AGI - Se la capacità di sorprendere è un valore, allora Matteo Berrettini è un titolo-rifugio, quotato alla borsa dei campioni dello sport. La vittoria di Stoccarda, ottenuta in tre set (ma avrebbero comodamente potuto essere due se alla fine del secondo set Matteo non avesse accusato qualche tentennamento e un accenno di crisi di rabbia) ai danni di Andy Murray ha confermato che, in un senso o in un altro, Matteo, oggi sorprende sempre.
Forse perché la sua stessa carriera è nata e si è sviluppata all’insegna dell’imprevedibilità: a parte i suoi genitori, il fratello Jacopo e il chiaroveggente Vincenzo Santopadre, in pochi, quando Matteo era un adolescente o poco più, avrebbero previsto che quel ragazzo dalle gambe sottili e dalla caviglie fragili sarebbe diventato un top player, per di più soprannominato “the hammer”, il martello.
Invece ci è riuscito e vincendo a Stoccarda dopo tre mesi di stop a causa dell’intervento alla mano destra, ha dimostrato che la sua capacità di sorprendere è ben lungi dall’essersi esaurita. Il Berrettini che ha vinto sull’erba tedesca il sesto titolo della carriera è cresciuto a vista d’occhio da lunedì alla finale. E’ parso perfino elasticizzarsi. Il servizio funziona benissimo, lo scatto in avanti è ben oltre la sufficienza, i movimenti in orizzontale sono (sempre all’interno dei suoi limiti) buoni, il tocco magico dei dropshot e la strategia non sono stati intaccati dal lungo stop.
Il fatto è che Matteo non pensava di arrivare in finale nel torneo tedesco e tanto meno di vincerlo: Stoccarda, dove ha appena incamerato 250 punti Atp e il Queens (dove ha trionfato lo scorso anno) avrebbero dovuto essere tappe di avvicinamento a Wimbledon, con il torneo della Regina che ha però acquisito ancora più peso perché lì Matteo dovrà difendere i 500 punti del successo 2021; fondamentali visto che poi, ai Championships, i 1200 punti derivanti dalla finale dell’anno scorso non gli saranno confermati.
Come è noto Wimbledon quest’anno non assegnerà punti Atp e Wta a causa della decisione del Club di escludere dai tabelloni russi e bielorussi e l’uscita dalla top 10 dopo Londra sarà quindi inevitabile. Approdato a Stoccarda senza troppe pretese, Matteo invece ha giocato a lungo (tre set contro Albot, Sonego e Murray) e martedi o mercoledì sarà in campo al Queens. Prima di tornare a Church Road.
La domanda è: un fisico come quello di Matteo, che come tutti sappiamo è spesso vittima di infortuni (in finale, nel terzo set è toccato invece a Murray e Berrettini deve essersi parecchio immedesimato), come reagirà ad una ripresa così repentina? Tutti ci auguriamo che il romano capitalizzi al massimo la stagione sull’erba ma il suo obiettivo è certamente conquistare un posto per le Finals di Torino, che l’anno scorso dovette abbandonare in lacrime per il riacutizzarsi dell’infortunio all’addome.
Lacrime, ma stavolta di gioia, che abbiamo visto a Stoccarda dopo la vittoria. E dunque, visto i Championships saranno di fatto solo una remuneratissima esibizione, Matteo che adesso è solo 17° nella Race (la classifica che assegna gli otto posti delle Finals) i punti necessari li dovrà conquistare sul cemento americano e asiatico. Un tour de force pazzesco. Rinunciare a Wimbledon per il finalista dell’anno scorso è impensabile: sarebbe uno sgarbo imperdonabile agli occhi degli inglesi. Ma riuscirà il nostro (che in calendario ha anche gli obblighi con la Nazionale italiana in Davis) a reggere fisicamente e psicologicamente una rincorsa (alle Finals) di oltre quattro mesi?
Quella che alla fine di sicuro si rivelerà la più complicata fra le stagioni di Matteo, di sicuro ieri è stata però impreziosita da un successo che ha detto molto non solo sulle sue immutate capacità tecniche: ma anche sulla sua voglia di continuare a migliorarsi e competere per arrivare più in alto di quanto abbia fatto finora. Lasciandosi alle spalle i sussurri che lo volevano più impegnato a firmare remunerativi contratti di sponsorizzazione e a superare questioni sentimentali. Matteo is back. E di certo non vuole rallentare la sua corsa proprio ora.