L’ultimo spot della Huawei, la casa cinese produttrice di smartphone ormai riconosciuta in tutto il mondo, è l’ennesima dimostrazione del fatto che uno degli imperativi per i brand dei nostri giorni è prendere posizione. Lo ha fatto Nike con Colin Kaepernick e prima ancora, in Italia, Netflix in occasione del gay pride a Milano. E non sono i soli.
Un ragazzino intento ad andare in bici si ferma in un bosco, attirato dal rumore di qualcosa che si muove nell’erba alta. Trova un animaletto mai visto prima, molto carino e simpatico, e decide di fotografarlo con il suo Huawei. Di colpo si trova a fantasticare sul futuro che lo aspetterà dopo la condivisione sui social: fama, successo, views… fino a quando l’animaletto non sarà ridotto a una mera attrazione da circo, imprigionato in una gabbia alla mercé dei visitatori. A questo punto il ragazzo torna in sé e decide di eliminare la foto, lasciando al piccolo extraterrestre la possibilità di continuare a vivere la sua vita tranquillamente. A completare il messaggio lanciato dal brand, una tagline semplice quanto incisiva: “It’s in your hand”, è nelle tue mani.
Il prodotto scompare i colosso cinese punta all'empatia
Pur non essendo il primo spot del genere (ci ricordiamo, sempre in Italia, di un espediente narrativo simile targato Wind), quello della Huawei è senza dubbio un caso particolare che merita più di una riflessione. Partendo dalla scelta delle immagini, in grado di stuzzicare gli immaginari di due generazioni diverse (quella cresciuta con E.T. e quella che ha visto Lilo & Stitch, di cui sono evidenti i riferimenti), si può notare come nel concepire questo commercial si sia cercato in tutti i modi di creare un forte legame di empatia con il pubblico prima di lanciare il messaggio.
Il prodotto, di fatto, scompare. Anzi, per un secondo rischia addirittura di diventare lo strumento distruttivo della storia, quello che porta all’esasperazione della condivisione, salvo poi riassumere una dimensione neutrale, dando la possibilità al protagonista di eliminare la fotografia appena scattata ed evitare, così, un finale tragico.
In questo modo arriviamo alla negazione del prodotto, in netto contrasto con le strategie adottate da Apple e Samsung che invece nei loro commercial glorificano le diverse funzionalità dei loro smartphone. Addirittura, la parte che viene messa in discussione è, per assurdo, proprio il “plus” della nuova gamma di prodotti Huawei: il comparto fotografico. Quasi a dire “Sì, fa delle belle foto, ma non è questo il punto”. Esatto, perché “il punto” sei tu. It’s in your hands.
Il piccolo "gnu gnu" per riflettere sull'uso dei social
Che cosa? Dipende. Magari il futuro, tuo e delle persone che ami, di ciò a cui tieni. Sei tu a fare la differenza, scegliendo quale utilizzo fare delle tecnologie di cui disponi, compiendo piccole scelte che risultano essere decisive alla fine della partita. La responsabilità sociale, diffusa, è un tema importante nel mondo contemporaneo. È il continuo bivio tra il fare qualcosa con leggerezza, traendone un effimero beneficio, oppure l’assumersi le proprie responsabilità rinunciando a qualcosa, che sia una comodità o la gratificazione della tanto agognata (ahinoi) visibilità. In questo senso, Huawei sembra indicarci la via, prendendo una posizione. Una metafora applicabile a tematiche ambientali (il problema della dispersione della plastica, per esempio) o animalistiche, quindi sposabile da una certa fetta di pubblico.
O, forse, ad essere nelle tue mani è la qualità della tua stessa vita. In questo senso, lo spot potrebbe guardare anche a chi, come sempre più spesso accade, si sente distante dalle dinamiche strettamente legate ai social e alle logiche di “condivisione compulsiva”. Una sorta di esortazione alla disconnessione in favore di una vita fatta di ricordi e non solo di post su Instagram, di momenti vissuti e non per forza condivisi con i contatti di Facebook. Di un tempo scandito non dal ritmo del mercato, ma da quello delle nostre emozioni.
A prescindere dal punto di vista, pare chiaro che Huawei abbia deciso di rivolgersi a un target preciso e non al mare magnum dato dall’audience generalista. Come spiega Paolo Iabichino nel suo Scripta Volant, oggi le aziende non possono piacere a tutti, quindi devono compiere una decisione e scegliere a chi rivolgersi. Huawei lo ha fatto a modo suo, andando a toccare la sfera emotiva di un target sensibile, creando empatia per poi veicolare il suo messaggio e, infine, schierarsi. A costo di mettere da parte il proprio prodotto e una certa fetta del suo pubblico. Perché, ormai è assodato, le persone non comprano soltanto i prodotti, ma sempre di più ciò che comprano è l’idea dell’azienda e ciò che lei rappresenta per loro. Good job Huawei.