E’ nato prima il selfie o la fotocamera frontale? Una domanda che può sembrare peregrina a quanti ricordano ancora quanto fu rivoluzionaria l’introduzione di un obiettivo in un cellulare. Allora non si chiamavano ancora smartphone, perché oltre a telefonare e, per l’appunto, fare fotografie, non andavano al di là delle funzioni base.
Per questo è ragionevole pesare che il selfie abbia acquisito senso grazie al 4G, quando i social network sono arrivati su quelli che nessuno chiamava più telefonini e che all’improvviso erano in grado non solo di scattare foto, ma anche di registrare video, riprodurre una quantità pressoché illimitata di musica e navigare sul web più velocemente del pc di casa.
Come spesso capita per le innovazioni tecnologiche, anche la fotocamera frontale ha seguito una strada che non era quella che era stata tracciata per lei. Pensata per le video chiamate (FaceTime e Skype su tutti) ha finito per servire un’esigenza diversa da quella della comunicazione one-to-one. Da strumento per un flusso video tra conoscenti è stata trasformata in un’arma di narcisismo di massa. Colpa di chi? Ma nostra, naturalmente, perché il primo ingegnere a metterci una fotocamera davanti al naso lo aveva fatto perché potessimo vedere la mamma lontana, non per farci ammirare dai follower mentre mettiamo la bocca a culo di gallina.
“Il selfie è il figlio di una tecnologia volta ad accelerare il nostro ego” dice Daniela Idi, responsabile marketing di Asus Mobile in Europa, “anche se le sue origini sono molto antiche e risalgono al 1839 quando Robert Cornelius, un chimico che aveva la passione per la fotografia, mise la macchina davanti a sé e scattò. Il primo vero selfie, tuttavia, è del 1920, quando 5 fotografi a New York presero in mano la macchina fotografica: era la prima volta che passava l’idea che fosse possibile fotografarsi tenendo il device in mano”.
Secondo Idi l’accostamento tra autoritratto e selfie fatto in una delle tracce dello scritto di maturità 2019 è inesatto. “C’è una differenza tra l’autoritratto, che è volto a cogliere lo stato d’animo e interpretarlo, e il selfie, che è una mera riproduzione del sé e del momento”.
Oggi che il selfie non è più un trend, ma un compagno di quotidianità, i big della tecnologia fanno a gara a fornire strumenti che non solo assecondino, ma stimolino la tendenza. Così la fotocamera frontale non basta più: serve qualcosa che solletichi l’ego e la strizzatina d’occhio meccanica arriva con la fotocamera pop-up e quella flip che mettono a disposizione della vanità obiettivi luminosi e potenti come quelli della fotocamera posteriore. Un giochino per narcisi, dite? Può darsi, ma che ha numeri da paura.
“Il trend dei selfie è in crescita del 17.000% anno su anno” dice Daniela Idi, “Tendiamo sempre di più a far vedere noi stessi e il nostro ego che a osservare la realtà. Si scattano tra i 120 milioni e i 300 milioni di selfie l’anno: numeri che non sono più un trend ma di un fenomeno che fa parte della nostra vita, sono un fenomeno sociale che rende l’Io più aperto alle relazioni con le persone, anche se con l’utilizzo dei software di correzione dell’immagine che la rendono ingannevole”.
“Abbiamo realizzato diverse ricerche sul consumatore, siamo andati ad analizzare le esigenze in Asia e in Europa (Svezia, Italia e Francia) non per esaminare l’uso che si fa dello smartphone, ma le aspettative. Abbiamo selezionato dei power user e che potessero dirci esattamente cosa si aspettavano e quello che è venuto fuori è la richiesta di uno smartphone con prestazioni importanti, soprattutto sul fronte dei selfie”.
Con un’esperienza lontana dalla tecnologia e cresciuta nel mondo del lusso in cui i codici di comunicazione e di creazione di valore di prodotto sono diversi, Idi si è trovata a gestire il lancio dell’Asus Zenfone 6, uno smartphone che ha fatto della flip camera da 48 megapixel il punto di forza. Una novità rispetto alla soluzione già adottata, ad esempio, da Oppo per il suo Reno e da OnePlus per il 7 (in entrambi i casi pop-up camera, ossia fotocamere a scomparsa ma con ottica alternativa a quella principale) ma la conferma di un trend, anche se in molti sono convinti che si tratti di una tecnologia transitoria in quanto non permette di avere la certificazione IP68 (quella che garantisce una certa impermeabilità e resistenza alla polvere dei device.
“Siamo partiti dalle esigenze del nostro consumatore e dagli elementi che avrebbe ricercato “ dice Idi, “e l’innovazione ha portato al fold e alla telecamera che scompare. Per noi la flip camera è un modo per tornare a quella innovazione che è nel nostro Dna e proporre qualcosa di diverso, senza fare compromessi con la qualità”.
E’ nato così lo Zenfone 6, uno smartphone di fascia media (va a un prezzo di partenza di 499 euro) che monta il processore Snapdragon 855 di Qualcomm e una batteria di 5.000 mAh. “Vedremo nei prossimi mesi che successo avrà il pop up” dice Idi, “siamo convinti che sarà ancora lungo, pur sapendo che l’industria in cui lavoriamo è particolarmente veloce. E’ un trend di diversificazione e credo che verrà cavalcato da altri”.
E tra gli altri, l’ultimo ad arrivare in termini di tempo, c’è Samsung, che ha lanciato il primo smartphone con una tripla fotocamera rotante. “Galaxy A80 è stato realizzato per l’era del Live in un mondo in cui i nativi digitali scattano foto, condividono e si connettono in tempo reale”, ha commentato DJ Koh, Presidente e CEO della Divisione IT & Mobile Communications di Samsung. A80 utilizza le stesse lenti frontali e posteriori ad alta risoluzione: 48MP per la fotocamera principale, obiettivo Ultra-grandangolare, con un campo visivo di 123 gradi e fotocamera di profondità 3D TOF.