Il 24 agosto 2016 alle ore 3,36 il Centro Italia è scosso da un terremoto di magnitudo 6.0 con epicentro nella città di Accumoli, in provincia di Rieti. Nella stessa giornata ne seguono altri 7 con magnitudo compresa tra 4.2 e 5.3; nei mesi successivi i sismografi registrano migliaia di scosse, dopo un anno sono 67 i terremoti con magnitudo almeno pari a 4.0 che colpiscono le stesse popolazioni.
Il Censis e AGI il 24 agosto 2017 hanno aperto un loro cantiere nel Cratere dei terremoti per provare a capire le difficoltà che le comunità colpite devono affrontare, per raccontare come procede la ricostruzione, per sollecitare i decisori pubblici a “accelerare e innovare”. Un cantiere che pone alcuni problemi di natura operativa e che presuppone alcune scelte metodologiche.
La prima scelta è la definizione dell’area geografica di riferimento; in secondo luogo la scelta dei dati che, volendo utilizzare fonti statistiche ufficiali con un grado di aggiornamento meno rapido dell’evolvere dei problemi da raccontare, non sempre permettono di comprendere le dinamiche in atto; in terzo luogo occorre decidere come ascoltare la voce delle popolazioni colpite, degli amministratori locali, delle imprese del territorio, dei testimoni più attenti garantendo di non inseguire “il fatto del giorno” ma di ragionare sul medio e sul lungo termine; infine serve decidere, volta per volta, quale sia il tema su cui avviare il ragionamento (la scuola, la sanità, il commercio, i servizi, le reti e le infrastrutture e così via).
L’approccio seguito dal Censis e da AGI è di ragionare sulla ricostruzione partendo non dall’avanzamento dei lavori o dalle cose fatte o non fatte, piuttosto su come interagiscono gli interventi tesi a ricostruire edifici, infrastrutture e servizi con i processi di sviluppo economico e sociale.
Nelle pagine successive vengono definiti i contorni del territorio di riferimento, che abbiamo chiamato “Appennino Centro Orientale”, nella convinzione che leggere i fenomeni sociali del solo Cratere rischierebbe di introdurre delle distorsioni. Sono poi presentate le prime tabelle estratte dalla banca dati appositamente costruita dal Censis per analizzare le dinamiche demografiche ed economiche del Cratere e delle zone omogenee limitrofe. Vengono riportati i dati del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (MIUR) per quanto riguarda le dinamiche del sistema scolastico.
- Nell’emergenza tiene il sistema scolastico
Con ordinanza del Commissario del Governo per la ricostruzione dell’11 luglio 2017 è stato approvato un programma straordinario di 231 milioni di euro per la riapertura delle scuole colpite dai terremoti, programma orientato a riparare, adeguare, ricostruire gli edifici scolastici danneggiati. Si tratta di un intervento prioritario sia per garantire la piena sicurezza dei ragazzi e delle ragazze nelle scuole pubbliche e private sia perché è proprio nella continuità scolastica che si misura la reazione alle ferite prodotte dal sisma.
Una domanda si pone allora in primo piano. Il terremoto ha ridotto in modo significativo la presenza degli alunni nelle scuole? C’è il rischio di una fuga dalle città colpite e di conseguenza di un reale infragilimento della struttura sociale?
Per rispondere in modo puntuale il Censis sta raccogliendo dati e informazioni che, al momento, sembrano andare verso una risposta negativa. L’azione delle famiglie e delle istituzioni sembra garantire una sostanziale tenuta della partecipazione scolastica.
Venendo ai numeri il Censis ha elaborato un dato, “grezzo” ma indicativo, che chiamiamo “tasso di autocontenimento” del sistema scolastico, ossia la differenza percentuale tra gli iscritti nell’anno corrente a tutti gli anni di corso escluso quello d’ingresso nel ciclo scolastico (primo anno) e gli iscritti nell’anno precedente a tutti gli anni di corso escluso quello conclusivo del ciclo scolastico (terzo o quinto anno).
In parole più semplici quanti sono gli studenti che effettivamente sono iscritti nelle scuole ogni 100 studenti attesi? Tenendo conto che alcuni arrivano dai cicli inferiori e altri escono alla fine del ciclo, considerando che chi ripete un anno negli anni centrali entra nel conto ma non chi è bocciato alla fine del percorso.
Si tratta di un dato “grezzo” perché non tiene conto di vari fenomeni. Ad esempio se la differenza è negativa, a livello nazionale, le cause possono essere diverse: gli abbandoni per passaggio ad altri percorsi formativi previsti dagli ordinamenti relativi al sistema educativo, per l’assolvimento del diritto/dovere all’istruzione, i percorsi di istruzione e formazione professionale (IEFP) o percorsi di apprendistato di I livello; trasferimento all’estero; vero e proprio abbandono del circuito educativo. A livello territoriale si aggiunge anche la possibile mobilità all’interno dei confini nazionali (trasferimento ad altri comuni/provincie/regioni non comprese nell’aggregato considerato).
L’indicatore esprime la permanenza o meno nelle istituzioni scolastiche in termini di numero di studenti effettivamente iscritti rispetto al numero di studenti la cui iscrizione era attesa e non si riferisce alla frequenza presso il medesimo edificio scolastico.
Nei comuni del Cratere molti edifici scolastici sono danneggiati e numerose scuole svolgono le attività educative in strutture provvisorie o sostitutive, qui i dati si riferiscono non all’edilizia scolastica ma alle iscrizioni alle scuole del territorio.
Se fissiamo l’attenzione sulla scuola statale l’analisi dei dati MIUR dimostra che nel passaggio tra l’anno scolastico 2015-2016 (prima del terremoto) e l’anno scolastico 2016-2017 (dopo il terremoto):
- il tasso di autocontenimento per l’anno scolastico 2016-2017dell’intero sistema scolastico statale è del 97,3% in Italia (27 studenti in meno ogni 1.000 attesi); del 96,7% nei comuni del Cratere; del 98,2% nei comuni dell’area vasta ai bordi del Cratere;
- il tasso di autocontenimento della scuola secondaria di I° grado è del 99,2% in Italia; del 98,4% nei comuni del Cratere; del 99,4% nei comuni dell’area vasta ai bordi del Cratere;
- il tasso di autocontenimento della scuola secondaria superiore è del 93,6% in Italia; del 94,8% nei comuni del Cratere; del 95,9% nei comuni dell’area vasta ai bordi del Cratere.
Dall’interpretazione dell’indicatore emerge che gli interventi condotti dalle Istituzioni nella fase dell’emergenza hanno messo in condizione il sistema scolastico di essere: uno snodo funzionale alla tenuta sociale delle aree colpite dai terremoti; di trattenere presso gli stessi Istituti e scuole un numero di studenti equivalenti a quanto riescono a fare in media le altre scuole italiane (tenuto conto che l’uscita dai percorsi formativi vede numeri diversi nelle diverse aree del Paese); che nei comuni limitrofi al Cratere si è messo in moto un meccanismo di ammortizzazione di alcune, limitate, uscite dalle scuole localizzate nelle aree colpite.
Se infatti nella scuola di primo grado la capacità media di contenimento nelle zone dei terremoti è di poco inferiore alla media nazionale (8 studenti in più ogni 1.000 rispetto al dato nazionale sono usciti dal perimetro scolastico del territorio) quella dell’area vasta è più ampia. Nella scuola superiore sia le scuole del Cratere che e scuole dell’area vasta fanno registrare un numero migliore della media nazionale.
Questi valori (che dovranno essere aggiornati e integrati con analisi sul campo) segnalano l’ottima conduzione nei momenti dell’emergenza e la messa in atto di iniziative necessarie alle azioni per lo sviluppo nei prossimi anni e, al tempo stesso, l’urgenza di un sostanziale aiuto alle scuole non solo come investimento nel recupero delle strutture scolastiche ma anche e, più in generale, come investimento sociale.
Non basta, infatti, la semplice “rimessa in piedi” dei servizi essenziali (scuola ma anche sanità o amministrazione pubblica) serve un ciclo di programmazione sistemica di più ampio respiro e di più lungo periodo.
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Il cratere del terremoto e il suo contesto
I Comuni del “Cratere sismico”, cioè quelli interessati dai terremoti, individuati con diverse ordinanze nei mesi successivi, sono 140 distribuiti su quattro regioni e 10 province: L'Aquila, Pescara e Teramo in Abruzzo; Rieti nel Lazio; nelle Marche: Ancona, Ascoli Piceno, Fermo e Macerata; Perugia e Terni in Umbria.
Di questi 140 comuni 106 sono “montani” e 34 "parzialmente montani" o "non montani" secondo la classificazione per grado di montanità prevista dalla legge n. 991/1952 e applicando criteri geomorfologici e di valore reddituale dei terreni.
Il territorio interessato e le determinanti del suo sviluppo interessano però un’area più vasta dei 140 comuni del Cratere elencati nelle ordinanze ufficiali. Un territorio che il Censis e la Fondazione Aristide Merloni studiano da alcuni mesi per capire quali siano le possibili regole di azione e quali le basi economiche e sociali sulle quali avviare la ricostruzione e lo sviluppo.
Una porzione dell’Italia posta al centro di quattro regioni e che non ha un suo nome proprio ma che per caratteristiche territoriali e socio-economiche chiamiamo Appennino Centro Orientale. I vertici settentrionali sono nell’Asse Perugia – Fabriano - Ancona e quelli meridionali nell’asse Rieti-L’Aquila-Teramo. Al bordo del Cratere vivono comunità e funzioni amministrative che complessivamente costituiscono quel che nel seguito è denominata “area vasta”.
Ai 140 comuni del Cratere si aggiungono così, a costituire il territorio dell‘Appennino Centro Orientale, altri 436 comuni dei quali 392 montani e 44 non montani o parzialmente montani per un totale di 576 comuni, nell’86,5% dei casi interamente classificati come montani.
La figura rappresenta in formato grafico la distribuzione di questi comuni. Nelle tabelle successive i dati sono riportati distinguendo tra Comuni del Cratere montani o meno e tra Comuni dell’area vasta, anch’essi distinti tra montani o non montani.
- Le dinamiche demografiche
Nell’Appennino Centro Orientale (cfr tab.1) risiedono al 1°gennaio 2017 oltre 2,2 milioni di persone di queste 580 mila persone nei Comuni del Cratere e 1,63 milioni di persone nell’area vasta limitrofa (complessivamente il 23% circa della popolazione complessivamente residente nelle 4 regioni interessate).
L’andamento demografico rispetto a 10 anni prima indica una leggera flessione (-0,7% in dieci anni) nella presenza demografica nel Cratere (più accentuata nei Comuni di montagna) e un incremento (+1,7%) nell’area vasta.
Dinamica demografica con una crescita inferiore alla media delle 4 Regioni (+8,1%) ma complessivamente coerente con la dinamica complessiva del Paese (+4,1%). Segnale questo che se il terremoto ha colpito duramente le popolazioni del Cratere non si è registrata una fuga dei residenti verso le aree costiere o verso le grandi città.
In parte questo dato può essere condizionato dal fatto che alcune persone, pur avendo mantenuto la residenza formale nelle aree dei terremoti, hanno in realtà spostato il proprio domicilio in altre città del Paese, come sembra suggerire il dato relativo alla media delle quattro regioni. Nei prossimi quaderni di monitoraggio verranno aggiornati e integrati i dati con delle analisi di campo per chiarire se e in che misura si sono venuti a determinare flussi in uscita rilevanti. I dati sulla capacità di contenimento del sistema scolastico indicano tuttavia che le dinamiche di ingresso/uscita della popolazione residente sono marginali e non di tipo strutturale.
Guardando invece alla struttura della popolazione residente in Appennino Centro Orientale occorre sottolineare (cfr tab.2) la deriva di medio-lungo periodo con un significativo gradino tra gli indici di dipendenza strutturale e di vecchiaia tra popolazione residente nei comuni del Cratere e popolazione residente nell’area vasta limitrofa.
Nei comuni del Cratere il rapporto percentuale tra popolazione di 65 anni e oltre di età e popolazione con non più di 14 anni (indice di vecchiaia) passa dal 190% del 2007 al 214% del 2017 (con un’accelerazione nei comuni montani); valori ben superiori a quelli registrati nell’area vasta limitrofa e nella media delle 4 regioni. Segno questo di una condizione strutturale difficile nell’invecchiamento medio della popolazione che se è un fenomeno di portata almeno nazionale le conseguenze dei terremoti rischiano di amplificare nell’Appenino Centro Orientale.
Invecchiamento determinato in buona misura dalla flessione della quota percentuale dei più giovani (0-14 anni) che se nei comuni del Cratere è del -6% (mentre nella media delle 4 regioni è in crescita del +6%) nel totale dell’area vasta è in linea con il dato nazionale. La quota delle 2 altre fasce di età è invece sostanzialmente allineata alla media nazionale e regionale, così come l’indice di dipendenza strutturale.
Lo sviluppo delle popolazioni del Cratere dei terremoti del 2016 non dovrà quindi solo agire sulla ricostruzione delle abitazioni e delle infrastrutture di rete e di servizio ma anche tentare un riequilibrio nei tassi fisiologici di ricambio demografico.
- Il sistema produttivo e l’assetto economico
Affrontando invece i temi della ripartenza delle attività produttive, vera e propria “seconda tappa” dopo la prima emergenza (necessaria a consolidare e a dare prospettiva a chi, ed è la maggioranza, ha deciso di restare e di rimettere in moto l’economia del territorio i dati (cfr tabb.3 e 4) indicano una condizione strutturale dell’economia produttiva nei comuni del Cratere e nell’area vasta limitrofa analoga alla media nazionale con un tasso di natalità e mortalità delle imprese allineata ai valori fisiologici.
La significativa vocazione agricola e di attrattività turistica dei comuni di montagna ed in special modo dei comuni del Cratere e un leggero sottodimensionamento rispetto alla media nazionale e delle 4 regioni coinvolte delle attività professionali e tecniche suggeriscono poi la necessità di un intervento sistemico teso a consolidare attraverso le attività professionali legate alla ricostruzione materiale quel patrimonio di conoscenze e di competenze di cui il territorio comunque dispone.
In questa direzione ad esempio i dati sembrano segnalare la opportunità di legare la cosiddetta “terza tappa” della ricostruzione dopo l’emergenza (le chiese, i musei, le strutture culturali in genere) a un intervento sulle competenze nelle costruzioni, nell’artigianato, nelle professioni tecniche di cui le aree coinvolte sono comunque dotate.
Su un fronte analogo si muove la lettura del sistema ricettivo (cfr. tab. 5)con una dotazione nella capacità ricettiva specie di quelli montani di significativa dimensione.
La variazione nei redditi (cfr. tab. 6) nelle aree del Cratere e nei comuni limitrofi, pur limitata per il momento ai dati riferiti a prima dei terremoti, conferma da un lato la forte dinamica di invecchiamento medio della popolazione e, dall’altro, la progressiva riduzione dei valori reali per ciascun contribuente con un calo nel quinquennio 2010-2015 di circa il 20%.
Nello stesso arco di tempo considerato se nella media delle 4 regioni il reddito medio per abitante diminuisce del -3,2% in termini reali nei comuni del Cratere e in particolare nei comuni di montagna questo cresce (per questi ultimi rispettivamente del 3,0% e del 4,3%), questo effetto dipende da un lato dall’aumento del numero dei contribuenti (in generale giovani con redditi inferiori alla media) e, dall’altro, dalle variazioni nella popolazione residente che cresce in dimensione nelle 4 regioni e diminuisce o è sostanzialmente stabile nell’Appenino Centro Orientale.
Le ultime tabelle riportano infine i dati delle sedi scolastiche e degli andamenti nel umero degli studenti iscritti, con una conferma delle dinamiche demografiche prima sottolineate.
- I numeri della scuola