(AGI) - CdV, 25 apr. - "Poiche' dappertutto mi chiamano SantoPadre, come se questo fosse il mio primo titolo, ebbene, devo evoglio esserlo per davvero'". Sono parole del "Giornaledell'anima" di Papa Giovanni, ricordate dal pronipote Marcoalla vigilia della canonizzazione. "Cosa significasse davveroper Angelo Giuseppe Roncalli essere santo - sottolinea Marco -lo spiego' lui stesso nel dicembre 1907: 'Sapersi annientarecostantemente, distruggendo dentro e intorno a se' cio' in cuialtri cercherebbero argomento di lode innanzi al mondo mantenerviva nel proprio petto la fiamma di un amore purissimo versoDio, al di sopra dei languidi amori della terra; dare tutto,sacrificarsi per il bene dei propri fratelli nell'umiliazione,nella carita''". "A queste regole Papa Giovanni si e' attenutoper tutta la sua vita", racconta il pronipote Marco Roncalli,storico e giornalista, autore di importanti volumi su GiovanniXXIII, l'ultimo dei quali "Papa Giovanni, il santo", inun'intervista al settimanale "A Sua Immagine", promosso dallacei in collaborazioen con la Rai, Marco Roncalli ripercorretutta la sua parabola umana e spirituale, rilevando che "unodei fili rossi che l' attraversa e' l' anelito alla santita'". Papa Roncalli, assicura il nipote, "ebbe un programmapreciso: farsi santo. Gia' il 20 marzo 1898 sul Giornaledell'Anima, il suo diario, leggiamo: "Mi sarei creduto di doveressere un santo a quest'ora, invece sono ancora un miserabilecome prima. Di qui io devo profondamente umiliarmi". E il 9agosto dello stesso anno: "Devo procurare di raggiungere quelpunto a cui sono giunti i santi". "Sento di essere meschino emiserabile, ma mi dura il proposito di volermi santificare adogni costo, con calma, con pazienza, con assoluto abbandono inGesu'", annoto' invece dopo il ritiro coi cappuccini a Sofianel settembre 1933. E l'anno prima, in luglio, durante ilritiro con i passionisti a Roustchouk scriveva: 'Capir bene chenoi vescovi e religiosi siamo tenuti alla santita''. E ancora,in Turchia, il 21 luglio 1937: 'Quale dovere per me disantificarmi seriamente!. E nella lettera al vescovo di BergamoPiazzi, arriva a dire: 'Poco importa che il nuovo Papa siabergamasco o non bergamasco. Le comuni preghiere debbonoottenere che sia un uomo di governo saggio e mite, che sia unsanto e un santificatore. Eccellenza ella mi comprende...'. Una volta si confido' con i fedeli: '...tutte le volte chericorre verso di me questo appellativo: Santita', BeatissimoPadre, oh! sapeste come cio' mi confonde. Ah! miei figlioli,pregate il Signore perche' mi conceda questa grazia dellasantita' che mi si attribuisce. Poiche' altro e' il dire o ilcredersi, e altro e' l'essere santo'. Anche nel Giornaledell'anima meditando un giorno sull'elogio tributato dal'Breviario Romano' a Sant'Eugenio Papa (dove si legge 'fubenevolo, mite e mansueto e, cio' che piu' conta, fu distintoper santita' di vita'), appunto' la frase 'non sarebbe belloarrivare almeno sin la'?'". (AGI).