AGI - Il presidente dell’AIA Carlo Pacifici annuncia in un’intervista esclusiva all’AGI che non si ricandiderà alla guida dell’associazione arbitrale in vista delle elezioni del 14 dicembre. “Non lo farò perché ritengo che per guidare l’AIA verso il futuro non serva più un arbitro che abbia calcato i campi di Serie A ma un manager, un professionista in grado di dirigere con efficacia un’organizzazione di oltre 30.000 persone al servizio del calcio italiano e l’AIA ha al suo interno figure in grado di garantire queste qualità”.
Nelle sue intenzioni il passo indietro, arrivato a poco più di un anno e mezzo dalla nomina, dovrebbe segnare una svolta epocale considerando che a capo dell’AIA c’è sempre stato un ex arbitro di serie A. Pacifici, romano, 66 anni, era subentrato nell’aprile 2023 ad Alfredo Trentalange che si dimise nella tempesta seguita all’arresto di Rosario D’Onofrio, l’ex procuratore capo dell’associazione. Mentre gli iscritti si preparano a scegliere il nuovo numero uno, per il presidente in uscita è tempo di bilanci e riflessioni anche sui temi più caldi per i tifosi, a cominciare dall’utilizzo del Var che continua a suscitare polemiche, soprattutto per la discrezionalità nel suo utilizzo e per alcuni errori gravi che hanno influito sul risultato di diverse gare.
“Permettetemi di dire che il bilancio, a mio avviso, non è affatto negativo. Rispetto al passato, quando la tecnologia non era disponibile, gli errori sono diminuiti del 92%. Spesso parliamo più di interpretazione che di errore vero e proprio e su questo aspetto ciascuno esprime la propria opinione, spesso influenzata da interessi o dal tifo calcistico. Abbiamo creato un team di professionisti che lavora intensamente per eliminare i pochi errori ancora presenti e sono fiducioso per il futuro. Questo gruppo di esperti è apprezzato a livello internazionale e richiesto da molte federazioni per la qualità e la professionalità, un riconoscimento importante del lavoro svolto. Sul fronte della comunicazione, possiamo certamente fare di più e meglio ma aver fornito negli ultimi mesi una spiegazione tecnica televisiva e pubblica dei vari episodi ha sicuramente aumentato la nostra credibilità e trasparenza”.
Le elezioni per la scelta del nuovo presidente si svolgeranno con un cambiamento sostanziale nelle modalità elettorale in modo più ‘democratico’. “La novità è che per la scelta è coinvolta maggiormente la vera forza della nostra Associazione, i suoi associati. La partecipazione è stata straordinaria, con un 75% di adesione e picchi regionali superiori al 90% per l’elezione dei 730 delegati, che, insieme ai 206 Presidenti di Sezione e ai 13 Dirigenti Benemeriti, eleggeranno la nuova governance dell’AIA”.
Pacifici spiega di avere ponderato a lungo se ripresentarsi dopo avere ‘traghettato’ l’associazione in un momento turbolento. “Dopo una riflessione attenta, ho scelto di non ripresentarmi. Credo che il calcio italiano, e con esso l’AIA, stiano attraversando una fase di profonda trasformazione che richiede un continuo rinnovamento di idee ed energie. Sono convinto che nuovi punti di vista e approcci possano portare ulteriore valore alla nostra associazione ed è con questo spirito che ho deciso di fare un passo indietro. Resterò comunque a disposizione dell’AIA e del prossimo presidente per offrire l’esperienza e la passione che ho maturato in questi anni. Personalmente, ho dovuto affrontare un periodo difficile per l’Associazione, ma sono soddisfatto del lavoro svolto e sarà il tempo a dare un giudizio. L’obiettivo è coinvolgere ancora di più i nostri giovani, costruendo un’AIA orientata al futuro, anche dal punto di vista tecnologico, senza mai perdere di vista il nostro straordinario passato e i nostri grandi maestri di vita e sport”.
Pacifici arbitrò la sua prima gara nel 1975 e ha vissuto poi da dirigente arbitrale i tanti stravolgimenti del mondo del calcio ed è convinto che la figura del Presidente debba cambiare. “Il calcio mondiale è in continua evoluzione e così anche l’arbitraggio. Se guardiamo indietro di soli dieci anni, ci sembrerà un passato remoto. Inoltre in Italia la recente riforma dello sport ha introdotto nuove sfide per la nostra associazione. Per questo motivo, anche i dirigenti dovranno possedere competenze diverse rispetto al passato. Oggi è fondamentale che i nostri dirigenti abbiano capacità manageriali, competenze organizzative, familiarità con la pianificazione strategica e la gestione economica, oltre che apertura verso le innovazioni tecnologiche e le dinamiche sociali”.
Il peso elettorale dell’AIA potrebbe essere ridotto, come suggerisce una bozza di riforma dello statuto federale, nella FIGC. Un ridimensionamento apparente che non lo preoccupa. “Abbiamo valutato con senso di responsabilità il percorso di riforma proposto dallo Statuto FIGC per l’organizzazione dell’AIA. Attualmente, la rappresentanza dell’Associazione Italiana Arbitri è garantita attraverso il 2% di peso elettorale in Consiglio federale, un riconoscimento certamente importante. Tuttavia non si può ignorare che in passato questo diritto di voto o non è stato utilizzato per astensioni o mancati accreditamenti, o, peggio, è stato usato in modo inappropriato, come nel caso del voto favorevole dell’AIA a favore dell’avocazione da parte della FIGC del nostro sistema di giustizia interna. Ritengo, in ogni caso, che i principi di terzietà e imparzialità nella direzione delle gare possano essere garantiti anche senza il diritto di voto nel principale organo direttivo della FIGC, subordinando però tale eventualità alla necessità di un' adeguata autonomia gestionale, organizzativa, contrattuale e, soprattutto, tecnica”.
Il manager che verrà, negli auspici di Pacifici, dovrà essere capace di affrontare “grandi cambiamenti e sfide”. “Tra quelle più complesse vedo la necessità di contrastare la violenza verso gli arbitri e di adattarsi alla tecnologia, che continua a trasformare il modo di arbitrare. L’obiettivo principale dell’AIA sarà aprirsi a nuovi orizzonti valorizzando le tante professionalità interne in diversi ambiti e sviluppando un progetto che parta dalla consapevolezza del nostro grande passato ma con una visione moderna. Dovremo puntare su una cultura dell’innovazione, investire nella formazione continua dei nostri associati e consolidare la fiducia verso l’istituzione arbitrale”.