AGI - Da ballerina mancata all’oro olimpico. Da quel sogno interrotto di danzare alla ‘Scala’ di Milano perché troppo alta (178 centimetri), fino alla gioia per quei voli indimenticabili che l’hanno fatta diventare la più forte, la migliore ma soprattutto la prima donna al mondo a spiccare il volo oltre i 2,00 metri. Elegante, raffinata, favolosa, dalla capigliatura riccia, sorridente ma anche un po’ timida, è stata la ‘Regina’ del salto in alto. Lei è Sara Simeoni, icona dello sport azzurro, oro olimpico nel 1980 a Mosca nei Giochi del boicottaggio, seconda atleta donna della storia italiana a vincere un titolo olimpico. Prima di lei, 44 anni prima, solo la leggenda Ondina Valla sugli 80 ostacoli all’Olympiastadion di Berlino. Quella, però, era un’altra epoca, quella del dominio nazista.
Il 19 aprile di 70 anni fa, Sara nasceva nella sua Rivoli Veronese sulle pendici del monte Baldo. In quella stessa data, ma tre anni dopo, la compianta attrice Grace Kelly sposava il Principe Ranieri III di Monaco.
Simeoni assieme alla leggenda Pietro Mennea hanno fatto entrare l’atletica nelle case incollando milioni di italiani davanti ai pesanti e piccoli televisori con il tubo catodico.
Primatista mondiale con 2,01 metri per quattro anni a cavallo dei magici anni ‘70 e ’80, veronese che legata alla ‘sua’ Rivoli, moglie di Erminio Azzaro (“galeotto fu il raduno di Pasqua del 1972 ad Adler sul mar Nero”, rivela Sara), mamma, insegnante di educazione fisica, madrina, nominata ‘Atleta del Centenario’ in occasione dei 100 anni del Comitato Olimpico Nazionale Italiano, Sara Simeoni è stata ultima interprete di quell’atletica romantica, vintage, che oggi non c’è più.
La sua prima medaglia internazionale a 18 anni, l’argento a Smirne ai Giochi del Mediterraneo. Ai Giochi olimpici segnati dal terrorismo, quelli di Monaco di Baviera ’72, Sara giunse sesta con il primato personale di un metro e 85. Nel ’74 agli Europei di Roma fu l’unica italiana a salire sul podio, bronzo con il record nazionale di 1,89, misura che l’anno successivo le consentì di vincere i Giochi del Mediterraneo ad Algeri. Gli anni trascorrono e Sara è sempre più protagonista sulle pedane del pianeta. Alle Olimpiadi di Montreal ’76 è argento alle spalle della tedesca dell’Est, Rosemarie Ackermann una delle avversarie che segnò la carriera dell’azzurra.
Due le date che per Simeoni e tutta l’atletica leggera italiana resteranno indimenticabili, il 31 agosto del 1978 ed il 26 luglio del 1980.
Nel ’78, Sara allo stadio ‘Evzen Rosicky’ di Praga vinse l’oro europeo eguagliando il record del mondo a 2,01 (l’aveva saltata qualche settimana prima a Brescia), misura che venne migliorata di un centimetro quattro anni dopo dalla tedesca occidentale Ulrike Meyfarth.
Il più bel momento della carriera della Simeoni, quello che ricorda con immenso piacere, è l’oro olimpico. Al monumentale stadio Lenin – ribattezzato Luzhniki alcuni anni dopo il crollo dell’Unione Sovietica, oggi coperto e che giace lungo le limacciose acque della Moscova – l’azzurra confeziona un’impresa che resterà tra i momenti più emozionati della storia dello sport italiano. In quella finale la Germania Est aveva tre atlete ma la favorita Ackermann venne eliminata a 1,94. A 1,97 si ritrovarono in tre: Simeoni, la tedesca orientale Kirst e la polacca Kielan. Con l’asticella posta a 2,01, l’italiana la valicò al terzo tentativo e per lei fu medaglia d’oro (48 ore dopo Mennea fece altrettanto nei 200 metri).
La carriera proseguì con l’oro continentale indoor e quello universitario del 1981. Alla prima edizione dei Mondiale, Helsinki ’83, Simeoni uscì alle qualificazioni con solo 1,84. L’ultimo grande acuto, a sorpresa anche perché il tendine d’Achille era dolorante, ai Giochi olimpici di Los Angeles ’84: argento con 2,00 alle spalle della valchiria Ulrike Meyfarth che saltò 2,02. La trasferta in California per Sara era iniziata come ‘viaggio premio’ e con il prestigioso ruolo di portabandiera: fu lei a sfilare con la bandiera tricolore al Memorial Coliseum in occasione della cerimonia d’apertura.
Sara Simeoni, dopo aver indossato 72 volte la maglia azzurra, si ritirò nel 1986 dopo gli Europei di Stoccarda caratterizzati dalla tripletta maschile nei 10.000 con Stefano Mei (oggi presidente Fudal) a precedere Alberto Cova e Salvatore Antibo.
La saltatrice in alto veneta fu una delle fondatrici del Club Italia, movimento giovanile sia regionale che nazionale che venne dismesso verso la fine degli anni ’90. Negli anni a seguire è stata docente di scienze motorie all’Università di Chieti e di educazione fisica alla scuola media a Garda. È stata presidente della società di atletica Valpolicella-Lupatotina ma da dopo l’era di Nebiolo non ha più avuto ruolo in federazione. Recentemente è stata ballerina per una serata a ‘Ballando con le stelle’ dopo essere stata ospite a trasmissione televisive in occasione delle Olimpiadi di Tokyo 2020 e dei recenti Mondiali di calcio in Qatar.