AGI - Le questioni sono quelle di sempre, eterne e, considerando gli infiniti fattori, forse irrisolvibili: chi è stata la tennista più forte di tutti i tempi? E quella che maggiormente ha inciso sulla curva della storia? E restando nella contemporaneità: Serena Williams, che alla vigilia dei suoi 41 anni ha detto addio al tennis con l’ultimo match agli Us Open, passerà alla storia come la più vincente e come colei che ha cambiato i connotati dello sport in cui si è cimentata e della società in cui quello lo sport è andato in scena nell’ultimo ventennio?
Va da sé che tentare di rispondere è un gioco: ma visto che il gioco è da sempre roba molto seria vale la pena di provarci. Serena ha sì vinto 23 titoli dello Slam, è stata numero uno del mondo per 319 settimane, di cui 186 consecutive, ha incassato di soli premi 95 milioni di dollari e il suo patrimonio, ora che la carriera si è conclusa, è quantificabile in 250 milioni di dollari. Numeri che Margareth Court Smith, l’australiana nata quarant’anni prima di lei e che di titoli Slam ne ha conquistati ben 24, non ha mai visto nemmeno col telescopio. Ma l’elemento finanziario della sua straordinaria carriera è sufficiente a determinarla come la più forte e la più influente di tutti i tempi?
Certo passeranno ere geologiche prima che qualcuna possa avvicinare i numeri di Serena. Ma quali numeri fenomenali compensano, ad esempio, il fatto di non avere mai centrato né il Grande né il Golden Slam (i quattro majors più l’oro olimpico)? Difficile a dirsi. Di certo la ragazzina afroamericana che mosse i primi passi grazie al padre Richard nella suburbia californiana ha trasformato il pensiero del tennis femminile, sganciandolo forse per sempre dai canoni estetici in cui si era mosso per oltre un secolo, grazie ad un fisicità nuova. Il corpo di Serena è grosso, nero, potente, esibito con outfit volutamente mai sobri, e diventa simbolo da imitare per tutte quelle donne che hanno sempre considerato un fisico così un limite più che un pregio.
È stata Serena più forte e più influente di Suzanne Lenglen, la Divina che prese per mano il tennis femminile e lo fece diventare un fenomeno di massa? In tanti hanno sottolineato che a Flushing Meadows, per il match di Serena che si sarebbe rivelato l’ultimo della sua carriera, contro l’ex signora Berrettini Alja Tomljanovic, fossero presenti sull’Arthur Ashe Stadium quasi 30.000 persone osannanti: ma non va dimenticato che nel lontano 1926 al Carlton Club di Cannes, per seguire il match del secolo fra la Lenglen (8 titoli Slam vinti in carriera) e Helen Wills (19 titoli Slam) di persone ce n’erano 6000 ufficiali, in un’epoca in cui l’impiantistica sportiva, specie quella dei circoli di tennis, non era certo quella di oggi; ma con altre centina se non migliaia di persone appollaiate sugli Eucalipti del circolo, sul tetto della Club house, sui balconi delle ville circostanti. Tutti per vedere quella donna che giocava con l’aggressività e la spregiudicatezza di un maschio e che, come era costume ai tempi, a fine set non disdegnava un goccetto di cognac.
Altri tempi, altri personaggi: se c’è stata una vera rivoluzionaria nel tennis femminile è stata certo Billie Jean King: è grazie alla potenza d’animo e di trattativa di BJK che Serena ha potuto incassare quanto sopra: una donna capace in un colpo solo di vincere 12 titoli Slam, di elevare il tennis femminile al ruolo di fenomeno globale, di sdoganare l’omosessualità e, già che c’era, di sfidare un maschio ex top player, Bobby Riggs, e di umiliarlo in campo.
Martina Navratilova, di certo la più talentuosa e spettacolare fra le ragazze che hanno giocato a tennis su questo pianeta, a sedici anni ebbe la forza di rompere con il suo Paese natale, la Cecoslovacchia, per concedersi una nuova vita in un Paese libero. E Steffi Graf? Lei che ha conquistato sia il Grande sia il Golden Slam, ha conquistato 22 titoli dello Slam trasformando quello che tra i fondamentali del tennis è considerato il più debole o attaccabile, il rovescio slice, in un’arma letale mai vista prima nella storia.
Serena in più ha potuto godere del fatto di avere nella sorella Venus un’alter ego con cui ha creato uno show continuo, itinerante, un doppio simbolo vincente in cui il mondo afroamericano si è specchiato. E’ stata di certo la più forte e la più vincente della sua epoca: e ha perfettamente assimilato lo spirito dei tempi per ergersi a manager totale (i suoi guadagni ora sono investiti in oltre 60 società), una veste ben lontana dai ruoli di madrina di beneficenza che, con accenti diversi, indossano oggi la Court o la Graf.
Ma la sua è una reggenza che ha potuto godere dell’amplificazione dei media: un privilegio che la Lenglen, anche se a vedere il suo match con la Wills c’erano decine e decine di inviati da giornali di tutto il mondo, manco avrebbe potuto sognare. Chissà quando arriverà qualcuna capace come Serena di vincere e diventare simbolo di un’epoca; ciò di cui possiamo essere certi che e che non sappiamo quando, ma arriverà. E torneremo a porci la stessa domanda: è lei la più forte di tutti i tempi? Ma poi… Siamo davvero sicuri che l’addio sia davvero definitivo e che Serena non ci ripensi?