Roma - Il successo può essere deprimente. Parola di Arturo Brachetti che, ospite di Agi per il forum 'Viva l'Italia', racconta quarant'anni in scena tra trucchi, trasformismo e scenografie 'miracolose'.
"Il successo mi deprime" dice al direttore Riccardo Luna, "arrivi in cima alla montagna, pianti la bandierina e quando la festa è finita cominci a chiederti cosa farai dopo. Ho rigirato la domanda a uno psicologo e lui, come un saggio delle favole, mi ha dato la soluzione: cercare una montagna più alta su cui salire".
Cinquanta minuti travolgenti, tra battute, mimica formidabile e 'pillole' di saggezza lasciate cadere con la leggerezza che contraddistingue da sempre questo performer che, alle soglie dei sessant'anni, si sente "un Peter Pan sabaudo". "La mia educazione torinese mi ha aiutato a coniugare creatività e organizzazione: un mix indispensabile per il tipo di spettacolo che porto in scena" dice.
Arturo Brachetti è l’uomo dei record. Il Guinness lo annovera come il più veloce trasformista al mondo e da pochi giorni è tornato in scena con ‘SOLO’, il nuovo one man show in cui apre le porte della propria casa, fatta di ricordi e di fantasie. Protagonisti dello spettacolo, integralmente nuovo, sono i 50 personaggi che porta in scena.
Una vita interamente dedicata al varietà, da quando incontrò Macario al collegio dei salesiani dove studiava, fino alla celebrità planetaria che lo ha portato ad avere una statua in ben quattro musei delle cere. "E' stato un prete, Don Mantelli, a insegnarmi i giochi di prestigio" racconta, "da piccolo, quando mi chiedevano cosa volessi fare, rispondevo: il Papa o il regista. I miei sapevano cosa faceva il Papa, ma non avevano ben chiaro cosa facesse un regista". E' chiaro quale sia stata alla fne la sua scelta, ma il legame con la religione rimane profondo. "La base della Chiesa è ancora fortissima" dice, "anche se man mano che si sale nella gerarchia mi sento sempre meno a mio agio. Ma questo Papa mi piace perchè è tornato al Vangelo".
Da Fregoli, cui è spesso stato accostato ("come paragonare una Ferrari di oggi a una Bugatti di allora" scherza, "all'epoca lui era un fenomeno, ma le tecnologie che aveva a disposizione erano primitive rispetto alle mie") ai tanti che oggi cercano di imitarlo, Brachetti ripercorre la storia del varietà dai tempi del Colosseo all'avanspettacolo del dopoguerra e rivela che fu proprio Macario a consigliargli di debuttare in Francia dove il genere "non era trattato come una cosa da sfigati".
Oggi per costruire uno spettacolo come 'SOLO' vengono realizzati costumi che costano da mille a cinquemila euro e impiegate tra le 50 e le 60 persone, tra cui i ragazzi del politecnico di Torino, ma stando sempre attento che lo show non diventi "così ipertecnologico da perdere la poesia". "Gestire le emozioni in uno spettacolo di varietà è difficile" dice, "è tutto disegnato sulle nuvole e c'è sempre il rischio che si avverta che è finto. Bisogna avere un mondo dentro si sè, altrimenti ci si limita a indossare i panni di un altro. Questo non significa che vivo sulle nuvole: mi fa molta tristezza vedere che noi italiani siamo seduti su un tesoro di cui non ci importa. Facciamo finta di avere la Silicon Valley quando abbiamo Michelangelo e Leonardo nel Dna. Il problema di questo Paese è che non c'è la gente giusta al posto giusto, quindi chapeau a Renzi che si è dimesso senza ignorare il messaggio che gli era arrivato. Ha fatto una cosa da norvegese, non da italiano".
E in chiusura il consueto "Viva l'Italia" dell'ospite del forum Agi: "Viva l'italia perché siamo il Paese più inventivo, stravagante e artistico. L'Italia è considerata nel mondo un gioiello e qui è tenuta nel letame".