AGI - “Questi dieci anni sono volati, lui è entrato nel cuore delle persone e me ne accorgo quando mi dicono, ‘sono già dieci anni?’. Pietro andava nelle scuole ad incontrare i ragazzi, per lui le parole ‘impossibile’ e ‘mai’ non esistevano, bisogna sempre crederci”. Così, in un’intervista con l’AGI, Manuela Oliveri, moglie di Pietro Mennea, alla vigilia del decimo anniversario della morte del marito. Il 21 marzo del 2013 quando arrivò la notizia del decesso per tutti – solo pochissimi sapevano della sua malattia – fu uno shock.
Mennea, ‘la Freccia del Sud’, tutt’oggi primatista europeo dei 200 metri con il mitico 19”72 (dal 1979 al 1996 è stato anche record del mondo), è stato tra i più famosi sportivi italiani della storia. Tramandato tra generazioni, è ancora oggi comune il modo di dire, ‘ma chi sei, Mennea?’.
Atleta fantastico per grinta e dedizione, uomo di enorme cultura (quattro lauree), avvocato e anche politico (è stato europarlamentare), Mennea, allievo di Carlo Vittori, è l'unico duecentista della storia ad aver partecipato a quattro finali olimpiche consecutive (dal 1972 al 1984) vincendo quella di Mosca il 28 luglio del 1980.
Il ricordo allo stadio dei Marmi a Roma
Nel corso dell’intervista con la vedova di Pietro Mennea sono stati ripercorsi vari momenti della carriera e della vita del grande campione che sarà ricordato martedì 21 allo stadio dei Marmi a Roma. L’incontro inizierà alle ore 10,01, i numeri del tempo che per quasi 39 anni era stato il primato italiano dei 100 metri poi migliorato di due centesimi il 22 giugno del 2018 da Filippo Tortu.
“Ci siamo conosciuti nel 1990 a una festa tra amici. Non ci conoscevamo, io non sapevo chi fosse. Sapevo che era un corridore – dice sorridendo Emanuela –. Un giorno è arrivato con un librone e mi ha detto, ‘comunque io qualcosa ho fatto’. Io non ero uscita con lui perché era Pietro Mennea. Venivamo da due mondi diversi. La prima volta che è venuto a prendermi ho pensato, ‘adesso chissà con che macchinone arriverà’. Invece, no, è venuto a prendermi con una Panda bianca Young; mi salì tanto la quotazione dell’uomo”.
Sulla vita quotidiana e sull’uomo marito, Emanuela Mennea racconta, “a Roma lavoravamo insieme, lui era la prima e l’ultima persona che vedevo nella giornata: uno dei complimenti più belli che mi fece, ‘se lo sapevo, lo avrei fatto prima’”.
Il matrimonio con Emanuela nel 1997, organizzato in un mese
Pietro ed Emanuela si sono sposati nel 1997. “Lo abbiamo organizzato in un mese, alla faccia dei preparativi, nel giorno del suo compleanno, il 28 giugno alla parrocchia dell’Aventino”.
“Spesso mi dava dei documenti di diritto da leggere, testi per i suoi libri, io correggevo e lui non voleva – dice ricordando l’aspetto lavorativo –. Quando ho iniziato a non fare più modifiche mi diceva che non lo avevo letto bene. Nei giorni nei quali si assentava mi chiamava 20-30 volte al giorno”.
Attraverso Emanuela ripercorriamo il trionfo delle Olimpiadi di Mosca ’80 caratterizzate dal boicottaggio degli Stati Uniti e parziale di tante Nazioni dell’Occidente. L’Italia, a poche settimane dall’inizio dei Giochi, decise di inviare gli atleti non appartenenti ai gruppi sportivi militari e la delegazione sotto i colori neutrali, quelli del Comitato Olimpico Internazionale.
“La vigilia per tutti era stata molto travagliata. Mi raccontava che le 48 ore tra l’eliminazione in semifinale nei 100 metri e i 200, sono state le più importanti della sua carriera. Aveva trasformato la sconfitta in una vittoria con tutti i giornali che scrivevano ‘Mennea è finito’ – afferma la moglie all’AGI –. Pietro mi raccontò che in quelle 48 ore incontrò solo una persona, Valery Borzov (si era ritirano l’anno precedente causa infortunio, ndr) ma parlarono solo di diritti umani.
Borzov disse a Pietro, ‘vedi, voi avete qualcosa che noi non abbiamo, la libertà’. In quel periodo la gioventù non c’era perché mandata sul mar Nero. A Mosca sono ritornata per i Mondiali del 2013: è stato un tuffo al cuore quando prima della finale dei 200 sul maxischermo fecero vedere la finale di Pietro”.
Alla domanda sull’atletica di oggi vista da Pietro, Emanuela risponde, “era divertente vedere le gare assieme a lui ma era deluso quando sentiva i ragazzi che passavano il turno dire che erano contenti e Pietro mi diceva, devi essere contento quando vinci”.
La parola impossibile per lui non esisteva
Come ricorda la consorte, “per Pietro le parole impossibile e mai non esistevano perché bisogna sempre provarci”.
Tante le iniziative per ricordare la ‘Freccia del Sud’. Ferrovie dello Stato ha intitolato uno dei primi Frecciarossa 1000 a Mennea, ITA ha ribattezzato un Airbus 319 della sua flotta al grande campione (“peccato, non sono mai riuscita a salirci”, dice moglie). “C’è il Mennea Day ma spero di riprendere le ‘Menneadi’ rivolto solo ai bambini fino a 12-13 anni dove diamo una maglietta e una medaglia a tutti”, conclude.