Il tavolo su cui si gioca la partita tra Londra e Bruxelles su Brexit dovrebbe essere rivestito di un panno verde. Tra bluff e giocate al buio, rilanci e forzature azzardate, il negoziato tra Unione europea e Gran Bretagna in vista dell’addio del Regno Unito dalla Ue, è la metafora di una appassionante e a tratti drammatica partita a poker tra incalliti professionisti. Il match ha una data ufficiale di conclusione, ovvero il 30 marzo del 2019, quando formalmente i britannici saranno fuori dall’Europa. Ma in mezzo c’è una estenuante trattativa per preparare il terreno al divorzio e gestire il difficilissimo periodo della transizione.
Ed è proprio su tempi e modalità della ‘transition’ che la partita si trasforma in scontro e le giocate a rischio si sprecano. L’ultimo azzardo in ordine di tempo, è degli inglesi. Secondo diversi media europei che citano alti funzionari anonimi di Sua Maestà, la Gran Bretagna sarebbe intenzionata a non saldare i suoi debiti con l'Unione Europea dopo la Brexit se Bruxelles non darà garanzie sufficienti sul futuro accordo di libero scambio. La giocata non è del tutto inedita in realtà, ma decisamente da brivido. La spiegazione dell’azzardo fatto filtrare da Londra si spiega con la fragile posizione interna di Theresa May, che dovrebbe firmare il documento del divorzio senza avere nessuna certezza reale sul trattamento che l’ex ‘marito’ le riserverà una volta siglato l’addio. Una incertezza che Westminster non accetterebbe di buon grado, anzi forse non accetterebbe affatto e che dunque rischia di far naufragare l’accordo sugli scogli della Camera dei Comuni. Il primo ministro britannico insomma, ha bisogno di una garanzia per il dopo ed ecco quindi che dai palazzi di Whitehall filtra la minaccia dell’arma ‘fine di mondo’: senza un accordo preventivo la Gran Bretagna non sborserà nemmeno un cent nelle casse dell’Unione.
Una guerra di nervi
Il bluff sa di rilancio disperato e non sembra essere preso troppo in seria considerazione da Bruxelles, la cui posizione è netta: fino a quando Londra non sarà uscita dall’Unione non è possibile negoziare alcun accordo commerciale tra le parti. Insomma, la disputa è senza esclusione di colpi e sta perdendo anche i toni felpati del linguaggio diplomatico. La minaccia di Londra di non pagare, arriva dopo che la Commissione, in diverse occasioni, ha fatto filtrare una serie di indiscrezioni dal sapore assai punitivo per la parte inglese. Alla vigilia della ripresa del negoziato, ai primi di febbraio, è emerso che la Ue pretende che durante il periodo di transizione dopo la Brexit, il Regno Unito non possa prendere iniziative che vanno contro gli interessi dell'Unione Europea nell'ambito di tutte le organizzazioni internazionali di cui fa parte, dalle Nazioni Unite alla Nato. Secondo altre notizie pubblicate dal Financial Times negli stessi giorni, i 27 starebbero mettendo a punto una serie di sanzioni da comminare ai britannici se questi dovessero indebolire l’economia europea dopo la Brexit: in caso di concorrenza sleale da parte di Londra, recita un documento strategico all’esame della Ue, Bruxelles potrebbe includere il regno Unito nella sua black list fiscale o decidere sanzioni contro le imprese inglesi che ricevono aiuti dal governo.
Nella logorante guerra di nervi, Londra è in posizione di debolezza e ha molto più da perdere che da guadagnare da un irrigidimento delle posizioni, mentre il banco resta saldamente da questo lato della Manica. Così, dopo la minaccia dei giorni scorsi, oggi Londra prova un mezzo passo indietro per prendere tempo con un altro rilancio, questa volta meno estremo. La richiesta inglese, si apprende nelle ultimissime ore da fonti britanniche a Bruxelles, è che il periodo di transizione post Brexit debba essere ‘aperto’, ovvero possa durare ‘indefinitamente’, o almeno fino a quando non saranno messi a punto ‘nuovi sistemi di relazioni tra regno Unito e Ue’. Per ora la Ue non commenta, ma la mossa rischia di inasprire lo scontro interno alla politica inglese, con i fautori della ‘hard Brexit’ che chiedono una separazione netta da Bruxelles subito dopo marzo dell’anno prossimo. Una uscita ‘dura’ che si fa spazio anche nelle fila ‘euroscettiche’ del Labour: in una lettera aperta alla May, firmata anche da una sessantina di parlamentari conservatori, i laburisti filo-Brexit chiedono che Londra abbia piena autonomia nel negoziare i nuovi accordi commerciali extra-Ue anche nel periodo della transizione, liberandosi così dai vincoli di Bruxelles. Insomma, i giocatori sono al tavolo, la partita è nel vivo e le parti sono pronte di nuovo a spolverare il panno verde. Il match continua.