B ella e brava. Come uscire da questo stereotipo nel caso di Dorothea Wierer, dopo che ha conquistato la prima medaglia d’oro azzurra del biathlon, nella mass start ai Mondiali di Oestersund, in Svezia? Legittimando il suo nomignolo, “Doro”, sublimando l’argento nella staffetta singola mista e il bronzo nella staffetta mista personali e trascinando, in scia, l’oro nella mass start maschile di Dominik Windisch. Che significa doppio storico trionfo azzurro che mancava in una rassegna iridata dal 1997, quando Wilfried Pallhuber trionfò nella sprint. Con la Wierer che balza al primo posto nella classifica di coppa del mondo, con gli stessi punti di Lisa Vittozzi, 852, alla vigilia delle ultime tre gare, la prossima settimana a Oslo. Proprio in casa della norvegese Marte Olsbu Roeiseland, seconda a 753 punti.
Un visino d’angelo e due occhi magici, la 28enne di Brunico (29 anni il 3 aprile) è la terza atleta di sempre ad aver vinto in tutte le gare del suo sport, dopo i miti francesi Martin Fourcade e Marie Dorin. E può ora sbandierare 6 medaglie mondiali (un oro, due argenti, tre bronzi), 2 olimpiche (bronzi) e 7 vittorie in coppa del Mondo. Felice per aver sfatato il tabù delle gare più importanti. Forse grazie a un’indisposizione che, dopo averla messa ko per la prove in staffetta, l’ha svuotata anche di aspettative e di tensioni, oltre che di un’altra fatica insieme alle compagne, facendola esprimere finalmente al massimo. Come non era riuscita alle ultime due Olimpiadi, dove s’è fermata al bronzo.
Legata dai genitori ad Anterselva, la culla del biathlon, carabina & sci, ha vinto da subito, già a 18 anni, firmando – prima italiana della, storia - i Mondiali giovanili di Ruhpolding 2008, ci ha aggiunto l’oro a inseguimento a Canmore 2009, e quindi ha dominato i Mondiali juniores di Nove Mesto 2011 con tre ori individuali e un argento a staffetta. Poteva sedersi sugli allori, Dorothea, poteva accontentarsi dei primi successi sportivi giovanili, delle luci della ribalta in passerella, dello specchio dei social network e della vita. Lei che non deve chiedere mai, e infatti dai 16 ai 20 anni, non si è allenata granché.
“Non mi pento di niente, mi sono goduta la mia gioventù, al contrario di tanti sportivi”. Ma, quando ha iniziato a impegnarsi sul serio, si è stabilizzata fra le “top 5”. E ha insistito, migliorandosi sempre, a livello seniores, in un esaltante bolero, fino all’apoteosi di questi Mondiali in Svezia.
Dorothea è una che ti guarda fisso negli occhi e ti parla senza giri di parole: “La bellezza mi ha aiutato a diventare famosa, non nego di averne approfittato, mi ha aiutato anche a trovare gli sponsor, cerco sempre di sottolineare il lato femminile, visto che il mio sport è molto maschile. E sì, mi trucco sempre, prima delle gare”. Non nega la passione per il cioccolato e per la buona tavola, così come per la bicicletta e per l’uncinetto.
Non si nasconde dietro un dito: “Sinceramente, non mi vedo come una star, le compagne sono abituate alle attenzioni dei media, anche loro vivono di rendita di quello che ho fatto, e stanno diventando sempre più forti: fra noi c’è rivalità, quella sana che aiuta a crescere”. Esposizione sì, sovra-esposizione no. Infatti, nel 2015, ha rifiutato la proposta di posare nuda per Playboy, e ha sposato Stefano Corradini, trasferendosi da Anterselva a Castello Molina di Fiemme, anche se non passa settimana che non torni a casa, a salutare la sua grande famiglia.
Non è un tipetto facile, Doro, che adora Roger Federer, Usain Bolt e Lindsey Vonn. Lei stessa ammette: “Sono testarda ed egoista, come dev’essere chi fa sport di un certo livello, e quando le cose non girano bene posso sembrare arrogante perché sono molto diretta”. Chissà che dopo questi Mondiali non ci ripensi, e sposti avanti di due anni l’addio alle gare che aveva fissato all’anno prossimo, ai Mondiali nella sua Anterselva. Per la felicità dei 358 mila seguaci su Instagram e dei 211 mila followers di Facebook. E della nuova valanga di attenzioni che seguirà d’ora in poi.