Perché non c’è nessun bisogno del decreto Pillon? Non perché non affermi un principio giusto in sé, cioè l’ovvietà che entrambi i genitori sono ugualmente importanti. Ma perché le leggi attuali, se correttamente applicate alla luce degli orientamenti giurisprudenziali già esistenti, bastano eccome a garantire quel principio. Riaffermato proprio ora dalla Cassazione.
La Suprema Corte è tornata con forza sul principio di bigenitorialità, giungendo al superamento del criterio della maternal preference: non basta un incontro tra padre e figlio ogni 15 giorni durante il fine settimana, perché i figli hanno il diritto a frequentare il genitore con cui non vivono prevalentemente anche nel corso della settimana (ordinanza 9764 dell’8 aprile 2019).
E infatti, non c’è niente di più intenso e indissolubile del rapporto tra un genitore e un figlio. Chi è madre o padre lo sa bene.
Per questo, quando una coppia si separa, i figli hanno il diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori. Il che non si traduce in un’esatta parità dei tempi di frequentazione, dal sapore vagamente kafkiano, ma nel reciproco diritto di ciascun genitore e dei figli a essere presente nelle rispettive vite (Cassazione, ordinanza 31902 del 10.12.2018).
Non è una novità, questa. Lo afferma già da molti anni la legge (codice civile, art. 337-ter). Ma nella pratica questa norma viene a volte disattesa. Per tale ragione ai Giudici tocca talora intervenire per riaffermarne l’importanza.
Qualche esempio particolarmente interessante.
Nel 2013 l’Italia venne condannata dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo per non avere predisposto un sistema adeguato a tutelare il diritto inviolabile del genitore - quasi sempre il padre separato - di mantenere un rapporto significativo col figlio (CEDU, sez. II, sentenza del 29.1.2013, Affaire Lombardo c/ Italia). Lezione che rese ancor più attenti tutti gli operatori del settore – giudici, avvocati, consulenti tecnici, mediatori e servizi sociali – a garantire l’applicazione effettiva del principio di bigenitorialità.
Nel 2015 il Tribunale di Milano confermò l’affidamento condiviso dei figli minori anche in caso di infedeltà coniugale. Quando viene meno la relazione di coppia tra i due coniugi non deve quindi decadere la capacità genitoriale del coniuge infedele - marito o moglie che sia - poiché le due cose sono e devono rimanere separate (ordinanza 9.7.2015, Giudice Buffone).
Altra pronuncia interessante, in materia diversa ma ‘affine’, sulla responsabilità genitoriale. A gennaio 2019 il Tribunale per i Minorenni di Caltanisetta ha stabilito che un padre detenuto, condannato alla pena accessoria della sospensione della responsabilità genitoriale, non deve decadere automaticamente dalla responsabilità genitoriale salvo che ciò sia contrario all’interesse del minore, perché il figlio ha diritto a mantenere rapporti significativi e continuativi con ciascuno dei genitori anche nel caso in cui uno di essi si trovi in carcere (decreto 15-19 gennaio 2019). Pronuncia che riposa sui princìpi dell’art. 315-bis del codice civile, ma anche sulla base della Carta dei Diritti fondamentali dell’Unione europea (art. 24) e della Convenzione di New York sui diritti del fanciullo del 1989 (art. 9).
Insomma, le leggi attuali sono già di per sé ampiamente garantiste, senza necessità di ulteriori dibattiti parlamentari. Basta solo applicarle.