di Alessandra Spalletta
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Roma, 12 nov. - Di Mo Yan, "lo scrittore che non parla", è stato detto già molto. La giuria di Stoccolma ha premiato la sua prosa "lussureggiante" capace, "attraverso una mescolanza di fantasia e realtà, prospettive storiche e sociali», di dare vita a «un mondo che, nella sua complessità, rimanda a quella delle opere di William Faulkner e Gabriel García Márquez, ma allo stesso tempo scaturisce dall'antica letteratura cinese e dalla tradizione orale". Chi è Mo Yan secondo Rosa Lombardi, la traduttrice di "Sorgo Rosso" (Einaudi)?
Mo Yan è stato paragonato a Gabriel García Márquez. Tuttavia quando ha iniziato a scrivere Sorgo Rosso, aveva letto soltanto "Cent'anni di solitudine" ma non lo aveva terminato. Molti lo hanno definito il "Marquez cinese" perché s'ispira alla grande tradizione letteraria della Cina, che è quella dei romanzi classici (da "I briganti" a Pu Songling). Il legame con l'opera di Pu Songling, per esempio, è anche di natura geografica: il racconto è ambientato nello Shandong. La tradizione cinese incorona i romanzieri come grandi scrittori: Mo Yan scrive romanzi epici, saghe dove c'è molta storia recente, e la storia è uno dei temi molto amati dai lettori cinesi. Una storia che attraverso la scrittura, Mo Yan fa rivivere in maniera diversa, allontanandosi dalla storiografia ufficiale, celebrativa delle gesta. Non dimentichiamo che Mo Yan è anche vice presidente dell'Associazione degli scrittori cinesi, un ruolo che lo pone in stretta connessione con l'establishment. A mio avviso, però, questa carica è stata troppo strumentalizzata dalla stampa internazionale. Fino a vent'anni fa in Cina per scrivere si doveva far parte del sistema: entrare a far parte dell'Associazione degli scrittori era una necessità. Questo non toglie nessun merito a Mo Yan che resta un grande scrittore, dotato, prolifico e dalla vena creativa inesauribile.
Mo Yan sostiene di scrivere a penna…
Scrive a penna e di getto: Mo è stato capace di completare libri di 500-600 pagine in tre mesi.
Quanto temo ha impiegato per scrivere "Sorgo Rosso"?
Anche Sorgo Rosso è stato concepito in un tempo relativamente breve. Non posso ricordarlo con esattezza perché in Cina è uscito in 5 volumi separati che solo in un secondo momento sono stati riuniti in un unico volume. Solo "La Rana", secondo la critica, ha avuto una gestazione di dieci anni. Quest'ultimo romanzo, che ho da poco iniziato a leggere, è un'opera in cui mi sembra che l'autore faccia particolarmente attenzione tanto allo stile che alla scrittura. Questo giudizio non intende in alcun modo sminuire le altre opere. Secondo me Mo Yan è uno scrittore che va oltre i limiti di quel 'realismo di tipo verista' degli anni '80, superando in modo evidente il realismo socialista. Ecco perché è uno scrittore che piace anche all'estero: pur restando profondamente cinese, quello che dice è universale.
Mo Yan è un autore che piace al governo cinese perché "flirta" con le autorità: critica il sistema senza attaccarlo. E' poi un autore che piace alla gente perché dai suoi racconti emerge il ritratto di una Cina autentica. Qual è la chiave del successo di Mo Yan, sia in Cina che all'estero?
La chiave del successo di Mo Yan è nel modo in cui riesce a descriverci la Cina. Per fare qualche esempio: Qiu Xiaolong, autore di gialli che scrive in inglese, ha avuto un grande successo ed è stato tradotto in 16 lingue. Perché? Perché ha fatto conoscere la Cina. Spesso quello che a noi arriva dalla Cina - vuoi per la scelta delle opere, vuoi per la difficoltà di traduzione dal cinese - non ci aiuta a capire o ad avvicinarci a questo Paese. Mo Yan è uno scrittore che non parla solo di Cina: nel raccontare il suo paese, tocca temi universali: ad esempio il dramma dell'uomo e il futuro dell'umanità. Questa sua caratteristica lo ha reso famoso e stimato nel suo Paese e all'estero. E' una figura molto autorevole: paradossalmente, lo "scrittore che non parla", quando lo fa tutti stanno ad ascoltarlo.
Poco dopo aver ricevuto la notizia del premio conferitogli dagli accademici di Stoccolma, raggiunto al telefono dal Quotidiano del Popolo nella sua casa a Gaomi (provincia dello Shandong), Mo Yan ha esultato dicendosi "molto contento" pur riconoscendo che c'erano molti altri "scrittori cinesi eccellenti" che lo avrebbero meritato. Perché è stato premiato proprio Mo Yan?
Sicuramente perché è tra gli scrittori più tradotti in tutto il mondo. Anche altri scrittori come Yu Hua e Su Tong sono stati tradotti in diverse lingue, non hanno però raggiunto la notorietà di Mo Yan. Mo Yan scrive grandi romanzi e affronta temi universali, inoltre ha il dono della scrittura.
Mo Yan è uno scrittore al quale però non vengono risparmiate le critiche, in patria, proprio per le sue posizioni ritenute "allineate" al regime: è vicepresidente dell'Associazione degli scrittori e fino a dieci anni fa era arruolato nell'Esercito. Qualcuno gli rimprovera l'iscrizione al Partito comunista. Ai Weiwei lo ha criticato, definendo il nobel una "scelta sbagliata". Per riparare Mo Yan ha spezzato una lancia in favore della liberazione di Liu Xiaobo. Questo Nobel alla Cina è stato considerato "riparatore", e ha placato la cosiddetta "sindrome da Nobel" di Pechino (il primo cinese a vincere un premio Nobel senza essere né in carcere, né in esilio).
Il giorno in cui Stoccolma ha insignito Mo Yan del Nobel per la letteratura, tutte le trasmissioni televisive sono state interrotte dall'annuncio della CCTV (la televisione nazionale) dell'assegnazione del prestigioso premio a uno scrittore cinese. La 'sindrome da Nobel' era veritiera. Una sindrome che nasce soprattutto dopo l'assegnazione del premio Nobel a Gao Xingjian nel 2000 e nel 2010 al dissidente il Nobel per la Pace a Liu Xiaobo. Gao è un autore che in Cina è pressoché sconosciuto, reso celebre nel mondo dal Nobel: uno scrittore espatriato in Francia nell'89 (dopo i fatti di piazza Tian'anmen), la cui produzione precedente non aveva richiamato l'attenzione della critica.
Assegnare il Nobel a un cinese equivale in Cina ad assegnarlo all'intero paese. In altre parole, in un paese come la Cina, il Nobel è un riconoscimento ufficiale di tutti i progressi compiuti negli ultimi anni - dall'economia alla cultura. Pensiamo alla strategia degli Istituti Confucio nel mondo, una strategia che incarna la spinta dare il giusto riconoscimento internazionale all'influenza culturale del Drago.
Vorrei inoltre ricordare che quest'anno il premio Newman per la letteratura cinese è stato assegnato a uno scrittore taiwanese, Yang Mu. Alla fiera di Francoforte, sempre quest'anno, Liao Yiwu ha vinto un altro prestigioso premio. Liao Yiwu è un dissidente: un premio, quindi, che ha compensato il Nobel a Mo Yan. Mo Yan ha un profilo diverso sia da Yang Mu – che è taiwanese – sia da Liao Yiwu – che è inviso al partito.
Per quanto riguarda le critiche a Mo Yan, la strumentalizzazione da parte dell'Occidente è innegabile, persino scontata. C'è però da dire che tutti riconoscono a Mo Yan, la qualità del grande scrittore. Lo stesso Mo ha ribadito: quello che voglio fare è continuare a scrivere, e che qualcuno di voi mi attribuisca posizioni politiche, non è cosa che m'interessa. Mo Yan vuole fare lo scrittore: nel '97 ha lasciato l'esercito che gli dava da vivere e da quel momento in poi ha voluto solo scrivere. Adesso scrive a tempo pieno e vuole continuare a farlo.
Il Nobel cambierà Mo Yan? "Continuero' a fare del mio meglio, e usero' il mio tempo per creare sempre nuove opere", ha assicurato.
Secondo me dopo il Nobel Mo Yan continuerà per la sua strada. Bisogna vedere se la sua voce in Cina si estinguerà oppure se continuerà a pubblicare altri romanzi. Negli ultimi 25 anni, però, la sua vena creativa non ha mai dato prova di esaurirsi…
Mo Yan è noto soprattutto come l'autore di "Sorgo Rosso", un romanzo che racconta la storia della Cina dalla cruenta invasione giapponese fino agli inizi della Rivoluzione culturale. La "foga visionaria" conquistò il regista Zhang Yimou che lo trasformò nell'omonimo film vincitore dell'Orso d'oro al Festival di Berlino del 1988. Come si fa a tradurre la foga visionaria di "Sorgo Rosso" in italiano?
Quando si traduce un romanzo, a volte capita che l'autore piaccia al traduttore al punto che quest'ultimo entra nel suo mondo. Certo, l'entrare nel mondo di Mo Yan, non è stata un'impresa facile. Il suo linguaggio è estremamente complesso
Quali sono le caratteristiche del linguaggio narrativo di Mo Yan?
Le sue frasi sono ricche, piene di metafore, riferimenti, immagini. Le sue opere sono caratterizzate da una ricchezza di aggettivi, onomatopee - espedienti che rendono viva l'immagine. Mo Yan ha inoltre una particolare capacità di usare diversi registri con grande maestria. In "Sorgo rosso" troviamo una solennità di impianto, e di lingua, in alcuni passi descrittivi, a tratti lirici, mentre invece le parti dialogate risultano più prosaiche, dirette. La traduzione è un'attività che pone il traduttore in un confronto diretto con la lingua: bisogna pensare continuamente, entrare in nel mondo dell'autore.
Quanto tempo ci ha messo per tradurlo?
Un anno lavorando a tempo pieno.
In pratica ci ha messo più tempo lei a tradurlo che l'autore a scriverlo.
Un anno, inframmezzato con diverse stesure e ripensamenti. I passaggi particolarmente violenti e crudi obbligavano a fermarsi. Posso quindi dire di aver vissuto un anno con Mo Yan: lo sognavo di notte, per poi di giorno tornare all'esperienza diretta della traduzione.
Sappiamo che ha incontrato il Nobel diverse volte negli anni passati. Com'è Mo Yan di persona?
E' una persona riservata, taciturna, discreta, però quando parla tutti lo stanno a sentire. Non è una persona che ama parlare molto. Mo ha un carattere schivo e chiuso.
In genere gli scrittori si portano dentro una ferita che li spinge a scrivere. Secondo lei qual è la ferita di Mo Yan?
Non sono sicura che nel caso di Mo Yan sia giusto parlare di ferita. Alcune persone cominciano a scrivere perché sono dotate, non necessariamente per una piaga che non si è ancora cicatrizzata. Forse questo poteva valere per la "Letteratura delle cicatrici", o per gli scrittori appartenenti alla letteratura post rivoluzione culturale. Ma nella recente fase della storia cinese – dagli anni '80 in poi – non so quanto sia appropriato riferirsi alle ferite. Inoltre in Cina la scrittura ha un valore particolare essendo stata sempre al centro della cultura. Per i cinesi scrivere ha un significato profondo. La cultura cinese è ossessionata dalla lingua, dalla scrittura logografica, dalla cultura umanistica.
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