AGI - Non sono bastate 90 mosse e 6 ore e 34 minuti di gioco per eleggere il nuovo campione del mondo di scacchi. Nella 14esima e ultima partita a tempo classico, Ding Liren e Ian Nepomniachtchi hanno dato vita a una lotta serrata, logorante, piena di colpi di scena, ma non sono andati oltre la patta. Il punteggio finale del match di Astana è dunque 7 a 7.
Un pareggio che costringerà i due scacchisti ad affrontarsi, nella giornata di domenica, 4 volte a tempo più breve, 25 minuti con incremento di 10 secondi per mossa e, in caso di ulteriore 'stallo', in 2 partite lampo di appena 5 minuti con 3 secondi di incremento per mossa. Ultima chance nel lontano caso che tutto fosse ancora immobile saranno le partite a 3 minuti più 2 secondi, il primo che ne vince una si aggiudica tutto. Alla fine della giornata, insomma, solo uno dei due contendenti potrà finalmente salire sul trono lasciato vacante dal norvegese Magnus Carlsen.
Un match 'logorante'
Il cinese ha provato a evitare tutto ciò mischiando le carte fin dalle prime mosse. L'iniziale rischio, a mossa 12, è stato quello di mettere un cavallo in Cg5, in una 'casa' avanzata, in territorio nemico. È l'inizio di un piano aggressivo che fa capire come Ding, con i pezzi bianchi, voglia provare per davvero a conquistare l'intera posta in palio. Successivamente arriva la spinta del 'pedone h' che fa saltare sulla sedia commentatori e appassionati. "Ma Ding è impazzito?"; "Che coraggio!"; "Io non ci voglio credere che sta buttando alle ortiche tutto"; "Si merita di vincere se gioca così". Le chat sulle dirette Youtube e Twitch, in tutte le lingue, sono divertenti quanto quello che accade sulla scacchiera. E hanno opinioni contrastanti, forse persino troppo estreme.
Anche perché il cinese, come ricorderà nella conferenza stampa post-match, non è della stessa opinione: "La situazione oggi era cambiata rispetto alle ultime partite. Non avevo bisogno di vincere a tutti i costi e avevo anche i pezzi bianchi. Credo che la linea che ho giocato non fosse molto rischiosa". Insomma, è stato più un tentativo di trucco, molto psicologico, per vedere la reazione dei nervi di Nepo. Ma oltre alle faccette e alle smorfie 'memabili' che il russo regala ogni giorno, il bluff si è sgonfiato presto: "In realtà non me la sono bevuta. Non sembrava che avrebbe potuto funzionare perché non ho mai giocato mosse particolari o 'sospette'. I miei pezzi erano ben sviluppati. Se un piano con Cg5 e h4 fosse davvero in grado di vincere una partita, gli scacchi sarebbero molto più facili per chi gioca con i pezzi bianchi".
Il piano costringe inoltre Ding a tenere il proprio Re al centro della scacchiera. Niente arrocco, qualche patema di troppo, una condizione di latente precarietà. Dopo il fallimento dell'attacco, il cinese è costretto a cercare solidità difensiva per non offrire nessun contropiede all'avversario. Un brivido attraversa la schiena del trentenne di Wenzhou quando, dopo aver raddoppiato le torri sulla colonna 'g' si accorge di aver dato a Nepo la possibilità di giocare la semplice 'g6'. Per fortuna neanche quest'ultimo si accorge della possibilità preferendo scambiare rapidamente, forse troppo, due cavalli.
Il fattore tempo
La gestione dell'orologio, anche oggi, ha avuto un ruolo fondamentale, seppur opposto. Se il cinese ha collezionato lunghe riflessioni, il russo ha mosso di nuovo con estrema celerità. Uno stile agli antipodi che, alla fine di tutto, a forse penalizzato entrambi. Una mancanza riconosciuta dallo stesso russo: "Probabilmente dovrei passare più tempo a pensare in alcune partite. Durante il loro svolgimento mi sembra spesso di riconoscere le mosse corrette, ma non tutte le volte lo erano per davvero". A stretto giro anche il cinese, ricordando gara 7, ha ammesso il problema: "È stata la più difficile di tutte, soprattutto nel momento in cui ho avuto problemi di tempo. Ero perso nei miei pensieri e non riuscivo a fare una mossa, a prendere decisioni. Quella partita mi ha influenzato".
Il finale della 14esima è carico di tensione. Una torre a testa, il re e i pedoni. Nepo ne ha uno in più ma pochissime chance di sfruttare questo piccolo vantaggio a proprio favore. Inizia un balletto che dura moltissime mosse dove i due scacchisti, numero due e numero tre del mondo, dimostrano di equivalersi. Giocano con grande precisione, commettono qualche sbavatura, ma si restituiscono cazzotti e favori. La patta, alla fine, è il risultato che meglio esalta ciò che la scacchiera ha mostrato e che sposta di 24 ore ogni futura proclamazione.
Quello di domenica sarà il quinto spareggio nella storia del campionato mondiale di scacchi dopo quello del 2006 (Kramnik-Topalov), 2012 (Anand-Gelfand), 2016 (Carlsen-Karjakin) e 2018 (Carlsen-Caruana).