AGI - “Adesso Berrettini può vincere Wimbledon, ha tutti i mezzi per farlo”. Nicola Pietrangeli, oggi 87 anni, per 61 anni unico italiano ad arrivare in semifinale (perse contro il mito Rod Laver) sull’erba di Church Road è stato prima raggiunto e ora scavalcato da Matteo Berrettini, il venticinquenne romano, che battendo Hubert Hurkacz in quattro set (6/3- 6/0-6/7-6/4) è diventato il primo italiano finalista nella storia di Wimbledon. Matteo domenica giocherà la finale contro Djokovic, il numero uno del mondo alla ricerca del suo ventesimo slam, puntando a una vittoria epica e alla rivincita rispetto al match del Roland Garros, quando il coprifuoco e la relativa sospensione del match per far uscire il pubblico con il romano in rimonta rovinò il momento magico.
E Pietrangeli ci crede: l’ex tennista all’AGI spiega che, nonostante sulla carta parta sfavorito, Berrettini può farcela. “Nole non si porta certo la vittoria da casa e se Matteo ce la facesse non si dovrebbe gridare al miracolo ma a un’impresa raggiunta grazie alle sue doti e al suo impegno”.
Che consigli gli dà? “Gli direi di servire come ha fatto finora e anche di non pensare che sta giocando la finale di Wimbledon, ma un semplice primo turno. Non è facile lo so, ma Nole avrà molti più pensieri di lui, è il campione uscente e dopo la vittoria a Melbourne e al Roland Garros punta al Career grand Slam” (gli slam più l’oro olimpico nello stesso anno solare ndr).
Sui sessantuno anni impiegati dalle nuove generazioni tennistiche a raggiungere (e ora a superare) il suo record spiega: “Evidentemente non era così banale farlo, mi parlano tutti dei tennisti dell’era moderna della loro velocità e delle bordate che tirano, ma forse non era così facile eguagliarci”.
Come ci è riuscito Berrettini? “Grazie a un servizio che ha bisogno di un porto d’armi – spiega – e anche grazie a un’educazione e a uno staff che lo ha portato a non montarsi la testa. Il suo coach Vincenzo Santopadre non si dà arie, potrebbe farlo visti i risultati invece ha trasmesso la sua modestia a Matteo che non parla e lavora. Oggi può solo migliorare, non nel servizio e nel dritto già perfetti, quanto nel rovescio”.
In merito all’ultimo match osserva che “i primi due set, con Hurkacz quasi annientato, non sembravano neanche quelli di una semifinale, per merito di Matteo, ovviamente”. Al tennista romano è grato anche per aver restituito al polacco il 6/0 inflitto a Federer nei quarti di finale: “Speravo che Matteo vendicasse Roger, deve avermi sentito in qualche modo, un signore come Federer non si può lasciare a zero, mai. In modo intelligente, magari con un paio di doppi falli, un game lo deve vincere”.