AGI - Nei numeri c’è tutto o quasi. Jannik Sinner: quattro palle break trasformate su 26 opportunità. Stefanos Tsitsipas: 24 prime palle in campo su 26 nel quinto e decisivo set. Oppure anche: sei minuti e mezzo di toilet break: quelli (troppi, come al solito) di cui Stefano Tsitsipas ha usufruito prima di iniziare il quarto set.
L’ultimo è un numero che ormai fa parte della mitologia del greco; negli altri c’è il codice che aiuta a comprendere la sconfitta (6-4 6-4 3-6 4-6 6-3) patita da Sinner per mano di Tsitsipas negli ottavi dell’Australian Open.
Tutta un’altra partita rispetto a quella di un anno fra quando l’azzurro in Australia si arrese al greco in tre sole partite scivolate via in modo piuttosto rapido. Stavolta invece con Vagnozzi e Cahill nel box al posto di Piatti (il coach storico congedato proprio dopo quel match deludente) Jannik dopo essere andato sotto di due set a zero, ha fatto vedere una splendida reazione che tra drop shot e vincenti ha approfittato di un calo di gambe e di testa del greco.
Ma Stefanos è più giocatore di Sinner (ha anche tre anni più di lui) e nel quinto ha saputo a sua volta approfittare da vero combattente (“Ho lasciato che il braccio restasse morbido” ha spiegato dopo il match) della inevitabile fase di appagamento dell’italiano, tornando ad avere un atteggiamento aggressivo che lo ha portato a conquistare set e partita senza soffrire.
Le sole quattro palle break trasformate da Sinner su 26 opportunità dicono che Jannik non ha ancora quella statura da top player che è necessarie per vincere match come questo: o come quello contro Alcaraz a New York o contro Djokovic a Wimbledon dell’anno scorso.
Il killer instinct gli fa difetto o perlomeno non è ancora così letale come sarebbe necessario. Per contro la percentuale delle prime palle di servizio messe in campo da Tsitsipas nel secondo set dice invece che il greco dispone della giusta di killer instinct per potersi proporre come uno dei favoriti per vincere l’Australian Open.
Sinner chiude la sua esperienza australiana comunque con la consapevolezza di aver compiuto alcuni sostanziali passi avanti rispetto all’anno scorso. Il servizio, undici aces, è più efficace anche se molto ci si deve ancora lavorare; la palla corta è diventata un’arma consapevole e bene eseguita; le discese a rete non sono più un tabù. Manca ancora un passo per non perdere più partite del genere. E Jannik lo compirà presto, c’è da esserne certi.