Boko Haram è vivo e vegeto più che mai, anche se le forze messe in campo dal governo nigeriano, dalla coalizione di paesi che lo combattono, tendono a minimizzare la sua forza. Il presidente della Nigeria, Muhammadu Buhari, il giorno del suo insediamento (maggio 2015) aveva promesso una vittoria rapida sui terroristi. Ma a distanza di due anni dalla sua elezione, poco o nulla è stato fatto. L’intervento dell’esercito, della polizia e delle forze speciali non è riuscito ad annientare il pericolo: a quattordici anni dalla sua nascita, Boko Haram è tutt’altro che sconfitta, anzi è andata consolidandosi, nonostante l’offensiva militare del presidente Buhari sia riuscita a ridimensionare, in parte, il suo territorio. Non a caso la stampa internazionale è tenuta, “prudenzialmente”, alla larga dalle aeree del Paese dove agisce Boko Haram.
Da movimento insurrezionale, Boko Haram è diventata una formazione terroristica capace di mettere in campo una grande versatilità con veri e propri attacchi militari, quando può sferrarli, e capace di ripiegare su attentati kamikaze quando è necessario. Attacchi kamikaze tra i più odiosi che si possano pensare, proprio perché utilizza minori, spesso bambine che vengono mandate in mezzo alla gente nei mercati e fatte saltare in aria a distanza. Il rapporto Unicef, a tal proposito, spiega che è triplicato il numero di bambini rapiti da Boko Haram per compiere questi attentati. Nei primi tre mesi di quest’anno sono stati 27, tra bambini e bambine rapiti, rispetto ai 9 dello steso periodo dell’anno scorso. Dal 2014 ad oggi sono stati utilizzati 117 bambini per farli saltare in aria in luoghi pubblici in Nigeria, Ciad, Niger e Camerun.
Ma come nasce? Come si sviluppa? Chi finanzia Boko Haram? A queste domande cerca di rispondere Raffaele Masto, giornalista di Radiopopolare, con il suo saggio "Califfato nero", edito da Laterza. Un libro che analizza la nascita del gruppo jihadista africano, che ne individua le connessioni interne all'Africa e quelle internazionali. L'accreditamento di Boko Haram con l'Isis. Ma Masto spiega, raccontando i suoi viaggi e le persone che ha incontrato, come Boko Haram è potuto nascere proprio in Nigeria e in un momento nel quale il paese sembrava a una svolta: il 1999 con l'elezione a presidente del gigante africano di Olusegun Obasanjo, un uomo del Sud, di religione cristiana. Un fatto epocale ma "questo si sarebbe rivelato - come scrive Masto - al tempo stesso uno dei principali avvenimenti che avrebbe creato le condizioni per la nascita di Boko Haram".
L'obiettivo, dunque, del terrorismo jihadista in Africa è quello di istituire un califfato nel continente sull'esempio di quanto fatto in Siria e in Iraq. E proprio Boko Haram è una tra le formazioni protagoniste di questa avanzata, forse la più sanguinaria, ma che è parte di un fenomeno globale di cui fanno parte anche i somali di al-Shabaab, collegati con il terrorismo di al Qaeda, e le formazioni del Maghreb responsabili degli attacchi terroristici in Mali e Burkina Faso. Nel saggio si risponde, inoltre, a una domanda cruciale: "Ma perché proprio oggi questi eventi drammatici stanno squassando aree che mai prima erano state toccate dall'intolleranza confessionale e dall'odio religioso?". Scrive ancora Masto: "La storia e l'analisi delle fonti di finanziamento e di reclutamento dimostrano che l'Africa è uno scenario aperto nel quale si giocano i prossimi equilibri geostrategici del pianeta".
Se guardiamo al Corno d'Africa, e ai movimenti terroristici, in particolare al Shabaab, vediamo che - anche per la vicinanza geografica - per gli stati della penisola arabica il terrorismo "jihadista è come minimo un evento utile, perché crea le condizioni per un'integrazione commerciale ed economica di cui Emirati del Golfo, Arabia Saudita e Kuwait hanno estremo bisogno". Boko Haram, almeno al suo inizio, è "il prodotto della necessità di alcuni gruppi di potere interni alla Nigeria e allo stesso tempo di una storia che ha sempre visto nelle regioni del Nord movimenti e formazioni che si richiamavano all'ottocentesco Califfato di Sokoto e una più rigorosa osservanza dell'Islam", anche se tutto ciò non è più sufficiente per il leader del gruppo terrorista Abubakar Shekau, da qui la volontà di Boko Haram di giurare fedeltà al Califfo dell'Isis, Abu Bakr al-Baghdadi. Questo anche perché, spiega sempre Masto, l’estrema povertà della società è alla base di un’atra differenza tra Boko Haram e lo Stato Islamico di al-Baghdadi. “Il fatto che Boko Haram sia meno sofisticata nell’organizzazione sociale – rileva l’autore del “Callifato nero” – e nel rispetto dei dettami religiosi non è solo una scelta, ma anche una conseguenza delle condizioni di partenza e del contesto depresso e abbandonato. Le testimonianze dirette di chi ha avuto a che fare con i suoi miliziani sono più eloquenti: si tratta di giovani pressoché analfabeti senza istruzione, quasi sempre con storie difficili di violenza o di abbandono alle spalle”. Dunque un saggio da leggere per conoscere il nemico che l'occidente vuole combattere e sconfiggere.