Le strade di Kinshasa sono un via vai continuo di Nodki. Strade che sprigionano effluivi nauseabondi. Si cammina tra una fogna e l'altra a cielo aperto. Eppure gli Nodki, i "piccoli stregoni" si trovano a loro agio. Si creano una dimora, segnano il territorio, tutto loro. Poi via, per le strade un poco più ricche dove trovare di che vivere, di che arrivare a sera, togliendosi di dosso l'infamia di essere degli stregoni infanti.
Ed è tra queste vie che ho incontrato Edet. Un ragazzino che non ha paura di nulla, ma con un senso di colpa tremendo, per me incomprensibile e insopportabile: "Il più grande male che ho commesso nella mia vita è di essere nato dalla mia madre biologica, al posto di essere nato dalla mia matrigna". Quelli come lui li chiamano enfants sorciers, bambini stregoni, e sono le nuove vittime della miseria, della follia superstiziosa che distrugge la loro infanzia.
Quella di Edet è stata distrutta. È stato etichettato come malvagio, stregone, demone, lucifero, infernale. Chissà se ha capito, a 13 anni, cosa gli stava succedendo intorno. Suo padre gli diceva solamente: "sopporta". Cosa doveva sopportare? "Tutti i miei fratellastri - racconta - e sorellastre andavano ogni giorno a scuola, io dovevo restare a casa a sbrigare le faccende domestiche. La mia colazione, che era un decimo della parte che prendevano gli altri, mi veniva data solo dopo aver portato a termine tutti gli otto o dieci compiti che mi erano stati affidati al mattino e che io non riuscivo a finire prima della 4 del pomeriggio".
E poi ha detto basta. Nella sua mente doveva trovare una soluzione, fuggire dalla schiavitù a cui era costretto, senza colpa. L'unica colpa era essere figlio di sua madre, non della nuova compagna di suo padre. Infatti, Edet, è andato a cercare rifugio in strada. "Là i capi del gruppo e gli altri ragazzini mi hanno sottoposto ad un 'battesimo' esemplare".
Botte, ritorsioni, compiti infami da compiere. "Malgrado tutto, ho preferito la sofferenza in strada, che la sofferenza a casa mia. Intemperie e retate sono state le mie compagne di tutti i giorni. Con il tempo mi sono abituato, ho iniziato a mendicare e a rubare per sopravvivere". Ha trovato la sua casa. Un antro, un angolo angusto, ma protetto dai soprusi della matrigna. I soprusi della strada, quando li conosci, te ne fai una ragione, li affronti. Divieni padrone del tuo territorio e della tua vita.
Gli Nodki li trovi un po' ovunque in Africa, in particolare in Benin, Repubblica democratica del Congo, Angola e Nigeria. Gli adulti, gli stessi loro genitori, li accusano di causare morti, malattie, incidenti e, spesso, gli stessi bambini se ne convincono e si sentono colpevoli. Ma la loro unica colpa è trovarsi vicini alle disgrazie di tutti i giorni.
La stregoneria, tuttavia, è una scusa. Non è un caso che questi bambini provengano da famiglie povere, ai margini della società, e che il loro numero per le strade delle metropoli africani aumenti con l'acuirsi della crisi socio-economica in cui vivono. E all'ora per le loro colpe "malvagie", presunte, mai dimostrate, vengono allontanati dalla famiglia. Una bocca da sfamare in meno.
Ma quali sono le loro colpe? Magia nera, malocchio. E gli episodi che dimostrerebbero malvagità o poteri magici sono spesso banali:
- attacchi epilettici,
- non riuscire a trattenere l’urina,
- essere albini,
- irrequietezza.
Tutti fattori che fanno dire alla famiglia che quel bambino o quella bambina sono stregoni o streghe. E ciò che fa ancora più orrore è l’intervento delle “chiese del risveglio”, che propongono alle famiglie di liberare il loro figlio dal “diavolo”, dopo un lauto compenso in denaro. E le famiglie, quelle che possono, pagano e cadono in miseria. Chiese che trovano terreno fertile proprio nelle periferie più povere delle megalopoli africane.
Chiese che praticano l’esorcismo in diverse forme: si va dalla semplice seduta di preghiere all’immersione nell’acqua benedetta, dal praticare sacri tagli al petto del bambino al legarlo a un ceppo circondato di paglia e appiccare il fuoco per cacciare il demonio. I profeti-pastori delle “chiese del risveglio” sono convinti di poter curare i posseduti. Molto spesso i bambini e le bambine vengono ospitati dagli stessi “religiosi” che li sottopongono a crudeli pratiche per eliminare il maligno: vengono ripetutamente picchiati, lasciati senza cibo e acqua.
Vengono costretti a ingoiare vari oggetti, pozioni o dei pesci vivi per provocare il vomito ed eliminare così lo spirito malvagio o, come viene detto dai religiosi tradizionali locali “vomitare il diavolo”. Ecco anche perché per Edet la strada può diventare un rifugio sicuro. Altri sono più fortunati e trovano accoglienza grazie al lavoro di missionari e organizzazioni non governative. Come Suor Natalina, che 17 anni fa ha aperto una casa di accoglienza per le bambine streghe, Ek’Abana, sostenuta dalla ong Movimento lotta fame nel mondo, nella città di Bukavu nella regione del Sud Kivu della Repubblica democratica del Congo.
Non è stato facile far accettare alla comunità locale l’idea che quelle piccole streghe, proprio perché streghe e quindi cacciate di casa, venissero accolte e venisse offerto loro di tornare a una vita normale, fatta di scuole, affetti e il necessario per vivere. Alcune di loro, Marveille e Neema, saranno protagoniste di un serial storytelling che racconta i diritti negati della bambine africane. Per le bambine accolte a Ek’Abana, la vita è tornata, quasi, alla normalità. Per Edet rimane solo la strada, le strade della capitale Kinshasa dove le file degli Ndoki si ingrossano inesorabilmente, ma che per lui sono diventate la normalità.