I l Mou del tennis, Patrick Mouratoglou, è proprio come quello del calcio, José Mourinho, bravo come coach, ma soprattutto bravissimo come uomo di pubbliche relazioni, bello, televisivo, furbo. Dovendo distrarre i media dalla macchia di New York della sua cliente numero 1, Serena Williams, con l’ennesimo brutto comportamento verso la giovane avversaria e l’arbitro, ha rilanciato la Tyson del tennis per aver abbattuto un’altra frontiera: mentre gli altri sparring-partner uomini delle tenniste sono chiamati a tirare la palla dove e come conviene all’assistita, quelli che convoca lui non solo sono colleghi di primo livello del tabellone maschile – a Melbourne, Tomic (88 del mondo), Tiafoe (39), Dimitrov (21) e Tsitsipas (15) -, ma sono incitati a fare il contrario. Cioé ad allenarsi loro stessi, tirando al massimo e dove vogliono, come fosse una partita vera, contro un altro uomo.
La rivelazione, subito rilanciata sulle due predilette ribalte, il giornale l’Equipe e la tv, Eurosport, per i quali Mouratoglou collabora, si è peraltro arricchita delle dichiarazioni estatiche di una delle rivelazioni degli Australian Open, Tiafoe, sinceramente impressionato alla Hopman Cup di Perth dalla potenza e dalla resistenza della minore delle sorelle Williams. Mentre, chiamato in ballo sull’argomento, sulla falsariga delle stizzite, recenti, dichiarazioni di JohnMcEnroe, quel matacchione di Nick Kyrgios ha replicato: “Secondo me, in una partita vera, Serena vincerebbe a malapena un game”. Rilanciando il tema potenza, di servizio, risposta e colpi da fondo troppo decisiva nel paragone con qualsiasi donna.
Mouratoglou e Williams (AFP)
Di sicuro, tutto ciò porterà presto ad un’altra “Battaglia dei sessi”, come quelle di Bobby Riggs, prima contro Margaret Court e poi contro Billie Jean King nel 1973, con replica nel 1992 fra Jimmy Connors e Martina Navratilova. Intanto, la donna che si allena alla pari coi colleghi uomini, apre nuove frontiere nell’allenamento, e testimonia comunque di un nuovo, sensibile, avvicinamento delle tennis femminile a quello maschile. Che, peraltro, negli anni, si è mescolato sempre più a livello di allenatori, con tanti ex pro anche di alto livello, come Wilander, Connors e Cahill, che sono diventati coach di giocatrici. Così come, viceversa, dopo qualche sporadico esempio, per lo più dell’Europa dell’est, e grazie all’esempio e all’attitudine del femminista Andy Murray, qualche ex professionista di nome sta aiutando tecnicamente non solo le tenniste, ma anche i tennisti.
Proprio in quest’edizione degli Australian Open, si sono messe particolarmente in luce Conchita Martinez ed Amelie Mauresmo. La spagnola, ex numero 2 del mondo, regina di un solo Slam, peraltro a Wimbledon 1994 lei che era nata sulla terra rossa, con quattro successi a Roma, sta finalmente lanciando a livello Slam la potente ceca Katerina Pliskova, dopo aver portato la connazionale Muguruza a vincere i Championships. La francese, che è salita al numero 1 del mondo, con due titoli Slam, dopo l’esperienza con Murray – che peraltro non aveva portato risultati tangibili, fino all’avvento di Ivan Lendl -, ha rinunciato al capitanato di coppa Davis per rilanciare la carriera di Lucas Pouille, aiutandolo ad arrivare per la prima alle semifinali di Melbourne. Con tanto di applauso in mondovisione dell’allievo: “Che l’allenatore sia uomo o donna non conta, quel che conta è che sappia di tennis, ed Amelie sa tutto di questo sport”.