La scelta del font, per chi lavora a braccetto con i brand, è uno dei passaggi più delicati e importanti all’interno di una più ampia strategia di marketing. Parliamo di quell’inglesismo che è entrato a far parte del nostro parlare comune e che il dizionario definisce come “serie completa di caratteri dello stesso tipo, distinti per stile e corpo”. Per i più indecisi, qualche anno fa, venne persino creato un tool per aiutare i creativi a scegliere quello più adatto per le proprie esigenze, confrontando numerose possibilità espressive. Si chiamava Font Comparer e, a dirla tutta, è ancora piuttosto attivo e usato.
Le storie di (alcuni) font
Se vi chiedessimo di scavare nella memoria per nominare alcuni dei font più noti non fareste alcuna fatica a elencare, ad esempio, il Bodoni, l’Helvetica, il Comic Sans, il Times New Roman o il Gotham. Sareste forse più in difficoltà nel rispondere alla domanda “ma perché si chiamano così?”. In pochi, esclusi forse quelli che lavorano nel settore, saprebbero collegare il primo di questa lista a Giambattista Bodoni, stampatore e tipografo italiano che visse nel diciottesimo secolo e fu autore di uno dei capisaldi della letteratura di settore (il Manuale Tipografico).
Il Bodoni, di fatto, è il primo carattere moderno, elegante e con le aste ben definite, frutto di scelte ponderate da parte del suo ideatore. L’Helvetica, invece, fece la sua comparsa nel 1957 ad opera della fonderia svizzera Haas di Münchenstein e fu ribattezzato in questo modo per sottolineare la sua provenienza geografica. Svizzero, al 100%, più del cioccolato o del groviera. Oggi è talmente diffuso che qualcuno lo ha usato pure per realizzare un film. Poi c’è il Comic Sans, relegato in fondo alle scelte di tutti i professionisti, che fu coniato nel 1994 da Vincent Connare per conto di Microsoft. E se voi siete accodati nella scia di coloro che hanno deciso di bistrattarlo ricordatevi che fu usato anche dal CERN di Ginevra nelle slide che raccontavano la scoperta, fondamentale, del Bosone di Higgs.
Il 2008, invece, fu l’anno d’oro del Gotham. E no, non per qualcosa che poteva riguardare Batman o affini. Il motivo è puramente politico. Parliamo di YES WE CAN o HOPE, ovvero le frasi che accompagnavano l’ascesa di Barack Obama alla Casa Bianca. Ma c’è anche il Gill Sans, che prende il nome da un incisore che si chiamava Eric Gill, e che comparve nel 1928 per dare un tocco di originalità all’insegna di una libreria a Bristol. Tutte storie che potete trovare in un libro di Simon Garfiled dal titolo, tradotto, molto azzeccato: “Sei proprio il mio Typo”.
Il font dei “Brand”
Se parliamo di grandi aziende, però, dobbiamo fare un altro discorso. Quasi tutte, infatti, non si accontentano di usare un font disponibile al pubblico ma optano per lo sviluppo interno di caratteri tipografici personalizzati per dare sostegno alla propria Brand Identity. Insomma, se il logo è la firma, il font è la grafia con il quale essa si presenta. In alcuni casi il risultato è talmente efficace che oggi identifichiamo quella determinata realtà proprio per queste due componenti. L’impatto visivo è tale che lo studio creativo americano Hello Velocity ha deciso di creare “il Font dei Font”, un alfabeto, lettera dopo lettera, creato da queste singole originalità. Dalla G di Google alla W di Wordpress, dalla A di Amazon alla T di Tesla, dalla F di Facebook alla N di Netflix. Tutto lavorando non solo sui singoli caratteri ma anche sulle associazioni, sui collegamenti e sulle relazioni tra le varie lettere. Il nome? Brand New Roman.
Secondo Lukas Bentel, il direttore creativo di Hello Velocity, si tratta di un modo per sperimentare nuove forme espressive e, allo stesso tempo, raccontare della forza che questi brand hanno nel panorama digitale: “Ci è sembrato un buon momento per prendere un po’ in giro quello che sta succedendo nel mondo del capitalismo e i suoi protagonisti. I brand sono onnipresenti e affamati di continue attenzioni. Lavorando a questo progetto ci ha colpito soprattutto il fatto che quando smontiamo o decontestualizziamo questi marchi, la loro connotazione può apparire in modi sempre più affascinanti”. Un’operazione sicuramente riuscita.