AGI - Le calciatrici hanno il doppio delle probabilità di subire una commozione cerebrale rispetto ai maschi. E' la conclusione a cui giunge uno studio, pubblicato sul Journal of American Medical Association Network Open, condotto dagli scienziati della Michigan High School Athletic Association e dell'Università di Glasgow, che hanno valutato più di 80 mila giocatori nelle scuole superiori statunitensi.
Il team ha analizzato i dati ottenuti da un sondaggio che ha coinvolto circa 43 mila calciatori e 39 mila giocatrici delle scuole del Michigan nell’arco di un periodo di tre anni accademici. Lo studio ha evidenziato una significativa differenza nelle probabilità di incorrere in traumi cranici correlati allo sport, con le ragazze che avevano una possibilità 1,88 volte superiore rispetto ai maschi di incorrere in commozioni cerebrali.
Gli scienziati sospettavano che le lesioni alla testa fossero più comuni e richiedessero tempi di recupero più lunghi nelle atlete femminili, ma non erano stati raccolti dati concreti. “Ci sono poche ricerche sugli effetti dello sport per il gentil sesso – afferma Willie Stewart dell'Università di Glasgow, nel Regno Unito – abbiamo dimostrato che esiste una differenza significativa tra gli effetti dello sport in uomini e donne”.
I ricercatori hanno scoperto inoltre che per i ragazzi circa la metà di tutti gli incidenti segnalati con commozione cerebrale derivavano dallo scontro con un altro giocatore, mentre per le ragazze l’infortunio avveniva più facilmente in caso di collisione con la palla o uno dei pali. Gli adolescenti maschi avevano anche maggiori probabilità di essere rimossi dal gioco immediatamente dopo un sospetto trauma cranico rispetto alle giovani donne.
I sistemi di gestione della commozione cerebrale attualmente in uso – aggiunge Stewart – dalle tecniche con cui vengono individuate potenziali lesioni alla testa durante una partita, al modo in cui gli atleti vengono trattati a seguito dell’incidente fino ai tempi di recupero, sono dettati dai dati che dipendono dalle ricerche effettuate sui calciatori uomini. Piuttosto che un approccio univoco, tuttavia, sarebbe più opportuno diversificare il modus operandi in base al giocatore specifico, tenendo conto del genere, dell’età, e della taglia”.
“Abbiamo riscontrato risultati simili – commenta Liz Williams, della Swansea University, che ha condotto uno studio internazionale sulle giocatrici di rugby e sulle loro esperienze di infortunio – i nostri lavori indicano che le donne sono più predisposte alle lesioni cerebrali rispetto ai maschi, e credo che i dati sull’incidenza di tale disparità siano anche sottostimati”.