“Lei che ne pensa di queste NextGen Finals?”. Con quella faccia un po’ così, quell’espressione un po’ così, a novembre, a Milano, il ragazzo con la cinepresa si improvvisava intervistatore per il canale tv dell’Atp Tour, e confessava: “Mi ha sempre incuriosito il mestiere di giornalista, chissà, magari, un giorno…”. E ti sparava quel sorriso sornione da persona intelligente. Un sorriso da 18enne che già sa perfettamente quel che vuole. Infatti aggiungeva: “Stavolta sono qui da riserva, sono legato all’Italia, ci ho giocato tanti tornei giovanili e Challenger, ma l’anno prossimo tornerò da numero 1 degli under 21”. Salvo poi inchinarsi subito dopo in esibizione alla Fiera di Rho al numero 1 vero della generazione, Sascha Zverev il presuntuoso, che snobbava il Masters giovani milanese - replica il 6-10 novembre - per disputare quello dei seniores a Londra.
Dieci mesi dopo, Stefanos Tsitsipas, alla viglia dei 20 anni che compie il 12 agosto, non solo ha scalato la classifica mondiale Atp, salendo al numero 15 (da lunedì prossimo), ma ha acceso, anche sul campo, lo zolfanello di quella rivalità che tutto il tennis si augura per ravvivare il gioco troppo potente ed essenziale del dopo “Fedal”, cioè della mitica coppia Federer & Nadal. Che magari diventa un triangolo, col guastatore Denis Shapovalov, il putto biondo “made in Canada”, anche lui dall’insolito rovescio a una mano.
La personalità, Tsitsipas, coccolatissimo dall’abile allenatore-manager Patrick Mouratoglou, l’ha sempre avuta, con quell’incedere sicuro, quello sguardo fiero da indomito guerriero greco che inventa anche un Cavallo di Troia pur di scardinare la Maginot dell’avversario. Così, al Masters 1000 di Toronto, nella rivincita, una settimana dopo la batosta di Washington contro Zverev, quand’è a un passo dal cadere nel medesimo baratro, sotto 3-6 2-5, da che sembra vinto, col capo chino e qualche sparacchiata che mette fuori pista pure i telecronisti Sky, comincia a rispondere a servizi ai quali non aveva mai risposto, immagina transizioni difesa-attacco che non aveva mai tradotto, spinge dritti imparabili, spara magici rovesci a una mano dagli indecifrabili effetti, cambia, insomma, all’improvviso, le carte in tavola davanti al tedesco di ceppo russo dalla prevedibile e letale concretezza. E gli fa perdere la testa.
“Il match è stato patetico, lui non ha giocato poi così bene, è stata più colpa mia”, si sfoga, stizzito, Zverev, il numero 1 annunciato del futuro. “Forse il gioco non è stato eccezionale, io ho giocato ok, soprattutto l’ho un po’ imbrogliato, ho giocato in modo più intelligente, ho fatto colpi che non s’aspettava”, para e attacca di fioretto, anche con la lingua, il furbissimo greco. Gettando il seme di una rivalità che ci attendiamo tutti pepatissima. Anche nel segno dei geni russi di entrambe, tutti e due i genitori per Zverev, la mamma per Tsitsipas, per via del papà primo maestro, e del primo idolo giovanile, ovviamente, il divino Roger Federer. Oltre che per i successi giovanili, ugualmente luminosi.
Stefanos non è bello come Sascha, dal bel nasino e dal taglio d’occhi a mandorla, ha piuttosto naso e mascella importanti, ma ha una bellezza sua, una bellezza greca, da rock star che tira fuori note insolite dalla sua chitarra elettrica. Ha il dono della varietà, alterna spallate violente del tennis moderno con l’uno-due servizio-dritto a repentine conquiste della rete, gioca a tutto a campo, non ha paura di rischiare soluzioni nuove, scardina l’avversario dalle sue migliori abitudini e lo porta nel campo dell’incertezza. Dove si esalta con la sua fantasia offensiva, nel segno di altri grandi attaccanti del tennis greco, da Pete Sampras a Mark Philippousis. A Washington, si è tuffato alla Bum Bum Becker prima maniera, per piazzare la volée nell’unico modo possibile. A Toronto, ha regalato altre perle, sempre al volo, ricordando al tennis che rimane quella la pietra filosofale di questo sport.
Dopo Thiem, ha battuto Djokovic, Zverev e poi anche Anderson. Rubando a Rafa Nadal il primato di più giovane a battere più “top ten” nello sesso torneo, peraltro in un Masters 1000, lo spagnolo c'era riuscito tre volte a Montecarlo 2006, il greco a Toronto, qualificandosi alla finale proprio contro il famoso Rafa. Un bel modo per modo per festeggiare i 20 anni, quando, esattamente dodici mesi fa, era 168 della classifica. E certamente non aveva questi straordinari nervi: contro Zverev, nel corso della prodigiosa rimonta, ha salvato due match point, contro il finalista degli Us Open 2017 e di Wimbledon 2018, ha fallito due match point, ma ne ha concretizzato un terzo. Comunque finirà, il futuro di questo sport sarà certamente anche suo, di Stefanos il greco.