E ’ sempre più l’Olimpiade delle donne. Vincono soffrono, sorridono, piangono, lottano. Ecco, soprattutto, lottano. I loro volti, sempre bellissimi e intensi, spuntano fuori ovunque, continuamente. Dalla fantastica Arianna Fontana che riapre il medagliere azzurro che languiva e lancia l’ottava medaglia della spedizione, con il velocista Windisch, a Carolina Kostner tanto attesa all’ultima Olimpiade, dalle straordinarie star della danza, così belle e leggiadre e insieme forti, dall’olandese che per prima vince una medaglia in due specialità diverse dei Giochi alla giovanissima russa che vuole farsi regina ad appena 15 anni, a dispetto dello spettro doping che attanaglia il suo grande, misterioso, paese, alla invidiatissima Lindsey Vonn che cerca invece il suo Valentino nella vita e intanto il riscatto agonistico, alla regina annunciata Shiffrin di cui si sono perse le tracce, oppressa dalla pressione, alla indimenticabile quando sfortunata sostenitrice del freestyle alle Olimpiadi, Sarah Bourke, alle bobbiste di Giamaica e Nigeria, a Non Seon-yeong, caduta in gara e poi lasciata sola dalle compagne (Kim Bo-reum e Park Ji-woo) nei quarti dell’inseguimento a squadre di pattinaggio velocità, mentre piangeva sconsolata, e subito adottata da oltre 200mila che hanno firmato una petizione chiedendo l’espulsione dalla squadra delle pattinatrici implacabili. Viva le donne, proprio in quella Corea del Sud dove la donna ha un ruolo molto ma molto difficile, ed è ancora lontana dalla libertà delle star che sta ammirando in questa incredibile vacanza dalla realtà dei Giochi Invernali di PyeongChang.
Fontana nella storia
Ancora la fantastica Ary Fontana, la pioniera italiana dello short track, col bronzo nella staffetta a Torino 2006, che cresce e cresce di Olimpiade in Olimpiade, aumentando successi, gloria e credibilità. A Vancouver 2010 aveva firmato la prima medaglia olimpica individuale della specialità (bronzo nei 500 metri). A Sochi 2014, era diventata la prima plurimedagliata della disciplina, centrando un argento e due bronzi. A PyeongChang 2018, da portabandiera dell’apertura, ha firmato anche il primo oro di tutta la spedizione italiana ai Giochi Invernali e ora ha messo l’accento sull’entusiasmante argento in staffetta.
Carambola d'argento
I cambi della staffetta di short-track sono quanto di più caotico e pericoloso si possa immaginare. Normale che, con l’avvicinarsi dell’epilogo e l’aumentare di fatica e tensione, il solito smodato traffico, con troppa gente concentrata tutta insieme in pochi metri di pista per 3000 metri, a correre e spingersi e dribblare e scivolar via, in quella trottola impazzita di giri e giri uno dietro l’altro nell’ovale di gara, provochi scontri, cadute, scorrettezze, squalifiche. “Questo è lo short-track”, ripetono i saggi. Se ne avvantaggia l’Italia che, terza al traguardo, dietro Corea e Cina e davanti al Canada, dopo l’ecatombe di atlete a cinque giri dal termine, vede eliminare dalla giuria proprio cinesi - anche a Torino 2006 la loro squalifica promosse le azzurre - e canadesi. E conquista così un argento insperato, davanti all’Olanda ripescata addirittura sul podio come vincitrice della finale B (ma col nuovo record del mondo: 4’3”471).
“Un casino, ma chissenefrega”
Certo, l’attesa del verdetto è concitata, è drammatica, è stracolma di tensione, è emozionante, è indimenticabile. Ma alla fine, è proprio come sentenzia l’eroina dello short-track, Ary Fontana da Sondrio, alla settimana medaglia olimpica: ”Alla fine è stato un casino, ho capito solo che abbiamo portato a casa l'argento. Non abbiamo capito bene cosa fosse successo, eravamo tutte concentrate sul continuare la gara. Ma siamo seconde, il resto chissenefrega. La medaglia in staffetta è tra le più belle perché è di tutta la squadra, anche delle ragazze che sono rimaste in Italia. Stiamo scrivendo un pezzo di storia, qualcosa che terremo sempre con noi”. Onore ad Arianna Fontana, Martina Valcepina, Lucia Peretti e Cecilia Maffei che in 4’15”9001, cedono alle padrone di casa (4’07”361), campionesse di staffetta per la sesta volta in otto edizioni olimpiche.
Jorien, prima doppia medaglia
In attesa della prove di Ester Ledecka nel “suo” snowboard, dopo aver sorpreso tutti col successo coi due sci nel superG, l’olandese Jorien ter Mors è diventata la prima donna ad aggiudicarsi due medaglie in due discipline diverse alla stessa Olimpiade: dopo l’oro nel pattinaggio velocità 1000 metri, ha conquistato il bronzo nella tumultuosa staffetta 3000 metri di short track.
Windisch, volata-bis di bronzo
Anche la staffetta della 10 km sprint di fondo, quella mista, formata da Dorothea Wierer, Lisa Vittozzie Lukas Hofer e Dominik Windisch, viene decisa dalla giuria. I tedeschi contestano inutilmente la volata del 28enne di Brunico, che supera sul traguardo Arnd Peiffer, e così l’Italia conferma il terzo posto di quattro anni fa a Sochi e Windisch vince altre due volte. Fa il bis della volata di bronzo individuale nella sprint e mantiene la promessa della vigilia: “Voglio vincere anche per le nostre ragazze della squadra che finora non ce l’hanno fatta”.
Le jour de gloire est arrivé
L’oro della Francia nella 10 km sprint (1.08.34 e 4 penalità) davanti alla Norvegia (1.08.55 e 12 penalità) è nel segno dell’ultimo staffettista. Il simbolo del biathlon mondiale, Martin Fourcade, bello, bellissimo, sicuramente amato dalle donne, con quello sguardo fiero e cupo, ma sposatissimo da dieci anni con la sua Helene e amorevolissimo papà, rimonta con una facilità impressionante i 37” di svantaggio che aveva rispetto ai tedeschi, fa 10 centri pieni al poligono, scatta via in surplace in salita, scivola imprendibile in discesa, sprinta sul rettilineo, e chiude gli ultimi metri sventolando il tricolore. Con cinque ori olimpici, s’è assicurato il miglior medagliere olimpico di Francia (Giochi estivi compresi), secondo in assoluto a quelli invernali soltanto al leggendario norvegese Ole Einar Bjoerndalen, con 8.
Doping: terzo caso, hockeista sloveno
Il doping è davvero il cancro dello sport. Il test a sorpresa durante gli allenamenti di Alina Zagitova, la 15enne russa candidata all’oro nell’individuale di pattinaggio su ghiaccio di figura, ha provocato molte proteste in merito alla tempistica del controllo e all’ingerenza nell’immediata vigilia alla gara. Ma la delegazione russa, targata a PeyongChang OAR (Olympian Atlethes form Russia), e privata della bandiera alla cerimonia d’apertura come alle gare, proprio per i 160 atleti esclusi dal Cio all’Olimpiade perché in odor di doping, ha dovuto confermare la positività al solito Meldonium anche all’analisi B del suo atleta, Kristin Sasklien, bronzo nel Curling insieme alla moglie (Anastasia Bryzgalova). Anche se non esclude che ci sia stato un sabotaggio magari di un rivale e rilancia la tesi, tanto cara a Maria Sharapova, dell’inutilità del Meldonium.
Mentre il norvegese Magnus Nedregotten, quarto alla gara della squadra mista, ha chiesto agli organizzatori dei Giochi e al Tribunale arbitrale dello sport (Tas) di velocizzare il processo in modo che, nel caso, lui e Kristin Sasklien, possano “ricevere la medaglia in questa Olimpiade, sarebbe sicuramente meglio che tra un anno”. Intanto, dopo il giapponese di short-track Kei Saito, i casi di positività all’antidoping salgono a tre: l’hockeista sloveno Ziga Jeglic è stato trovato positivo al Fenoterolo. Il 29enne difensore che aveva giocato tutt’e tre le prime partite, è stato bandito dai Giochi e ha sicuramente lasciato un segno sui compagni che hanno regalato alla Norvegia il primo successo ai Giochi Olimpici addirittura da Lillehammer 1994.
Due coppie strepitose, un solo oro…
Super programma corto per i canadesi, record del mondo grazie al libero per i francesi: dopo una gara leggendaria, bellissima, a livello altissimo, l’oro della coppia di danza va a Moulin Rouge che batte Beethoven, cioé ai nordamericani Tessa Virtue e Scott Moir che battono i transalpini Gabriella Papadakis e Guillaume Cizeron per l’assoluta perfezione del loro sincronismo, che vale il minino distacco finale: 206.07 a 205.28. Così, dopo il trionfo di Vancouver 2010, firmano un clamoroso bis - solo i russi Oksana Grishuk-Evgeny Platov, tra Lillehammer 1994 e Nagano 1998, s’erano aggiudicati due titoli a cinque cerchi - e, coi due argenti di Sochi 2014, più l’oro nella gara a squadre di PyeongChang, i portabandiera canadesi dei Giochi in Corea entrano nella leggenda, dopo 20 nanni di pattinaggio insieme, come la coppia più medagliata di sempre. Anche se il futuro è dei secondi, rispettivamente 22 e 23 anni. Terzi i fratelli Usa, Maia Shibutani-Alex Shibutani, sesti gli azzurri Cappellini-Lanotte, come a Sochi quattro anni fa: "Ci siamo scontrati con una generazione di fenomeni".
In onore di Sarah
Cassie Sharpe vince l’oro dell’halfpipe ma vorrebbe dividerlo in tanti pezzi. Uno lo darebbe sicuramente al Canada. Un altro alla donna che l’ha spinta a far sport, Sarah Burke, la sponsor di questa disciplina all’Olimpiade. La venticinquenne di Calgary ha vinto l’ottavo oro canadese a PyeongChang lasciando l’argento a Marie Martinod, come quattro anni fa a Sochi, un’altra che non finirà mai di ringraziare la Burke. A 33 anni, la mammina francese che di giorno cambiava i pannolini e di donne lavorava in una discoteca, è rientrata alle gare solo perché la Bourke, nel 2011, ha bussato alla sua porta e l’ha spinta a riallenarsi per i Giochi. Dove il freestyle esordiva nel 2014 grazie proprio alla sua grandissima spinta. Anche se lei non ha potuto gustarsi il doppio trionfo, da atleta e da sponsor: è morta dopo un incidente in allenamento. Durante la gara di PyeongChang, la Martinod ha fermato la Sharpe prima dell’ultima run quando c’erano ancora appena 3.2 punti a separare l’oro dall’argento. ”Marie mi ha detto: “Penso che hai la capacità di portare avanti quello che Sarah stava facendo, le dobbiamo tutti dire grazie, io stessa non sarei qui a fare queste cose se lei non m’avesse spinto”. Forse, sotto sotto, voleva disorientare la rivale, di sicuro l’ha caricata a fare una super run finale. In nome di Sarah.
Vai, Carolina!
Sveglia con Carolina Kostner che, a 31 anni, cerca il podio del pattinaggio artistico per chiudere al meglio la carriera, dopo il bronzo di Sochi 2014. Due posti sembrano sicuri per le russe Medvedeva e Zagitova, e le candidate all’ultimo sono tante: da Kaetlyn Osmond a Gabrielle DAleman, a Mirai Nagasu, la terza donna di sempre ad effettuare perfettamente un triplo Axel alle Olimpiadi, la prima americana. Team sprint a tecnica libera coi compagni azzurri di sempre Dietmar “Didi” Noeckler e Federico Pellegrino per una medaglia. Lindsey Vonn è attesa alla riscossa nella libera dopo le prime gare dei Giochi e la rinuncia di Sochi 2014 per l’infortunio al ginocchio, così come la nostra Goggia. Nove battaglie nello snowboard coi canadesi McMorris e Parrot a darsi battaglia per l’oro. E il bob della Giamaica che, dopo la fuga dell’allenatrice tre giorni fa che s’era portata via anche il bob presto in affitto, hanno trovato uno sponsor finanziatore, e sperando fare meglio dei colleghi uomini. Che, ai Giochi 1988, urtarono e di fermarono prima del traguardo. A garanzia c’è il pilota, Jazmine Fenlator, che ha gareggiato per gli Usa all’Ultima Olimpiade, ma ha poi abbracciato il passaporto del padre per poter fare anche quest’altra esperienza ai Giochi. Di buon auspicio anche il settimo posto di gennaio a Innsbruck. Anche se per l’oro sono candidati Canada, Usa e Germania.