AGI - La storia dà torto e dà ragione, sicuro. Ma ci sono delle occasioni in cui quella stessa Storia con la “S” maiuscola si diverte a disegnare il futuro. Quella di ieri a Wimbledon è stata una di quelle rare e imperdibili occasioni.
Prima ha assunto i volti di Roger Federer e di una ventina di vincitrici e vincitori dei Championships che si sono radunati sul Centrale per festeggiare i cento anni dello stadio tennistico più famoso al mondo; e dopo ha fatto in modo che, su quello stesso campo, si affrontassero negli ottavi i due che daranno vita alla prossima rivalità regina del tennis: Jannik Sinner e Carlos Alcaraz.
Emettendo una prima sentenza: la distanza fra i due, che fino a qualche mese fa appariva netta a favore dello spagnolo, si è annullata. Ha vinto Jannik, stavolta (6-1 6-4 6-7 6-3): ma la corsa cui i due danno vita per decidere chi raggiungerà per primo la vetta della classifica mondiale è appena iniziata.
E poi: chi avrebbe potuto dirlo? Sinner, che prima del match di primo turno contro Wawrinka non ne aveva mai vinto uno sull’erba in un torneo del circuito maggiore, ha mostrato di avere perfettamente imparato come si gioca sulla superficie regina.
Quasi come Berrettini, fermato dal Covid e al quale Sinner si è sostituito alla grande come dispensatore di emozioni a Wimbledon. Contro Alcaraz il suo impatto sulla pallina è avvenuto per almeno due ore e mezza di match così davanti al corpo e con il corpo stesso così proteso in un atteggiamento aggressivo e per nulla conservativo da far pensare che sull’erba si sia allenato per mesi: fatto che naturalmente non è avvenuto.
Dimenticate le anche che scricchiolano, le piaghe al piede e i contagi da vari virus, Jannik ha sfoderato una capacità mentale di comandare un avversario (campione a sua volta del costruire sul comando le sue fortune) che qualcuno aveva iniziato a pensare non avrebbe mai raggiunto.
Perso il terzo set con un tie break ad altissimo tasso di spettacolarità Jannik non ha battuto ciglio, ha ripreso a martellare Carlos con i piedi ben piantati in campo, guadagnando la rete appena possibile (un solo errore grossolano in quella che è la sua “zona d’Achille”). E nemmeno i cinque matchpoint non trasformati hanno scalfito la sua consapevolezza di essere superiore.
E non si parli di super meriti di Darren Cahill, il super coach che è appena entrato nel suo team: la forza mentale palesata dall'azzurro è il frutto di un lavoro iniziato quando era bambino. Quando ha interiorizzato qella capacità di scivolare sulla neve che ora incredibilmente, ha adottato anche sull’erba.
Il martello del dio Thor, si sa, può essere sollevato solo da chi, a parte il padrone, ne é degno. Idem per la Spada nella Roccia dei Cavalieri della Tavola Rotonda e del Mago Merlino.
Che l’erba di Wimbledon si sia comportata nello stesso modo concedendosi al giocatore che più ne è degno? Bello pensarlo, ma è presto. Certo è che quando si è visto Jannik rispondere in tuffo ai servizi di Alcaraz in stile-Djokovic e proiettarsi a rete (con risultati ancora differenti però, non esageriamo) come un altro ragazzo di lingua tedesca che si chiama Boris Becker e che i Championships li vinse quando di anni ne aveva 17, qualcuno avrà iniziato a pensare in grande.
Ma l’erba di Church Road esige pazienza. Sinner giocherà i quarti di finale di Wimbledon (la sua terza volta in uno Slam) contro il numero 1 al mondo Novak Djokovic. Sarà per lui un’altra occasione per imparare. E questo, per ora, deve bastare.