AGI - Francesco Sonis, 22 anni, oristanese, è il nuovo campione assoluto italiano di scacchi. Il sardo, primo grande maestro isolano, si è imposto grazie a una vittoria al fotofinish, in una volata che ha coinvolto altri 3 scacchisti. Sonis ha concluso il torneo imbattuto, chiudendo con 7,5 punti su 11 (negli scacchi ogni vittoria assegna un punto e ogni 'patta', mezzo punto). I campionati italiani, edizione 2024, sono stati organizzati dalla Società scacchistica Torinese, all'interno di una location storica e ricca di fascino: le sale dell'Archivio di Stato. Nel torneo femminile si è imposta Marina Brunello (miglior Under 20 Silvia Bordin) mentre il torneo Under 20 è stato vinto da Vittorio Cinà.
Lo studente di informatica all'università di Cagliari ha raccontato all'AGI i momenti salienti del torneo fissando i prossimi obiettivi per il 2025. Ma ha espresso la sua opinione anche sull'evoluzione degli scacchi, in particolare sulla crescita della variante Fischer Random, e sul match mondiale in corso tra il cinese Ding e l'indiano Gukesh.
L’ultima volta che ci siamo sentiti per AGI era il 2022. A breve sarebbero iniziati, in Sardegna, il mondiale Under 20 e il campionato italiano. Poi nel 2023 c’è stata l’edizione a Brescia. In entrambi i casi non è mai riuscito a prevalere. Quest’anno, a Torino, partiva ancora tra i favoriti. Ma si aspettava di vincere?
No, non me l’aspettavo perché, come detto, non ero mai riuscito a salire sul podio. Solitamente sento molto la pressione e non parto mai bene.
E anche stavolta l’inizio è stato lento con 4 patte. Poi però è arrivata la vittoria con il campione uscente, Luca Moroni. È stato lì che qualcosa è cambiato?
Sì, come sempre, sono partito male. Con Moroni speravo di poter vincere e di tornare così in corsa per il titolo. Quella partita è stata davvero fondamentale. Mi ha dato molta fiducia. Dopo ho continuato a giocare almeno in maniera decente per stare lì con gli altri.
Poi è arrivato il secondo successo, subito, con Alberto David
Esatto. Con lui, tra l’altro, non avevo mai vinto. Ed è stata una prima volta davvero importante.
Com’è finire un torneo come questo da imbattuto?
Credo che in questi tornei la cosa davvero importante sia non perdere. Alcune patte possono andare bene ma ogni volta che perdi ti allontani dalle parti alte della classifica e rischi di scivolare in basso. A Torino sono partito innanzitutto con l’obiettivo di non perdere nessun match. Nelle edizioni passate ho sempre perso almeno due volte e quelle sconfitte sono state decisive.
Ho una curiosità. Quanto conta alla fine il sorteggio, il calendario, gli accoppiamenti?
In realtà conta tutto abbastanza. È stato strano quest’anno perché al momento del sorteggio tutti i grandi maestri hanno preso, per iniziare, i pezzi neri. Questo significava che, una volta pescato il primo, li affrontavi praticamente tutti di fila. Dopo la sfida iniziale con Barp li ho infatti incontrati uno dopo l’altro. Questo mi ha permesso di sfidare, dopo la vittoria con David, tutti gli altri scacchisti con titoli inferiori (IM o FM, ndr). Lì, forse, ho capito di avere più chance nonostante fossero tutte partite comunque difficili visto l’alto livello dei partecipanti.
Arriviamo all’ultimo turno. Alla volata finale.
In quattro con gli stessi punti. Io e Moroni avevamo, sulla carta, l’avversario meno ostico. Per fortuna io sono riuscito a vincere e, a quel punto, ho dovuto solo aspettare di vedere come sarebbe finita la partita di Luca.
Cosa ha pensato in quelle ultime due ore, guardando le 138 mosse che sono servite per definire la patta tra Moroni e Pozzari?
Inizialmente sono andato subito a pranzo. Volevo mangiare e prepararmi mentalmente agli eventuali spareggi. Avevo dato per scontato di doverli fare, per cui stavo cercando di rimanere concentrato. Stavo, più che altro, preparando la mente e non le aperture o altro. Poi mi sono spostato nella saletta dove di solito ci fermavamo ad analizzare le partite. Ero lì sia con altri giocatori dell’assoluto, Lumachi, Barp e Carnicelli, ma anche con alcuni dei ragazzi dell’Under 20. A un certo punto mi sono messo a provare a vincere quello stesso finale, torre e cavallo contro torre, contro alcuni di loro.
Quindi, mentre Moroni provava a vincere un finale difficilissimo... Provava a fare la stessa cosa nella sala vicina?
Sì.
E ha vinto qualche match?
Solo la prima con uno dei ragazzi dell’Under 20. Poi gli altri hanno capito bene come si difendeva quel finale, non è così complicato, e sono finite tutte patte.
Di buon auspicio, no?
Iniziavo ad avere meno tensione, questo sì.
Vincere o perdere quel finale, del resto, era tutta una questione mentale.
Assolutamente sì.
Il primo pensiero dopo la vittoria qual è stato?
Una grande felicità. Ho chiamato i miei genitori a Oristano.
Facciamo un passo indietro. Lei è anche un pilastro della nazionale italiana di scacchi. A settembre ci sono state le Olimpiadi a Budapest. Ha battuto Max Warmerdam e ha pattato con Mamedov, due giocatori fortissimi. È rimasto soddisfatto del suo torneo?
In realtà potevo fare molto di più. L’ultima partita (con il peruviano Fernandez Sanchez, ndr), in particolare, era da vincere tranquillamente ma ho sbagliato. Se avessi vinto quella allora sarebbe stata una buona Olimpiade. Così, invece, sono rimasto un po’ deluso.
Quest’anno ha partecipato anche al torneo di Abu Dhabi. Pensa che partecipare a più tornei all’estero possa servire per crescere ancora più rapidamente?
In realtà non lo so ancora. Sicuramente parteciperò, a marzo, agli Europei individuali in Romania. Credo che farò ancora un torneo in quelle zone, Abu Dhabi o Dubai, ma ancora non ho deciso.
L’altro obiettivo fisso sono i 2600 punti Elo
Ogni volta che ci vado vicino poi succede sempre un disastro (ride, ndr). Però, sì, restano ovviamente un obiettivo. Per riuscire a fare bene nei tornei devo sicuramente partire meglio, fare bene all’inizio, nei primi turni. È necessario per affrontare scacchisti più forti e salire. Ad Abu Dhabi questo non è accaduto e ho dovuto affrontare avversari con meno Elo e che sono molto motivati a sconfiggerti. Devo avere più costanza nei risultati, è questo che mi manca.
Anche perché, da giovane, ha battuto fenomeni come Erigaisi…
L’ho battuto nella prima norma per diventare GM. Era molto giovane, era ancora sotto i 2600 punti Elo.
È il giocatore più forte che ha battuto?
Non era lo scacchista che è adesso. Direi che quelli più forti sono stati Warmerdam e Abasov, entrambi più o meno intorno ai 2680.
In questi mesi c’è molto clamore, anche grazie a Magnus Carlsen, attorno a una variante particolare degli scacchi, il Fischer Random. Lo gioca?
Abbiamo provato a Torino, la sera, dopo il turno di gioco. Principalmente con Barp, Carnicelli e Lumachi. Due contro due. A me piace molto, mi diverto. Penso che in futuro i tornei come aumenteranno perché si toglie tutta la preparazione ed è proprio una sfida a chi capisce di più di scacchi.
Ai prossimi campionati a squadre giocherà ancora con Arzachess, la squadra sarda?
Sì, con loro va benissimo. Ora abbiamo cambiato lo ‘straniero’ e puntiamo al podio. Sarebbe un altro segnale di crescita importante, un altro passo in avanti.
Ding o Gukesh? Riuscivate a seguire il match mondiale a Torino?
A pranzo lo guadavamo sempre. I momenti più importanti li abbiamo visti tutti. E prima di tutto… forza Ding! Io credo che alla fine arriveranno agli spareggi e li si deciderà tutto.
Si parla forse troppo poco del ruolo di Rapport, il secondo del giocatore cinese. Ha mai pensato di avere una persona con cui collaborare per crescere? E si è mai immaginato di essere il secondo di un giocatore molto forte come è accaduto per Vocaturo con Vidit?
Ho sempre pensato di avere un secondo, sì. Farlo io… mi sembra veramente troppo impegnativo ora. Vedremo in futuro. Per ora, farò ancora da solo.
Frequenta ancora l’università di informatica a Cagliari?
Mi mancano gli ultimi esami, nel 2025 dovrei laurearmi.
E poi? Continuerà o si dedicherà ancor di più agli scacchi?
Cercherò di fare più scacchi. Vedrò come va per un po’ di anni e, in caso, mi iscriverò più avanti alla magistrale.