AGI - “Le Finals le vincerà chi si presenterà a Torino con meno acciacchi. I tennisti di oggi giocano troppo, hanno la frenesia di essere ovunque e il Master è un torneo complicato proprio perché arriva a fine stagione”. Che il tour de force del Masters o Finals che dir si voglia imponga un fisico bestiale Adriano Panatta, primo italiano a giocarne uno, a Stoccolma nel lontano 1975, l’ha sperimentato di persona.
Fu per colpa di “un fastidioso problema fisico”, racconta all’AGI, se non agguantò neanche una vittoria in quel Masters dove approdò dopo una stagione non memorabile, ma culminata con uno strepitoso trionfo proprio nell’Open di Stoccolma, in finale contro l’allora numero uno del mondo Jimmy Connors che lo qualificò tra i magnifici otto.
Può essere più esplicito o è violazione della privacy?
“Avevo le emorroidi, ebbi un un attacco fulminante proprio all’inizio del Masters. Stavo davvero male, mi alzavo dal letto soltanto per andare in campo, mi mettevano in piedi a colpi di punture, ma soffrivo. Giocavo per modo di dire e rimediai tre sconfitte nel girone, contro Manolo Orantes, Arthur Ashe e Ilie Nastase, che poi vinse il torneo volta battendo in finale Borg”.
Con quel problema fastidioso i campioni di oggi alzerebbero probabilmente bandiera bianca, perché lei non si ritirò?
“Perché volevo comunque esserci, era tanta la contentezza per essermi qualificato”.
Il 1975 era l’anno prima della sua sontuosa annata, quella del triplete Internazionali d’Italia-Roland Garros-Coppa Davis, quando invece stranamente non si qualificò al Masters…
“Ancora oggi non capisco perché non ottenni i punti per qualificarmi al Masters del ’76, è vero che giocai meno tornei perché quello fu l’anno della Coppa Davis vinta in Cile e mi ci dedicai molto, forse oggi è più semplice qualificarsi…”.
Sconfitte e sofferenze fisiche a parte che sensazione le diede il suo primo e unico Masters?
“A Stoccolma c’era l’atmosfera di un momento tennistico prestigioso che non scalfiva però il cameratismo e la voglia di ridere e scherzare di quel gruppo di eletti (nel secondo girone si diedero battaglia Guillermo Vilas, Raul Ramirez e Harold Solomon).
Più forti i baciati dal dio del tennis di quei ruggenti anni Settanta o Djokovic, Medvedev and Co.?
“Ora è tutto diverso, a partire dai materiali, ma sicuramente noi ci divertivamo di più tra di noi, oggi i tennisti vivono solo con i loro team, coach, fisioterapisti, nutrizionisti…”.
Tra i tennisti che oggi sembrano divertirsi in campo ce n’è uno, l’americano Frances Tiafoe, non qualificato per Torino ma che con il Masters qualche collegamento ce l’ha essendo stato definito un Nastase 2.0 dopo il suo show in campo a Vienna, ai danni del nostro Sinner.
“Ma meno male che esistono ancora giocatori come Tiafoe, e comunque in confronto a Nastase Tiafoe è un chierichetto. Il clamoroso strappo di Ashe contro Nastase, quando Arthur esasperato prese la sacca e abbandonò il campo, fu al Master di Stoccolma del ’75. Ilie in campo era terribile, ho litigato con lui in ogni nostro match, sono arrivato a minacciarlo di morte. Una volta usciti dal campo però tornavamo grandi amici”.
Ma insomma, chi vincerà a Torino?
“Djokovic resta ancora un giocatore di un altro pianeta, e anche Medvedev, fattore estetico a parte, gioca un pochino meglio degli altri. Ma possono vincere davvero tutti, Berrettini compreso naturalmente. Dipenderà da come staranno fisicamente”.