Milano, 28 mag.- Ha un'aria scanzonata, una pettinatura che non passa inosservata, il gusto per la provocazione e una tendenza a non rispondere alle domande. Almeno non nel modo che ti aspetti. Eppure «non c'è una domanda che vorrei mi si chiedesse – assicura – perché non c'è qualcosa di cui voglio necessariamente parlare».
Zhu Wen, lo scrittore che "ama i dollari", come dice il titolo del racconto che lo ha reso celebre nel 1994 ("Wo ai meiyuan", pubblicato da Metropoli d'Asia nel 2010 nella raccolta "Dollari, la mia passione"), è arrivato in Italia per presentare il suo terzo film al festival "Incroci di civiltà" a Venezia e per incontrare i suoi lettori a Milano, ospite dell'Istituto Confucio dell'Università degli Studi di Milano. Sei libri alle spalle (tra cui racconti, poesie e il romanzo Cos'è amore, cos'è spazzatura) e due film premiati rispettivamente al festival del cinema di Venezia (2001) e di Berlino (2004), Zhu Wen, 43 anni, è da sempre un artista controverso in Cina. Fin da quando, alla fine degli anni Novanta, fu tra i promotori del movimento di "rottura" (duanlie), che da Nanchino tentò di dare voce al malcontento degli scrittori nei confronti dell'establishment letterario cinese e di spingere le nuove generazioni alla ricerca dell'originalità. Lui lo ha fatto: mentre gli altri scrivevano del passato raccontando i disastri della Rivoluzione culturale o dipingendo scene corali della vita nelle campagne, Zhu Wen decide di occuparsi del presente e delle città, della Cina che cambia e delle contraddizioni che questi mutamenti hanno generato. Dell'individualismo, del cinismo, della mancanza di valori che, a suo parere, ormai caratterizzano la società cinese in transizione. Temi dirompenti, dieci anni fa. E ancora attualissimi.
Zhu Wen, visti i temi che tratta e i toni che usa, ha mai avuto problemi con la censura?
Ogni cosa che ho scritto è stata ritoccata prima di essere pubblicata. L'economia cinese è cresciuta, molti scrittori dicono che la Cina oggi è migliorata, ma secondo me non ci si esprime ancora liberamente. Il problema è che la censura è nella testa delle persone. E, se ti censuri da solo, non serve che ti censuri qualcun altro. Invece io, nei dieci anni in cui ho scritto, ho sempre avuto problemi.
Come è considerato in Cina?
In Cina sono noto come un giovane rivoluzionario a cui piace andare contro la tradizione. Ma questo è un errore: io amo la tradizione, il punto se mai è di quale tradizione parliamo. Nell'ultimo secolo la nostra cultura tradizionale è stata molto danneggiata. L'eccellenza di migliaia di anni è andata perduta. Da giovanissimo mi sentivo un ribelle, ma oggi riconosco che quella ribellione era il risultato di una educazione mancata.
Qual è il problema più grande della Cina di oggi?
Non c'è speranza, perché non c'è tradizione. La Rivoluzione culturale ha rappresentato una violenta cesura tra la nostra tradizione e il nostro presente. La Cina di oggi non conosce la propria cultura. Questo secondo me è molto pericoloso.
Quali elementi della tradizione andrebbero recuperati?
È una domanda molto difficile, non sono sicuro di essere in grado di rispondere. La cultura tradizionale cinese si basa su tre elementi: Confucio, il taoismo e il buddismo. Quando ero giovane, trovavo Confucio antipaticissimo, perché diceva cose inutili: "ama i tuoi genitori", "rispetta i tuoi fratelli". C'era bisogno di lui per ricordarsi di queste cose?, pensavo. Poi, a poco a poco, ho capito che un uomo, per diventare tale, deve relazionarsi con gli altri e con la società. Solo su questa base può esistere la libertà. Prima credevo che la libertà fosse una capacità Ora ho capito che la libertà è difficile da sostenere. Il pensiero di Confucio può aiutarci a progredire, a migliorare la nostra società, a stimolare una riflessione. Il taoismo invece è come una medicina, è il pensiero a cui ti rivolgi quando sei malato. Il buddismo è il supermercato dove puoi comprare la tua quota di spiritualità. Così la pensa la maggior parte dei cinesi.
Qual è il più grande successo registrato dalla Cina di oggi?
I soldi.
Ama i dollari?
Quando ho pubblicato questo racconto ed è stato censurato, questa espressione è diventata una frase pericolosa, è stata molto criticata. La mia intenzione tuttavia era meramente satirica. A distanza di dieci anni, però, mi accorgo che questa frase è diventata lo slogan del governo cinese. Che posso dire? Ero all'avanguardia.
Come ha cominciato a scrivere? E perché e come è passato al cinema?
Ho cominciato a scrivere in modo molto naturale. Come l'erba che spunta dopo un acquazzone: il caos ha alimentato la mia scrittura, per me si è trattato di un moto spontaneo. Dopo aver scritto sei libri, ho pensato: "È sufficiente". Volevo fare qualcosa di diverso, qualcosa di nuovo. Così ho cominciato a fare film. Non scrivo una riga da dieci anni. Conosco molti autori che hanno scritto per dieci anni, ma nessuno che non abbia scritto per dieci anni. Comunque, la letteratura per me rimane speciale. È il mio primo amore, risale all'adolescenza. Nonostante io abbia cominciato a fare cinema, per me è come se il mio rapporto con la letteratura non fosse mai finito. Come una storia d'amore che non finisce, anche dopo che ci si è lasciati.
Perché ha lasciato il suo lavoro di ingegnere in una centrale termoelettrica?
Nel 1994 ho dato le dimissioni dalla fabbrica in cui lavoravo. Era una fabbrica molto ricca perché si occupava di elettricità, le entrate erano molto stabili. Facevo il tipo di vita che i miei genitori avevano voluto per me. I miei mi avevano mandato a studiare Ingegneria per paura. Pensavano che se avessi studiato Lettere avrei potuto diffondere ideologie "pericolose". In quella fabbrica i benefit erano ottimi. Un giorno offrirono la casa gratis a tutti i dipendenti sposati, e allora tutti si sposarono. In seguito offrirono una casa più grande a tutte le coppie con figli, e allora tutti si misero a fare figli. Capii che non potevo più lavorare in un posto del genere. Dissi ai miei superiori: non voglio più lavorare, voglio scrivere poesie.
Come ha fatto a mantenersi, da quando ha lasciato il posto fisso?
Subito dopo aver rassegnato le dimissioni mi ritrovai a dover gestire la pressione economica, perché non avevo un soldo. Se un mese non mi arrivava il compenso per quello che avevo scritto, mi preoccupavo molto. I soldi servono. Tuttavia, anche se non sono diventato ricco, oggi non mi angoscio più. Mi sono abituato. Si può vivere anche senza soldi, se non si pretende di avere tutto. La felicità è comunque da ricercare, con o senza soldi.
Si ritiene uno scrittore impegnato?
Quando scrivo sono molto rilassato, non ho degli obiettivi particolari. Il racconto "Wo ai meiyuan" l'ho scritto in tre giorni. Però penso che la letteratura può servire a cambiare la realtà, a influenzare la società. È come l'acqua che scorre: può scorrere in superficie, ma anche filtrare molto in profondità. Ecco, la letteratura può essere interpretata in modo molto semplice o molto profondo. Scrivere soltanto come forma di intrattenimento sarebbe una cosa dappoco. Lo scrittore più bravo è quello immerso nella vita sociale. Deve assumersi la responsabilità di questo ruolo: attraverso il suo punto di vista può contribuire a migliorare la società. Certo poi si scrive anche per guadagnare. Noi scrittori ci arrabbiamo tantissimo se non veniamo pagati.
Perché nei suoi racconti e nei suoi film il sesso è così presente?
Noi veniamo da decenni di chiusura, in cui è mancata completamente l'attenzione ai sentimenti. A me il sesso interessa molto perché attraverso il sesso si possono osservare molti aspetti della società. E poi, quando ho cominciato a scrivere, negli anni Novanta, parlare di sesso voleva anche dire sfidare i confini.
Riprendendo il titolo del suo romanzo, ci dica: cos'è amore, e cos'è spazzatura?
Non posso rispondere. Ho scelto questo titolo per il mio romanzo perché è una domanda a cui non so rispondere. Parla di due estremi, come il bianco e il nero. Sono opposti, ma si mescolano anche tra di loro.
Quanto c'è di biografico nei suoi racconti e personaggi?
Poco. Non racconto storie autobiografiche. Ovviamente, però, quando scrivi condensi le tue esperienze di vita, i tuoi sentimenti. Ma non è che, se scrivi di teppisti, sei un teppista pure tu. La critica cinese ancora non l'ha capito.
di Emma Lupano
Emma Lupano, sinologa e giornalista, cura per AgiChina24 una rassegna stampa bisettimanale volta a cogliere pareri autorevoli di opinionisti cinesi in merito a temi che si ritengono di particolare interesse per i nostri lettori
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