Come eravamo. Vent’anni fa, il 23 febbraio 1998, internet non comandava come oggi e gli atleti gay non si sarebbero mai baciati in pubblico come fanno lo sciatore Gus Kenworthy e lo snowboarder Matthew Wilkas. Faceva storia la copertina della rivista di Sports Illustrated: riproduceva il grande Hermann Mayer che volava per aria, a 130 all’ora, nella libera dell’Olimpiade di Nagano, in Giappone. L’austriaco era riatterrato malamente fuori pista, aveva sbattuto violentemente con l’elmetto, era rotolato, era rimbalzato, era rovinato sulla neve, trascinandosi come un burattino senza fili, preoccupando il mondo intero davanti a quelle immagini sconvolgenti. Ma poi si era rialzato miracolosmente, quasi illeso, mettendo le basi del suo mito da “Herminator”. Tanto che, subito dopo, aveva vinto l’oro in Gigante e superG, diventando un “cannibale” dello sci, fino a conquistare poi 54 gare di coppa del Mondo.
Oggi, all’Olimpiade invernale che ritorna in Asia, a PyeongChang in Corea del Sud, snowboard e freestyle, e quindi tanti salti e capriole in aria, sono le discipline-clou del programma olimpico. L’erede dell’asso austriaco, Marcel Hirscher, conquista un secondo oro, aggiungendo il Gigante alla Combinata (primo a riuscirci ai Giochi), e punta ragionevolmente allo storico tris, in Slalom speciale, per eguagliare le leggende Toni Sailer (1956) e Jean-Claude Killy (1968). Poi, sulla scia dei 55 successi e delle 6 coppe generali di coppa del Mondo, rilancerà la sfida al record di 86 di Ingemar Stenmark. O forse no, tanto avrà comunque l’animo finalmente libero e felice, e sarà già nella storia dello sport.
Massimo distacco, massimi onori
A PeyongChang, Hirscher ha preso coraggio nella combinata, dove ha vinto l’oro in modo inattesa, e s’è tolto subito di dosso la scomoda etichetta di perdente olimpico, insieme all’enorme pressione che l’accompagnava, dopo lo zero nel medagliere di Vancouver 2014 e l’argento di Sochi 2014. “Sono super contento che questo stupido punto interrogativo è stato tolto dalla mia carriera”. Ha incassato i complimenti del rivale gigantista, Ted Ligety: “E’ davvero, davvero, difficile battere Marcel, a meno che non si batta da solo. Devi sciare il più veloce possibile e sperare che sia abbastanza, ma probabilmente non lo sarà, se lui scia bene come può. La sua Olimpiade sta diventando uno show”. Infatti, in slalom Gigante, ha imposto un distacco mostruoso di 1.27 secondi, il più ampio in 50 anni di Olimpiadi, sul secondo, il norvegese Kristoffersen (terzo Pinturault). Che fa una miracolo, rimontando dal decimo posto della prima manche, ma s’inchina, per primo: “Al momento, Marcel è di un’altra categoria. Noialtri lottiamo per argento e bronzo. Ha tutte le capacità per essere così forte, ha una ottimo team e ha pure l’esperienza”. Ed è anche forte, di testa, come non mai. Talmente forte, a 28 anni, da dribblare subito la facile domanda, sul “suo” slalom speciale: “I tre ori alla stessa Olimpiade? No, sinceramente non ci pensavo e non ci penso. No, davvero. Sono felice del risultato di oggi e non avevo pensato allo slalom finché non mi è stata fatta la domanda”. Anche se in Coppa, quest’anno, ne ha vinti 6 su 8, arrivando secondo (dietro Kristoffersen) in un altro, ed è stato campione del mondo della specialità 2013 e 2017. Peccato per Riccardo Tonetti, quarto dopo la prima manche, caduto sul muro finale e Luca De Aliprandini caduto a una porta dalla fine della prima manche quando volava alla Hirscher…
Uno sprint indimenticabile
Clamoroso finale della 15 km Mass Start di biathlon. Martin Fourcade sembra un ballerino, un velocista alla Bolt sui 100 piani, uno schermidore che allunga la gamba per avere più santa possibile e infilzare il traguardo. Così il mito del suo sport la spunta in un indimenticabile sprint superando di pochi millimetri Schempp, e diventa il primo della storia ad aggiudicarsi due ori individuali in due edizioni diverse dei Giochi Invernali. Per il francese la soddisfazione è decuplicata dalla beffa di quattro anni fa nella stessa gara a Sochi, quando aveva perso l’oro allo sprint.
Un milione di biglietti
Gli organizzatori dei Giochi hanno ufficializzato che la vendita dei biglietti ha già superato un milione di tagliandi: dal 9 febbraio, quando manca ancora una settima di programma, 692,443 persone hanno assistito alle gare. L’obiettivo era 1,068,000, quindi non ci sono tanti altri biglietti a disposizione. Sabato il picco di ingressi, con 146,506 persone.
Norvegia pigliatutto
Il fondo è sempre terreno di conquista della Norvegia che firma anche la staffetta 4x10 km maschile con Toenseth-Sundby-Krueger-Klaebo in un’ora 33 minuti 4.9 secondi, davanti a Oar (Russia) e Francia. Così i norvegesi hanno conquistato 5 degli 8 ori in palio. Le 11 medaglie complessive non sono record: a Calgary 1988, l’Unione Sovietica ne aggiudicò 13.
Un dopato OAR, cioé russo!
Ancor prima della seconda analisi, due agenzie di stampa russe annunciano un caso di atleta OAR (Russia) positivo all’antidoping: sarebbe il giocatore di curling Alexander Krushelnitsky (ancora il fatidico Meldonium!). Finora l’unico caso conclamato era stato quello del giapponese del short-track Kai Saito, positivo a un diuretico.
Shiffrin, cercasi psicologo
Prima, doveva vincere 5 ori, poi, doveva vincere almeno 5 medaglie, quindi, dopo aver firmato davvero il primo oro, in Gigante, Mikaela Shiffrin ha rilanciato lei stessa: “A PyeongChang, voglio davvero vincere 5 ori”. Ma, dopo essere finita ai piedi del podio, solo quarta, nel “suo” slalom speciale, ha cinguettato, delusa, su twitter: “Questa gara l'ho giocata e rigiocata mille volte nella mia testa, e non credo che la farei diversamente anche se avessi una seconda possibilità”. A 22 anni, da più giovane oro olimpico a Sochi, a 18 anni 345 giorni, da regina in carica di coppa del mondo, sia generale che di slalom, Mikaela ha gestito male la situazione, troppo grande anche per una star come lei: “Continuo a pensare che forse se fossi riuscita a controllare meglio le emozioni dopo il Gigante avrei avuto più energie per lo slalom e avrei messo di più in gara, forse avrei potuto controllare meglio i nervi. Forse. Ho pagato i cinque giorni senza gare, i cambi di programma, le attese delle gare, zero riposo fra una prova e l’altra. Non sono riuscita a gestire la situazione…”. Così, ha disertato il superG. Per puntare alla libera, dove anche Lindsey Von cerca il riscatto, intanto dentro di sé: “Non cambierei questa cosa che è successa. Per me l’olimpiade è cuore e passione oltre che medaglie…. Non sono necessariamente i medagliati quelli che ottengono il massimo dalle Olimpiadi, sono quelli disposti a spogliarsi di tutto e dare l’anima per amore dello sport. A volte vediamo solo le vittorie e dimentichiamo le emozioni. Quella che sto vivendo è la realtà, è vita, è appassionante e terribile e meravigliosa e brutale ed eccitante e snervante e bella. Sono grata di farne parte”.
Il sosia d’oro di Djokovic
Ormai le notizie viaggiano soprattutto via tv e web. Il francese Pierre Vaultier, bi-olimpionico snowboardcross, ha confessato a France Television che il suo sogno è incontrare il sosia, Novak Djokovic, e il serbo gli ha twittato: “Facciamolo succedere. Ci vediamo al Roland Garros! E congratulazioni per le tue medaglie”. Gautier, che confessa: "Quando lo guardo giocare, in certe espressioni, mi rivedo”, ha fatto anche un piacere al ottenuto tennis. Nole ufficializza infatti quello che si vociferava che, dopo l’operazione al gomito, rientrerà davvero per maggio. Come anticipato da papà Srdjan: “Tornerà per i Masters 1000 sulla terra di maggio”.
Da Britney Spears… alla Nbc!
Al di là dei risultati, non eccelsi, comunque non all’altezza con le sue aspettative, nel pattinaggio artistico su ghiaccio (solo 10° nel singolo), Adam Rippon è sicuramente uno dei personaggi dell’Olimpiade in Corea. A gennaio, ha pesantemente criticato la Casa Bianca per aver nominato capo delegazione Usa ai Giochi Olimpici il vicepresidente Mike Pence. Ha continuato criticando Trump e la sua politica sul controllo delle armi, dopo l’ultima strage a scuola che è costata la vita a 17 ragazzi: “Mi è stato chiesto se il giorno in cui ho gareggiato all’Olimpiade è stato il più bello della vita, la risposta è no, ogni giorno è importante e non può essere dato per garantito. Queste sparatorie devono finire. Mando il mio amore alle famiglie che sono state colpite oggi”.
Intanto sbandiera la sua omosessualità come nessun atleta prima: “Mi hanno chiesto in un’intervista com’è essere un atleta gay. Ho risposto che è esattamente lo stesso come per tutti gli altri. Un sacco di duro lavoro, ma con le sopracciglia migliori…”. Così cattura l’attenzione anche di star come Reese Whiterspoon. E Britney Spears gli ha trasmesso pubblicamente, sempre via web: “Volevo solo farti sapere che sono una tua tifosa, non sono una di quelle che nega le cose, sei quello che mi diverte di più. Continua a farci sorridere”. Con la pronta risposta del biondino: “Ti posso sentire con me sul ghiaccio, grazie per non essere una che nega i problemi. Ti amo”. La chiosa è semplice: “Di solito dicono che dopo un’olimpiade, per qualcuno, la vita cambi per sempre. In genere, succede dopo un oro, nel mio caso penso che sia successo pur senza aver vinto”. Infatti la tv NBC lo ha messo sotto contratto come commentatore fino alla fine dei Giochi.
L’età sempre verde di Kasai
A 45 anni, il giapponese Noriaki Kasai, all’ottava Olimpiade, si qualifica per la finale del grande trampolino a squadre. Gara dove sono favorite Germania, Norvegia e Polonia, forte di Kamil Stoch, che si conferma campione olimpico nel trampolino grande, terzo nella storia ad aggiudicarsi due edizioni consecutive dopo Birger Ruud (1932-36) e Matti Nykänen (1984-88). Sveglia con il pattinaggio artistico danza (programma corto) e le coppia azzurre Cappellini-Lanotte, Guignard-Fabbri. Battuta nell’extra-end dalla Gran Bretagna, l’italia di Curling maschile affronta la Corea del Sud nel lunghissimo torneo.