Nelle ultime settimane c'è stato un gran parlare del possibile investimento da parte di un produttore automobilistico cinese in FCA (Fiat-Chrysler per i meno abituati alle sigle). Non è chiaro se si tratterà di un'acquisizione del pacchetto di controllo del gruppo FCA o di alcuni brand soltanto o di una "combinazione" attraverso una fusione con possibilità di controllo paritetico. Anche perché tutti i gruppi chiamati in causa hanno smentito la notizia.
Tuttavia, il precedente dell’acquisizione di Volvo da parte di Geely nel 2013 dimostra che esiste un interesse concreto da parte dei produttori cinesi per ampliare la loro offerta di prodotti e penetrare mercati esteri dove i marchi cinesi hanno meno possibilità di affermarsi.
Dobbiamo temere questo interesse? Io direi di no, anche perché un'acquisizione da parte di un gruppo cinese potrebbe portare anche vantaggi a FCA, come successo nel caso Volvo che dopo anni di sofferenze negli ultimi due anni ha aumentato fatturato e utili.
Certo, se l’operazione dal punto di vista finanziario e di mercato avrà senso saranno i soci di controllo FCA a deciderlo. Quello che invece dobbiamo chiederci è se da un punto di vista strettamente legale, posto che si trovi accordo con i soci, l’operazione sarebbe fattibile.
La Fiat Chrysler Automobiles N.V. è società di diritto olandese con sede fiscale nel Regno Unito, e controlla una serie di società in Italia e USA. Da un punto di vista strettamente regolamentare, non vi sarebbero autorizzazioni governative particolari richieste nel caso una società cinese decidesse di acquistare la maggioranza del capitale, tranne quelle richieste dal governo cinese stesso per l’acquirente. L’acquisizione probabilmente comporterebbe il lancio di un OPA sui mercati azionari dove FCA è quotata, con varie complicazioni, e potrebbe essere soggetta a divieto se certe soglie antitrust fossero raggiunte (peraltro molto improbabile date le quote bassissime cinesi nel mercato mondiale e quelle anche molto basse di FCA in Cina), ma è un’analisi che andrà fatta. Resta sempre il rischio che il governo americano decida di giocare la carta dello CFIUS, il Committee on Foreign Investment che è deputato ad esaminare ed autorizzare acquisizioni straniere in settori strategici USA e che può vietarle ove vi siano questioni di “sicurezza nazionale”. Sebbene il concetto possa essere interpretato estensivamente e da qualche anno lo CFIUS abbia agito in maniera più attenta nel valutare acquisizioni di aziende americane in vari settori dall’energia ai porti all’alta tecnologia, sarebbe difficile argomentare che le linee di produzione della Jeep o della RAM siano legate alla sicurezza nazionale.
Insomma, da un punto di vista strettamente regolamentare, a parte qualche possibile difficoltà di natura più “politica” che altro in USA, sembra che un’ipotetica acquisizione potrebbe andare avanti.
Tutto ok? Direi di no. Il problema è che, sulla base dell'attuale legislazione cinese, FCA non potrebbe mai comprare né Geely, né Great Wall Motors o altro produttore cinese. Al massimo potrebbe prendere una quota del 50% che non offre alcun diritto di controllo della società. E questo è solo il primo ostacolo: il secondo sarebbe la presenza di un sistema autorizzativo cinese che riguarda tutti gli investimenti esteri, con poche eccezioni, e che comprende valutazioni anche sulla “sicurezza economica nazionale” , concetto espresso in maniera molto ampia.
Anzi, considerato che la legge cinese consente solo la formazione di joint ventures (quindi progetti greenfield) per la produzione di automobili, con socio straniero al 50% massimo, non è nemmeno certo che un’acquisizione di una quota del 50% in un operatore esistente verrebbe consentita, come osservato di recente anche nel Position Paper della EU-China Chamber of Commerce. L'ultimo "Catalogo" per gli investimenti esteri del luglio di quest'anno non ha cambiato molto la situazione, in quanto ha fatto solo timide aperture sulla produzione di alcuni sistemi per autovetture (e non delle autovetture stesse).
La notizia dell'interesse cinese in FCA ha portato a varie reazioni, alcune direi abbastanza fuori luogo, se è vero che Italia Germania e Francia hanno scritto alla UE per chiedere di "difendere" l'Europa dalle acquisizioni cinesi. Posto che sarebbe benvenuto un coordinamento a livello europeo nella definizione di quali industrie siano veramente "strategiche" e adozione quindi di un sistema di valutazione di investimenti da extra UE (ripeto, da extra UE) in queste industrie, simile appunto allo CFIUS, se c'è una battaglia vera da fare per quanto riguarda gli investimenti cinesi in Europa è quella di garantire equo accesso reciproco al mercato.
Nel settore automobilistico c'è un ovvio sbilanciamento che è ben più importante della natura “strategica” o meno (sulla quale nutro qualche dubbio) dell’industria in questione. Ed a questo va posto rimedio.