AGI - Il servizio devastante, il dritto che non perdona, il primo italiano finalista a Wimbledon, il primo in semifinale agli Australian Open e, adesso, il numero 6 del ranking mondiale. E fin qui tutto rientra nel “bravo” il primo degli aggettivi utilizzati da Amadeus per spiegare perché ha voluto Matteo Berrettini a Sanremo. La chiave per capire perché due anni dopo Djokovic toccherà a lui salire sul palco dell’Ariston sta però negli altri tre (“bello, amato, simpatico”) che con il tennis c’entrano fino a un certo punto.
Cominciamo col bello: Matteo piace a tutti (ieri sera era trend topic su Twitter) ma soprattutto a tutte con il cinguettio “lo inquadrassero in piano americano fisso per otto minuti a me andrebbe bene” che la dice lunga sull’impatto della sua bellezza. I suoi 95 chili sapientemente distribuiti su 1,96 di altezza e soprattutto il suo sorriso sono idolatrati su Facebook da un gruppo dedicato “50 sfumature di Berrettini” che a suon di primi piani e foto senza maglietta lo definisce ‘l’ottava meraviglia di Roma”, e sulle bacheche social delle tante che ne esaltano il volto, i riccioli, le spalle o che ne fanno notare la somiglianza con Vittorio Gassmann da giovane, per dire che se non si fosse imbattuto nel tennis Matteo non avrebbe sfigurato al cinema, in tv o in passerella.
E non a caso è il campione con cui il marchio modaiolo Hugo Boss ha appena scelto di sbarcare nel mondo del tennis, con una capsule dedicata (e un contratto milionario che si somma ai nove milioni di dollari guadagnati sul campo in carriera). Tutte giovani le sue fan? Per niente. Berrettini è certamente il figlio che tutte vorrebbero avere (o il fidanzato che le madri sognano per la propria figlia) ma sbirciando qua e là i social si capisce che a parecchie ispira pensieri non esattamente materni, un po’ alla Damiano dei Maneskin, tanto per restare in ambito sanremese.
Il frontman del tennis italiano, 25 anni, è però meno divisivo di quello rockettaro, circondato da un affetto collettivo scalfito solo da qualche sopracciglio alzato per la sua residenza a Montecarlo, non certo una novità tra gli sportivi professionisti. Berrettini è “amato” (il terzo aggettivo di Amadeus) perché rappresenta un’Italia bella, per bene e che soprattutto ama a sua volta ciò che in Italia è un totem, cioè la famiglia, nel suo caso quella naturale e quella di fatto.
Da una parte papà Luca, mamma Claudia che gli ha donato il ciondolo con una rosa dei venti che lui tiene sempre al collo e mette sulla sedia in campo quando gioca (“è un modo per avere la mia famiglia sempre con me”), l’amore viscerale per il fratello tennista Jacopo, con la sua data di nascita tatuata sul bicipite, quello per la nonna brasiliana citata spesso nelle sue interviste. Dall’altra la seconda famiglia, quella rappresentata dal suo team, con cui gira il mondo, capeggiata da Vincenzo Santopadre, secondo papà anche nel nome.
Il fatto che poi Matteo non sia uno sciupafemmine fa crescere ulteriormente il suo indice di popolarità. Nel curriculum sentimentale del bravo ragazzo ci sono soltanto Lavinia, l’ex fidanzatina dei tempi del liceo e ora Ajla Tomljanovic, croata naturalizzata australiana che vive in Florida, a Boca Raton, con i genitori e la sorella, terza famiglia dalla quale Berrettini ha passato i momenti più duri della pandemia e che in questo Natale (è a Natale che si fanno sempre le scelte importanti) ha presentato ai suoi.
E ancora: Berrettini incarna doti di resilienza in cui l’Italia si specchia, combatte con le sue fragilità fisiche e si è rimesso in sella con determinazione dopo l’infortunio alle Finals di Torino (vi ricorda per caso Nadal?) è corretto in campo, autorevole senza essere autoritario, disposto a riconoscere la superiorità di chi lo batte (“Rafa per me è una grande ispirazione per me perché continuo a imparare dai migliori").
Un don Matteo del tennis? Ma no per fortuna. E’ vero che Berrettini è un po’ il Gianni Morandi in versione tennistica che piace a tutte e tutti ma non c’è pericolo che finisca come lui imitato da Fiorello in Viva Radio 2 con l’ “eterno bastardo di Monghidoro” che si divertiva a investire le vecchiette contrapposto all’immagine da eterno bravo ragazzo.
Perché Matteo, quando ci vuole, sa essere anche cattivo: è uno che quando ha da dire qualcosa lo fa eccome (“Non vi sento!!!” quando sfoderava vincenti contro Monfils, diretto al pubblico di Melbourne che gli tifava contro, e “qui fra voi ci sono persone che non amano il tennis” nell’intervista post match) e anche parecchio simpatico (ultimo degli aggettivi di Amadeus). Una battuta su tutte, quel “grazie” al medicinale anti mal di pancia che gli aveva permesso di salvare il match, scritto sulla telecamera dopo la vittoria al primo turno. Se poi per caso stasera si scoprirà per caso che sa pure cantare, beh allora non ce ne sarà più per nessuno.