain non monetaria applicata all’energia? Probabilmente questo incentivo consiste nel fatto di eliminare il “trust” (leggi il broker), e altre terze parti coinvolte, consorziandosi in modo paritetico e riducendo i costi che ogni utility oggi sopporta. Un passo in avanti nella decentralizzazione ma solo il tempo ci dirà se la blockchain è la soluzione giusta.
Un ultimo aspetto poi da non sottovalutare è che in Italia la vendita di energia tra privati non è consentita. Quindi le barriere legali in questo caso arrivano ancora prima di quelle tecnologiche. Nella speranza che qualche cosa si muova a livello legislativo, non ci resta che guardare quello che succede all’estero. In Regno Unito già oggi è possibile fare una specie di Airbnb per i posti auto e fornire come servizio ancillare la ricarica dell’auto elettrica. E’ forse questa la chiave di lettura? Disintermediazione su blockchain, auto elettriche e tecnologie di micro-produzione energetica. Gli ingredienti ci sono tutti, bisogna vedere come saranno le ricette.